Newsletter Studio e-IUS – Tax&Legal – “Le novità fiscali del mese” – Venerdì 23 Settembre 2022

con la presente siamo lieti di sottoporre alla Vostra attenzione le
principali novità in materia fiscale del mese disponibili anche sul sito
dello Studio www.e-ius.it.
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1 ATTIVITÀ LEGISLATIVA …………………………………………………………………………2
2 NOVITÀ IN MATERIA DI TERZO SETTORE ………………………………………………3
3 NOVITÀ IN MATERIA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO …………………………….5
4 NOVITÀ IN TEMA DI START-UP INNOVATIVE, INDUSTRIA 4.0. MARCHI E
BREVETTI …………………………………………………………………………………………….6
5 NOVITÀ IN MATERIA DI WELFARE E LAVORO DIPENDENTE ……………………9
6 NOVITÀ IN MATERIA IVA ……………………………………………………………………34
7 ALTRE NOVITÀ …………………………………………………………………………………..36
1 ATTIVITÀ LEGISLATIVA
1.1 Riforma della giustizia tributaria: Legge 31 Agosto 2022, n. 130
In G.U. n. 204 del 1° settembre 2022 è pubblicata la Legge 31 agosto 2022, n.
130: Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari.
1.2 Decreto “Aiuti-bis”: d.l. 9 agosto 2022, n. 115 – conversione in legge
In G.U. n. 221 del 21 settembre 2022 è pubblicata la Legge 21 settembre 2022,
n. 142: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 agosto 2022, n.
115, recante misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali
e industriali.
1.3 Decreto “Semplificazioni”: d.l. 21 giugno 2022, n. 73 – conversione in legge
In G.U. n. 193 del 19 agosto 2022 è pubblicata la Legge 4 agosto 2022, n. 122:
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73,
recante misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta
al lavoro, Tesoreria dello Stato e ulteriori disposizioni finanziarie e sociali
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2 NOVITÀ IN MATERIA DI TERZO SETTORE
2.1 Bonus 75% per l’eliminazione delle barriere architettoniche anche per ETS
ed Enti sportivi dilettantistici.
Con le risposte ad interpello n. 155 e n. 156 pubblicate lo scorso 16 settembre,
l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti circa l’ambito soggettivo di applicabilità
della misura agevolativa introdotta dall’art. 119-ter del decreto-legge n. 34 del 2020
(decreto Rilancio).
Tale misura consiste in una detrazione d’imposta pari al 75% su un tetto
massimo non superiore a 50mila euro di spese documentate sostenute nel 2022 e
scatta solo sugli interventi di edifici già esistenti, finalizzati al superamento e
all’eliminazione delle barriere architettoniche.
Le due risposte dell’amministrazione finanziaria hanno chiarito che la citata
misura risulta essere applicabile anche ad Associazioni di promozione sociale (APS)
ed Associazioni sportive dilettantistiche (ASD).
Tale scelta di estendere l’ambito soggettivo si pone difatti in linea con quanto
già chiarito dalla stessa agenzia con la precedente circolare 23/E/2022 nella quale era
stato già precisato che tra i beneficiari della misura rientrano anche enti pubblici e
privati che non svolgono attività commerciale.
2.2 Decreto aiuti-bis: le misure a sostegno dello sport dilettantistico
Con la conversione in legge del Decreto aiuti bis (L. n. 142/2022) sono state
previste apposite misure a sostegno dello sport.
È stato infatti previsto un nuovo Fondo, con dotazione iniziale pari a 50 milioni
di euro, che verrà utilizzato per l’erogazione di contributi a fondo perduto a favore
degli enti maggiormente colpiti dal caro bollette. Con riferimento all’acceso a tale
Fondo, questo verrà garantito agli enti sportivi dilettantistici che gestiscono impianti
di natura natatoria in ragione delle maggiori spese generalmente connesse al
mantenimento di tali strutture. A tali realtà sarà infatti destinata una quota pari al
50% dell’importo complessivamente messo a disposizione.
Viene poi rimesso al Dipartimento dello Sport il compito di emanare un decreto
attuativo per la definizione dei dettagli circa l’erogazione dei fondi oltre che per
l’individuazione delle modalità e dei termini entro cui presentare le domande di
accredito. Restano da chiarire inoltre gli eventuali requisiti che gli enti sono tenuti a
rispettare per accedere alla ripartizione dal fondo.
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Ulteriore agevolazione prevista per il mondo sportivo dilettantistico con la
conversione del Dl aiuti-bis riguarda poi l’indennità una tantum di 200 euro introdotta
dagli art. 31 e 32 del Dl 50/2022 (cd. Dl aiuti). Vengono infatti inseriti nella platea di
soggetti beneficiari del contributo anche i collaboratori sportivi che abbiano ottenuto
almeno una delle indennità istituite per contrastare gli effetti della pandemia da
Covid 19.
2.3 Al via il registro delle attività sportive dilettantistiche
L’entrata in vigore lo scorso 31 agosto del D.lgs. 39/2021 segna il debutto del
nuovo registro delle attività sportive dilettantistiche tenuto presso il Dipartimento
dello sport. Tale data segna inoltre l’inizio del processo di trasmigrazione automatica
dal “vecchio” registro istituito presso il CONI a quello “nuovo” per tutte le ASD e le SSD
i cui dati siano stati prontamente comunicati dall’ente affiliante di riferimento.
Nonostante l’entrata in funzione del registro, però, la sua concreta operatività
slitta alla primavera 2023. Ciò in quanto, a partire dallo scorso 31 agosto sono scattati
ulteriori 6 mesi per l’emanazione di un apposito decreto recante le modalità di tenuta,
conservazione e gestione dello stesso (articolo 11, comma 1 Dlgs 39/2021).
Restano tuttavia da chiarire sin da subito alcuni punti critici. Per tutte le
federazioni il cui anno sportivo sia iniziato prima del 31 agosto scorso, infatti,
sembrerebbe che per le affiliazioni aventi decorrenza antecedente la data del 31
agosto il riconoscimento e la certificazione rimarrebbero di competenza del Coni per
l’intera durata dell’affiliazione, mentre solo per quelle aventi decorrenza successiva si
potrà applicare la nuova normativa creando, dunque, una disparità all’interno dei
medesimi organi affilianti.
2.4 Decreto aiuti-ter: le misure a sostegno del terzo settore
Al fine di contrastare il caro energia per il settore socioassistenziale, il legislatore
ha previsto nel decreto Aiuti-ter varato dal Consiglio dei ministri il 16 settembre
l’istituzione di un fondo di 120 milioni per enti del Terzo settore (Ets) e religiosi.
Una misura, questa molto attesa e di cui potranno beneficiare tutte quelle realtà
che gestiscono strutture in regime residenziale, semiresidenziale e domiciliare rivolte
a persone con disabilità. L’accesso al fondo sarà però limitato alle sole realtà che, a
causa dell’aumento dei costi di energia termica ed elettrica, abbiano subito un
incremento dei costi di oltre il 30% nel terzo e quarto trimestre 2022.
Ulteriori misure che potrebbero riguardare anche le Rsa sono poi previste al
fine di contrastare il caro energia nel settore della sanità pubblica. A livello nazionale,
infatti, il finanziamento del fabbisogno sanitario cui concorre lo Stato viene
aumentato di 1 milione e 400mila euro per l’anno 2022.
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3 NOVITÀ IN MATERIA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO
3.1 Cass., sez. trib., 15 settembre 2022, n.27165
In tema di accertamento tributario, occorre distinguere l’ipotesi in cui
l’amministrazione finanziaria richieda al contribuente documenti mediante
questionario, ai sensi dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 in materia di imposte
dirette, ovvero dell’art. 51 D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA, da quella avanzata
nel corso di attività di accesso, ispezione o verifica ex art. 33 D.P.R. n. 600 cit., quanto
all’imposizione reddituale ed ex art. 52 del D.P.R. n. 633 cit., quanto all’IVA.
Ciò poiché – ferma restando la necessità, in ogni ipotesi, che l’amministrazione
dimostri che vi era stata una puntuale indicazione di quanto richiesto, accompagnata
dall’espresso avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza – nel
primo caso, il mancato invio nei termini concessi della suindicata documentazione
equivale a rifiuto, con conseguente inutilizzabilità della stessa in sede amministrativa
e contenziosa, salvo che il contribuente non dichiari, all’atto della sua produzione con
il ricorso, che l’inadempimento è avvenuto per causa a lui non imputabile, della cui
prova è, comunque, onerato; nel secondo caso, invece, la mancata esibizione di
quanto richiesto ne preclude la valutazione a favore del contribuente solo ove si
traduca in un sostanziale rifiuto di rendere disponibile la documentazione,
incombendo la prova dei relativi presupposti di fatto sull’amministrazione finanziaria.
3.2 Cass., sez. trib., 8 settembre 2022, n.26538
In tema di imprese estere partecipate, di cui all’art.73 del TUIR, post 2004, co.5-
bis, poiché ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento,
dirimente non è accertare la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da
quelle relative alla convenienza fiscale, ma se si sia artificiosamente creata una forma
giuridica che non riproduca una corrispondente e genuina realtà economica, non
risultano decisive le e-mail inviate dall’amministratore unico della società controllata
alla propria controllante estera.
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4 NOVITÀ IN TEMA DI START-UP INNOVATIVE, INDUSTRIA 4.0. MARCHI E
BREVETTI
4.1 Accordi innovazione: 250 milioni di nuove risorse per le imprese
A sostegno degli investimenti in ricerca e sviluppo industriale sul territorio
nazionale, il Ministero dello Sviluppo economico ha stanziato nuove risorse pari a 250
milioni di euro per finanziare ulteriori progetti presentati lo scorso 11 maggio dalle
imprese nell’ambito del primo sportello dedicato agli Accordi per l’innovazione.
Con questo rifinanziamento, che si aggiunge alla dotazione iniziale di 500 milioni
prevista dal Fondo nazionale complementare al PNRR e ai 591 milioni individuati con
decreto del ministro Giorgetti del 25 maggio 2022, è stato possibile procedere a uno
scorrimento dell’elenco delle proposte progettuali, ammettendone alla fase di
valutazione altre 80 rispetto a quelle già in istruttoria.
È invece in programma nel mese di dicembre l’apertura del secondo sportello
relativo agli Accordi per l’innovazione, con una dotazione finanziaria di ulteriori 500
milioni di euro a valere sul Fondo nazionale complementare al PNRR.
4.2 Decreto Aiuti-ter, approvato dal Consiglio dei ministri
È stato approvato, all’unanimità, dal Consiglio dei ministri il decreto Aiuti ter che
rafforza le misure a sostegno di famiglie e imprese per contrastare l’aumento dei costi
energetici e ridurre il loro impatto sulle spese dei cittadini e sulle attività produttive
del Paese.
L’importo complessivo del provvedimento è di 14 miliardi di euro, che si
aggiungono ai 52 miliardi già stanziati in precedenza dal governo a sostegno
dell’economia italiana.
Le principali misure adottate vanno dalla garanzia statale sui prestiti alle
imprese in crisi di liquidità per il caro bollette all’estensione del credito d’imposta.
Introdotte aliquote del 40% per gli energivori e del 30% per le imprese più piccole che
impiegano energia elettrica con una potenza superiore a 4,5 kw. Le risorse stanziate
per questi interventi verranno concentrate nei mesi di ottobre e novembre per un
ristoro immediato e più consistente sul caro energia.
Raddoppiati i benefici anche per gli impianti di risalita e in generale per tutte le
attività produttive e commerciali non classificate come energivore mentre è stato
previsto un contributo sociale, una tantum, di 150 euro per 22 milioni di cittadini che
percepiscono redditi inferiori a ventimila euro lordi annui.
Nel decreto Aiuti ter è stata accolta anche la proposta di prorogare al prossimo
31 ottobre il termine per attivare la procedura di restituzione dei crediti d’imposta
ricerca e sviluppo indebitamente percepiti.
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4.3 PNRR: 8,5 milioni di euro per Università, Enti pubblici di ricerca e IRCCS
Con 8,5 milioni di euro di risorse messe a disposizione dal PNRR saranno
finanziate attività di valorizzazione dei brevetti promosse da Università, Enti pubblici
di ricerca e IRCCS attraverso progetti Proof of Concept (PoC).
È quanto prevede il nuovo bando del Ministero dello sviluppo economico,
pubblicato in Gazzetta ufficiale, che rende operativa la misura destinata a sostenere
lo sviluppo delle invenzioni brevettate dal mondo della ricerca al fine di favorire il
trasferimento tecnologico e l’innovazione da parte del sistema industriale.
A partire dal 24 settembre e fino al 31 ottobre 2022 sarà possibile presentare i
progetti la cui realizzazione rientra tra le linee di intervento della riforma della
proprietà industriale.
4.4 Start-up e PMI innovative, pubblicato il report con i dati del secondo
trimestre 2022
Il Ministero dello sviluppo economico, in collaborazione con Unioncamere,
InfoCamere e Mediocredito Centrale, ha pubblicato i dati su Startup e PMI innovative
relativi al secondo trimestre del 2022 che confermano l’andamento positivo
registrato nel corso dei primi mesi dell’anno.
Al 1° luglio 2022 le startup innovative italiane iscritte al Registro delle imprese
sono 14.621, il 3,7% di tutte le società di capitali di recente costituzione, un dato in
aumento rispetto al trimestre precedente con 259 nuove unità (+1,8%).
Produzione di software, consulenza informatica, ricerca e sviluppo,
fabbricazione di macchinari e prodotti elettronici si confermano le attività di
maggiore incidenza.
In crescita il trend delle startup innovative fondate da under 35 con un + 0,5%,
per un totale di 17,4%.
Riguardo alla distribuzione territoriale, la Lombardia si conferma la prima
regione in cui risiede oltre il 26,7% di tutte le startup italiane, segue il Lazio con il
12,1% del totale nazionale (+ 45 startup rispetto al trimestre precedente) e la
Campania con il 9,2% (+ 33 startup rispetto al trimestre precedente).
Per quanto riguarda le province, tra le prime dieci ci sono: Milano (2737 startup),
Roma (1599), Napoli (675), Torino (532), Bari (362), Bologna (358), Padova (331),
Salerno (302), Bergamo (291) e Brescia (286).
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Se si considera invece il numero di startup innovative in rapporto al numero di
nuove società di capitali troviamo tra le prime dieci province: Trento, Milano, Terni,
Potenza, Udine, Pordenone, Pisa, Trieste, Bologna e Ascoli Piceno.
Anche i dati presentati dal report trimestrale del Fondo di garanzia (FGPMI)
confermano il trend di crescita dei finanziamenti concessi.
Sono infatti 6.798 le startup innovative beneficiarie del Fondo di garanzia
dall’inizio dell’operatività e tra esse alcune hanno ricevuto più di un prestito.
Nel secondo trimestre 2022, il FGPMI ha gestito 666 operazioni verso startup
innovative, con una crescita del 7% rispetto al precedente trimestre, e il totale dei
finanziamenti potenzialmente mobilitati si attesta intorno ai 193 milioni di euro, in
aumento del 44% rispetto al periodo gennaio-marzo 2022. Nel secondo trimestre,
inoltre, il finanziamento medio ammonta a 289 mila euro, in crescita del 34% rispetto
al trimestre precedente.
Per gli incubatori certificati, al secondo trimestre 2022 le operazioni gestite dal
FGPMI sono 103, per un totale potenzialmente mobilitato di quasi 47 milioni di euro,
mentre i numeri delle PMI innovative gestite dal Fondo parlano di 6.163 operazioni
per un totale potenzialmente mobilitato di 2 miliardi di euro.
4.5 Decreto interministeriale 26 luglio 2022: 2 miliardi di euro per il sostegno
di start-up e PMI innovative
Nella Gazzetta Ufficiale n. 208 del 6 settembre 2022 è stato pubblicato il decreto
interministeriale del 26 luglio 2022: si tratta di un provvedimento, firmato dal Ministro
dello Sviluppo Economico Giorgetti, che assegna a CDP Venture Capital Sgr 2 miliardi
di euro per il sostegno e il rafforzamento degli investimenti in startup e PMI
innovative, volti a favorire la crescita complessiva dell’ecosistema dell’innovazione in
Italia.
L’assegnazione è accompagnata dall’ulteriore stanziamento di 550 milioni di
risorse, previsto dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), per supportare i
processi di transizione ecologica e digitale attraverso fondi di investimento dedicati e
denominati Green transition fund e Digital transition fund.
Complessivamente, dunque, le risorse ammontano ad oltre 2,5 miliardi, a cui si
sommeranno ulteriori 600 milioni allocati da Cassa Depositi e Prestiti e investitori
terzi, come previsto dal decreto infrastrutture. Risorse che andranno a incrementare
l’attuale dotazione di CDP Venture Capital che è pari a 1,8 miliardi.
CDP Venture Capital, partecipata al 70% da CDP Equity (holding di investimenti
controllata da Cassa Depositi e Prestiti) e al 30% da Invitalia, opererà consolidando le
strategie di investimento attuali attraverso il rafforzamento dell’attività dei fondi
operativi e, contemporaneamente, andrà ad ampliare il proprio raggio d’azione con
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il lancio di nuovi strumenti dedicati ad accelerare la crescita di tutti gli attori del
mercato dell’innovazione.
4.6 Green new deal: nuovo fondo da 750 milioni di euro
È stato avviato il programma di investimenti del Ministero dello sviluppo
economico per realizzare progetti di ricerca industriale, sviluppo sperimentale e
innovazione negli ambiti di intervento del “Green new deal italiano”.
A partire dalle ore 10 del 17 novembre 2022, tutte le imprese che svolgono
attività industriali, agroindustriali, artigiane, di servizi all’industria e centri di ricerca,
potranno richiedere agevolazioni e contributi a fondo perduto per realizzare nuovi
processi produttivi, prodotti e servizi, o migliorare notevolmente quelli già esistenti,
al fine di raggiungere gli obiettivi di:
 Decarbonizzazione
 Economia circolare
 Riduzione dell’uso della plastica e sostituzione della plastica con materiali
alternativi
 Rigenerazione urbana
 Turismo sostenibile
 Adattamento e mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento
climatico
Per la realizzazione dei progetti vi è un fondo con uno stanziamento di 750
milioni di euro; i finanziamenti saranno concessi in favore di progetti che prevedono
investimenti, non inferiori a 3 milioni e non superiori a 40 milioni, da realizzare sul
territorio nazionale.
Le imprese, anche in forma congiunta tra loro, potranno presentare le
domande esclusivamente online attraverso il sito
https://fondocrescitasostenibile.mcc.it, dove sarà attivata una fase di
precompilazione a partire dal prossimo 4 novembre.
5 NOVITÀ IN MATERIA DI WELFARE E LAVORO DIPENDENTE
5.1 Convertito in legge il D.L. n. 115 del 2022: ulteriori misure in favore di
lavoratori e famiglie
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 21 settembre 2022 la Legge n. 142 del
2022, di conversione del Decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 recante “Misure urgenti
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in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali (c.d. “Decreto
Aiuti bis”). Il decreto implementa una serie di misure in materia di energia, politiche
sociali e industriali per contrastare di effetti economici della crisi internazionale.
 Innalzamento soglia di esenzione dei fringe benefit (art. 12): per l’anno 2022,
l’esenzione dei fringe benefit è stata portata a 600 euro e include anche le bollette
delle utenze domestiche. In particolare, limitatamente al periodo d’imposta 2022, in
deroga a quanto previsto dall’art. 51, comma 3, TUIR, non concorrono a formare il
reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti nonché
le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento
delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas
naturale entro il limite complessivo di euro 600,00;
 Estensione ad ulteriori categorie di lavoratori dell’indennità una tantum prevista
dagli articoli 31 e 32 del Decreto Aiuti (art. 22):
 l’indennità una tantum di 200 euro per i lavoratori dipendenti introdotta
dall’art. 31 del Decreto Aiuti, è riconosciuta anche ai lavoratori con
rapporto di lavoro in essere nel mese di luglio 2022 e che fino alla data
di entrata in vigore del Decreto Aiuti non hanno beneficiato dell’esonero
sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i
superstiti di cui alla Legge di Bilancio 2022 (art. 1, comma 121, L. n.
234/2021), poiché interessati da eventi con copertura di contribuzione
figurativa integrale dall’INPS;
 l’indennità prevista dall’art. 32, comma 1, del Decreto Aiuti è estesa in
favore dei soggetti beneficiari di trattamenti pensionistici a carico di
qualsiasi forma previdenziale obbligatoria, di pensione o assegno
sociale, di pensione o assegno per invalidi civili, ciechi e sordomuti,
nonché di trattamenti di accompagnamento alla pensione con
decorrenza entro il 1° luglio 2022 (anziché entro il 30 giugno 2022);
 l’indennità di 200 euro di cui all’art. 32, comma 12, del Decreto Aiuti è
riconosciuta anche in favore dei collaboratori sportivi (che siano stati, in
particolare, beneficiari di almeno una delle indennità previste: dall’art.
96 del D.L. n. 18/2020, convertito in L. n. 27/2020; dall’art. 98 del D.L. n.
34/2020, convertito in L. n. 77/2020; dall’art. 12 del D.L. 104/2020,
convertito in L. n. 126/2020; dall’art. 17, comma 1, e 17 bis, comma 3, del
D.L n. 137/2020, convertito in L. n. 176/2020, dall’art. 10, commi 10-15,
del D.L. n. 41/2021, convertito in L. n. 69/2021; dall’art. 44 del D.L. n.
73/2021, convertito in L. n. 106/2021).
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 Proroga dello smart working per lavoratori fragili e genitori (art. 23-bis): fino al
31 dicembre 2022 il diritto allo smart working per i lavoratori fragili e per quelli
con figli fino a 14 anni. La condizione è che il tipo di prestazione sia compatibile
con il lavoro agile e che l’altro genitore lavori e non goda nello stesso periodo
di ammortizzatori sociali;
 Rifinanziamento del Fondo per “bonus trasporti” (art. 27): implementato
anche il Fondo dedicato al sostegno delle famiglie per la fruizione dei servizi
di trasporto pubblico, istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali (art. 35, Decreto Aiuti), con previsione di una dotazione di 180 milioni
di euro per il 2022.
 Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti
(art. 20): per i periodi di paga dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022, compresa
la tredicesima o i relativi ratei erogati nei predetti periodi di paga, l’esonero
sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti
a carico dei lavoratori dipendenti con esclusione dei rapporti di lavoro
domestico (di cui all’art. 1, comma 121, della L. 30 dicembre 2021, n. 234,
Legge di Bilancio 2022), è incrementato di 1,2 punti percentuali. In
considerazione dell’eccezionalità della misura, resta ferma l’aliquota di
computo delle prestazioni pensionistiche.
 Anticipo della rivalutazione delle pensioni all’ultimo trimestre 2022 (art. 21):
per contrastare gli effetti negativi dell’inflazione per il 2022 e di sostenere il
potere di acquisto delle prestazioni pensionistiche, in via eccezionale, si
prevede l’anticipazione al 1° novembre 2022 del conguaglio per il calcolo della
perequazione delle pensioni per l’anno 2021 (di cui all’art, 24, comma 5, della
L. 28 febbraio 1986, n. 41). Inoltre, nelle more dell’applicazione della
percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per
l’anno 2022 con decorrenza 1° gennaio 2023, con riferimento al trattamento
pensionistico lordo complessivo in pagamento per ciascuna delle mensilità di
ottobre, novembre e dicembre 2022, inclusa la tredicesima mensilità, è
riconosciuto in via transitoria un incremento, limitatamente a tali mensilità, di
2 punti percentuali.
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5.2 Decreto per il finanziamento del Fondo Nuove Competenze
Il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali ha firmato il Decreto che regola il
Fondo Nuove Competenze, il programma guida per la formazione dei lavoratori
occupati nell’ambito del Piano Nazionale Nuove Competenze, riformato orientandolo
al sostegno delle transizioni digitali ed ecologiche e rifinanziato con un miliardo di
euro.
I punti più qualificanti del decreto sono:
 orientamento della formazione alla creazione di competenze digitali e
green al fine di orientare selettivamente le risorse pubbliche al
conseguimento dei risultati attesi del PNRR. Il quadro di riferimento per
le competenze digitali sarà il DGCOMP, mentre per le competenze utili
alla transizione ecologica si fa riferimento alla classificazione ESCO;
 rafforzamento della qualità ed efficacia dei programmi formativi. I fondi
interprofessionali costituiranno il canale di accesso privilegiato al Fondo
Nuove Competenze. Per i datori di lavoro che non hanno fondi
interprofessionali la formazione dovrà essere erogata da enti accreditati
a livello nazionale o regionale. Non potrà essere soggetto erogatore della
formazione la medesima impresa che ha presentato istanza di accesso
al Fondo;
 co-finanziamento. Il Fondo copre i costi del 100% dei contributi
assistenziali e previdenziali (al netto degli eventuali sgravi contributivi
fruibili nel mese di approvazione dell’istanza di accesso al Fondo) e del
60% della retribuzione oraria delle ore destinate alla formazione. È
prevista una premialità per chi intraprende percorsi di riduzione
dell’orario di lavoro a parità di salario: in caso di accordi che prevedano,
oltre alla rimodulazione dell’orario finalizzata a percorsi formativi, anche
una strutturale riduzione dell’orario di lavoro a parità di retribuzione
complessiva, la quota di retribuzione finanziata dal fondo sarà pari al
100%.
L’ANPAL, l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro, sarà
responsabile della gestione della misura e pubblicherà nel mese di ottobre l’avviso
che consentirà alle aziende di candidare i loro progetti.
Il Decreto è in attesa di essere firmato dal Ministero dell’Economia e delle
Finanze.
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5.3 Decreto Ministeriale n. 149/2022: lavoro agile e modalità di comunicazione
telematica dal 1° settembre 2022
Con il D.M. n. 149 del 22 agosto 2022 – e relativi allegati – sono state definite le
modalità per assolvere agli obblighi di comunicazione delle informazioni relative
all’accordo di lavoro agile ai sensi dell’articolo 23, comma 1, della Legge 22 maggio
2017, n. 81, come recentemente modificato dall’articolo 41-bis del Decreto-legge 21
giugno 2022, n. 73 convertito dalla Legge 4 agosto 2022, n. 122. A tal fine, per tutti i
datori di lavoro interessati – pubblici e privati – sarà disponibile dal 1° settembre
l’apposito modulo attraverso il portale Servizi Lavoro, accessibile tramite
autenticazione SPID e CIE.
Tale adempimento è previsto, a decorrere dal 1° settembre 2022, solo nel caso
di nuovi accordi di lavoro agile o qualora si intenda procedere a modifiche (ivi
comprese proroghe) di precedenti accordi. Restano valide le comunicazioni già
effettuate secondo le modalità della disciplina previgente, come disposto dal comma
3 dell’articolo 1 del citato Decreto ministeriale.
Per quanto attiene al termine entro cui effettuare questo adempimento,
occorre considerare che lo stesso si riferisce a una mera trasformazione della
modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Pertanto, nella logica di favorire
la semplificazione degli obblighi per i datori di lavoro, la relativa comunicazione andrà
effettuata entro il termine di cinque giorni, ai sensi dell’articolo 4-bis, comma 5, del
Decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, con le conseguenze sanzionatorie di cui
all’articolo 19, comma 3, del Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
espressamente richiamato nel nuovo comma 1, ultimo periodo, dell’articolo 23 della
Legge 22 maggio 2017, n. 81.
La piena operatività della nuova procedura richiede, tra l’altro, anche
l’adeguamento dei sistemi informatici dei datori di lavoro relativamente all’utilizzo
dei servizi REST di invio delle comunicazioni, che presuppongono il colloquio dei
sistemi informatici del datore di lavoro con quelli del Ministero e che rappresentano
una modalità alternativa all’uso dell’applicativo web sopraindicato.
Per tali ragioni, in fase di prima applicazione delle nuove modalità, l’obbligo
della comunicazione potrà essere assolto entro il 1° novembre 2022.
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5.4 Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione – II trimestre 2022
È stata pubblicata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali la Nota
trimestrale, relativa al II trimestre 2022, che descrive le attivazioni, le trasformazioni
a tempo indeterminato e le cessazioni dei rapporti di lavoro dipendente e
parasubordinato.
Nel secondo trimestre del 2022, le attivazioni dei contratti di lavoro, calcolate al
netto delle trasformazioni a Tempo Indeterminato, sono risultate pari a 3 milioni e
452 mila, in aumento del 17,2% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente
(pari a +507 mila contratti), e hanno riguardato 2 milioni e 536 mila lavoratori, con un
aumento tendenziale di +12,7% (pari a oltre 285 mila individui). Considerando anche
le trasformazioni a Tempo Indeterminato, pari a oltre 221 mila, il numero
complessivo di attivazioni di contratti di lavoro raggiunge 3 milioni 673 mila, in
crescita del 19,1%, pari a 589 mila attivazioni in più rispetto al corrispondente periodo
del 2021.
L’aumento delle attivazioni ha coinvolto in misura maggiore il Nord (+20,3%)
rispetto al Centro (+19,9%) e al Mezzogiorno (+17,0%). La crescita dei rapporti ha
determinato un aumento della quota percentuale di attivazioni nei Servizi sul totale,
pari al 76,1%, in aumento di 2,0 punti percentuali rispetto a quella osservata nello
stesso trimestre dell’anno precedente.
Le attivazioni dei rapporti a Tempo Determinato (pari a 2 milioni 378 mila)
mostrano un incremento del 15,7% (+323 mila rapporti di lavoro) e con un tasso pari
a +13,5% crescono anche quelle relative ai contratti di Apprendistato e quelle
appartenenti alla tipologia contrattuale Altro, costituita per lo più da contratti di
lavoro intermittenti (+30,7%). I contratti di Collaborazione diminuiscono, invece, del
7,5% rispetto allo stesso trimestre del 2021.
L’aumento dei lavoratori attivati viene determinato per effetto di un maggiore
aumento nelle donne (+14,6%) rispetto a quello degli uomini (+11,1%). L’incremento
è più consistente per gli individui con età 65 ed oltre (+28,2% per le donne e +29,3%
per gli uomini).
Nel secondo trimestre del 2022 si registrano 3 milioni 142 mila cessazioni di
contratti di lavoro, con un incremento del 21,4%, pari a 554 mila rapporti cessati in
più rispetto allo stesso trimestre del 2021. La crescita tendenziale dei rapporti cessati
risulta superiore rispetto a quella osservata per i rapporti attivati (+17,2%), così come
l’aumento tendenziale dei lavoratori interessati da almeno una cessazione è
maggiore di quello dei lavoratori attivati (+12,7%).
L’incremento delle cessazioni dei rapporti di lavoro interessa in misura
lievemente superiore la componente femminile (+21,5%) rispetto a quella maschile
(+21,3%), ed è esteso a tutte le ripartizioni geografiche, mostrando un tasso di
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variazione superiore nel Nord (+25,7%, pari a +273 mila), nei confronti del
Mezzogiorno (+18,7%, pari a +160 mila) e del Centro (+18,0%, pari a +122 mila).
Nel settore dei Servizi, in cui è concentrato il 79,2% delle cessazioni, i rapporti
giunti al termine sono cresciuti in misura maggiore rispetto agli altri settori di attività,
con un incremento tendenziale del 25,5% (pari a +507 mila unità).
Le dinamiche tendenziali delle cessazioni registrano nel secondo trimestre 2022
un incremento in tutte le tipologie contrattuali, raggiungendo i valori percentuali più
elevati nella tipologia Altro (+47,2%), che assorbe l’11% delle cessazioni e, a fronte di
una variazione del 20,3% per quelli a Tempo Determinato, che rappresentano la
quota maggiore (65,6%) rispetto al totale dei contratti, e del 15,7% per i contratti a
Tempo Indeterminato, che costituiscono il 17,9% del totale. Un aumento significativo
è rilevabile nell’Apprendistato (+24,7%) mentre la variazione più contenuta si osserva
nei contratti di collaborazione (+4,4%).
Tra le cause di cessazione, le variazioni maggiormente significative in termini
percentuali si registrano nei Licenziamenti (+54,9%, pari a +63 mila) e nella causa
denominata Altro (+35,2% pari a +20 mila). Con un incremento del 19,5%, prosegue
ancora il trend positivo delle Dimissioni (pari a 95 mila rapporti cessati), mentre
decrescono, invece, i Pensionamenti (-9,8%) e i rapporti giunti al termine per
Cessazione attività (-9,2%).
Relativamente ai contratti di lavoro in somministrazione, nel secondo trimestre
del 2022 si registrano 398 mila attivazioni e 391 mila cessazioni, in crescita
rispettivamente del 20,0% e del 32,9% rispetto allo stesso trimestre del 2021. Nel
secondo trimestre del 2022, le attivazioni dei tirocini extracurriculari sono risultate
pari a oltre 87 mila, in calo rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (-3,6%,
pari a -3 mila tirocini) soprattutto per la componente maschile (-6,7% contro -0,4%
per la componente femminile).
5.5 Ispettorato Nazionale del Lavoro, Circolare INL del 10 agosto 2022:
condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili
Con la Circolare n. 4 del 10 agosto 2022, avente per oggetto il D.Lgs. 27 giugno
2022, n. 104, “Attuazione della direttiva UE 2019/1152 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili
nell’Unione europea” (cd. “Decreto Trasparenza”), l’Ispettorato Nazionale del Lavoro
rende note le prime indicazioni con riferimento anche al trattamento sanzionatorio
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connesso ai nuovi adempimenti, d’intesa con l’Ufficio Legislativo del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il D.Lgs. n. 104/2022, in vigore dal 13 agosto, contiene disposizioni che
disciplinano le informazioni sul rapporto di lavoro, le prescrizioni minime relative alle
condizioni di lavoro, nonché una serie di ulteriori misure a tutela dei lavoratori.
L’Ispettorato affronta un excursus sul campo di applicazione della disciplina in
parola, sulle modalità e termini di comunicazione delle informazioni al lavoratore,
sulle principali modifiche apportate al D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, ponendo in
evidenza le conseguenze sanzionatorie in caso di violazione dei nuovi obblighi
informativi.
L’art. 1, D.Lgs. n. 104/2022 disciplina il diritto all’informazione sugli elementi
essenziali del rapporto di lavoro, sulle condizioni di lavoro e la relativa tutela. Lo
stesso trova applicazione non solo nei confronti dei rapporti di lavoro subordinato,
ivi compreso quelli di lavoro agricolo, a tempo indeterminato e determinato, anche a
tempo parziale ma, secondo quanto previsto dalla direttiva UE, anche ad ulteriori
tipologie di rapporti e contratti di lavoro e più in particolare: contratto di lavoro
somministrato, contratto di lavoro intermittente, collaborazioni etero-organizzate di
cui all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, collaborazioni coordinate e continuative
ai sensi dell’art. 409, n. 3, c.p.c., contratti di prestazione occasionale di cui all’art. 54-
bis del D.L. n. 50/2017 (conv. da L. n. 96/2017). Inoltre, le disposizioni operano anche
con riguardo ai rapporti di lavoro marittimo e della pesca, domestico e con le
pubbliche amministrazioni.
Il comma 4 dell’art. 1 prevede, tuttavia, una serie di esclusioni. Tra queste merita
di essere sottolineata quella di cui alla lett. b) relativa ai rapporti di lavoro
caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o
inferiore ad una media di tre ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro
settimane consecutive.
L’esclusione dal campo applicativo del decreto non trova applicazione laddove,
pur a fronte di un tempo di lavoro pattuito pari o inferiore alla citata media delle tre
ore settimanali, la prestazione abbia comunque superato detto limite. In tal caso, a
partire dal primo giorno lavorativo della settimana che determina il superamento
della media, troveranno applicazione tutte le disposizioni contenute nel D.Lgs. n.
104/2022. Ulteriore ipotesi di esclusione è quella in cui, pur a fronte di un tempo di
lavoro effettivo pari o inferiore alla citata media, lo stesso non sia stato
predeterminato.
Secondo quanto stabilito dall’art. 3, D.Lgs. n. 104/2022, il datore di lavoro
comunica a ciascun lavoratore in modo chiaro e trasparente le informazioni previste
dal presente decreto in formato cartaceo oppure elettronico. In tal senso, pertanto,
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al fine di agevolare il più possibile l’assolvimento dei nuovi adempimenti informativi,
il decreto chiarisce la possibilità di avvalersi di una comunicazione in formato
“elettronico” (ad es. email personale comunicata dal lavoratore, e-mail aziendale
messa a disposizione dal datore di lavoratore, messa a disposizione sulla rete
intranet aziendale dei relativi documenti tramite consegna di password personale al
lavoratore ecc.) avendo cura, tuttavia, di specificare che le medesime informazioni
sono conservate e rese accessibili al lavoratore ed il datore di lavoro ne conserva la
prova della trasmissione o della ricezione per la durata di cinque anni dalla
conclusione del rapporto di lavoro.
L’art. 4, D.Lgs. n. 104/2022 riscrive interamente i primi quattro articoli del D.Lgs.
n. 152/1997, concernente l’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle
condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro. Il comma 1 dell’art. 4 novella
l’art. 1 del D.Lgs. n. 152/1997 ampliando, secondo le indicazioni previste dalla direttiva
UE 2019/1152, le informazioni che devono essere comunicate al lavoratore.
In tal senso, l’Istituto richiama l’attenzione sulle principali innovazioni contenute
nel nuovo art. 1, atteso che una serie di elementi informativi erano già contenuti nella
precedente formulazione normativa. Alla lett. a) è prevista l’indicazione dell’identità
delle parti, ivi compresa quella dei co-datori, di cui all’art. 30, comma 4-ter e 31,
commi 3-bis e 3-ter, del D.Lgs. n. 276/2003. Nel caso di lavoratori dipendenti da
agenzia di somministrazione di lavoro andrà indicata, secondo la lett. g), anche
l’identità delle imprese utilizzatrici, non appena sia nota. Tra le altre novità si segnala
inoltre l’obbligo di indicare il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di
lavoro, se prevista (lett. i), il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al
rapporto di lavoro, con l’indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto (lett. q), gli
enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore
di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal
datore di lavoro stesso (lett. r), gli ulteriori elementi previsti dal nuovo art. 1-bis del
D.Lgs. n. 152/1997, recante “ulteriori obblighi informativi nel caso di utilizzo di sistemi
decisionali o di monitoraggio automatizzati” (lett. s).
Per quanto riguarda i tempi di lavoro il nuovo art. 1 del D.Lgs. n. 152/1997
richiede un maggior dettaglio in ragione della prevedibilità o meno della prestazione
lavorativa. La lett. o) chiede, infatti, di indicare la programmazione dell’orario normale
di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua
retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto
di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte
prevedibile. Secondo la successiva lett. p), invece, se il rapporto di lavoro,
caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili,
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non prevede un orario normale di lavoro programmato, il datore di lavoro informa il
lavoratore circa (i) la variabilità della programmazione del lavoro, l’ammontare
minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in
aggiunta alle ore garantite, (ii) le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è
tenuto a svolgere le prestazioni lavorative, (iii) il periodo minimo di preavviso a cui il
lavoratore ha diritto prima dell’inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia
consentito dalla tipologia contrattuale in uso e sia stato pattuito, il termine entro cui
il datore di lavoro può annullare l’incarico.
Il nuovo art. 1 del D.Lgs. n. 152/1997 non fa più espresso riferimento alla
possibilità di rendere alcune informazioni al lavoratore mediante il rinvio alle norme
del contratto collettivo applicato.
L’obbligo di informazione di cui al comma 1 è assolto mediante la consegna al
lavoratore, all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell’inizio
dell’attività lavorativa, alternativamente, del contratto individuale di lavoro redatto
per iscritto o della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro
di cui all’art. 9-bis D.L. n. 510/1996.
In caso di inadempimento, la sanzione è quella contenuta al primo periodo del
comma 2 dell’art. 19 D.Lgs. n. 276/2003, oggi riformulato dall’art. 5 dello stesso D.Lgs.
n. 104/2022 (da euro 250 a euro 1.500 per ogni lavoratore interessato, soggetta a
diffida ex art. 13 D.Lgs. n. 124/2004). Tuttavia, tale trattamento sanzionatorio deve
tenere in considerazione quanto stabilito dal successivo comma 3 dell’art. 1, secondo
il quale le informazioni, eventualmente non contenute nel contratto o nella copia
della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, sono in ogni caso fornite
per iscritto al lavoratore entro i sette giorni successivi all’inizio della prestazione
lavorativa. Inoltre, l’ultimo periodo del comma 3, specifica che alcune informazioni –
ossia quelle di cui alle lettere g), i), l), m), q) e r) – possono essere fornite al lavoratore
entro un mese dall’inizio della prestazione lavorativa e cioè entro il corrispondente
giorno del mese successivo a quello di insorgenza dell’obbligo.
Quanto al trattamento sanzionatorio, riferito agli obblighi di cui all’art. 1 D.Lgs.
n. 104/2022, lo stesso è rinvenibile, innanzitutto, nel nuovo art. 4 dello stesso D.Lgs.
n. 152/1997, secondo il quale il lavoratore denuncia il mancato, ritardato, incompleto
o inesatto assolvimento degli obblighi di cui agli articoli 1, 1-bis, 2, e 3, e 5, comma 2,
all’Ispettorato nazionale del lavoro che, compiuti i necessari accertamenti di cui alla
legge 24 novembre 1981, n. 689, applica la sanzione prevista all’articolo 19, comma
2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Tale ultima disposizione, anch’essa novellata dall’art. 5, comma 4, D.Lgs. n.
104/2022, al primo periodo stabilisce che la violazione degli obblighi di cui all’articolo
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1, commi da 1 a 4 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, è punita con la
sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1.500 per ogni lavoratore
interessato.
L’art. 4 D.Lgs. n. 104/2022, con l’introduzione dell’art. 1-bis al D.Lgs. n. 152/1997,
ha previsto anche nuovi “obblighi informativi nel caso di utilizzo di sistemi decisionali
o di monitoraggio automatizzati”, prevedendo che il datore di lavoro/committente
renda una serie di informative sull’utilizzo di tali sistemi, volte a “fornire indicazioni
rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della
cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché
indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento
delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori”.
La violazione delle disposizioni contenute nell’art. 1-bis è sanzionata dal nuovo
art. 19, comma 2, del D.Lgs. 276/2003 con una sanzione amministrativa pecuniaria
da 100 a 750 euro per ciascun mese di riferimento, soggetta a diffida ex art. 13 D.Lgs.
n. 124/2004. La sanzione va quindi applicata per ciascun mese in cui il lavoratore
svolga la propria attività in violazione degli obblighi informativi in esame da parte del
datore di lavoro o del committente. Trattasi poi di una sanzione “per fasce” cosicché,
ferma restando la sua applicazione per ciascun mese di riferimento, se la violazione
si riferisce a più di cinque lavoratori la sanzione amministrativa è da 400 a 1.500 euro.
Se invece la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori, la sanzione va da 1.000 a
5.000 euro e non è ammesso il pagamento in misura ridotta e pertanto neanche la
procedura di diffida ex art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004. Da ultimo, se la comunicazione
delle medesime informazioni e dati non viene effettuata anche alle rappresentanze
sindacali aziendali ovvero alla rappresentanza sindacale unitaria o, in loro assenza,
alle sedi territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale, trova applicazione una sanzione amministrativa
pecuniaria, anch’essa diffidabile, da 400 a 1.500 euro per ciascun mese in cui si
verifica l’omissione.
La nuova formulazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 152/1997, come modificata
dall’art. 4, comma 8, D.Lgs. n. 104/2022, si occupa delle prestazioni di lavoro all’estero,
come quelle rese, ad esempio, in regime di distacco transnazionale. Il nuovo comma
1 prevede che il datore di lavoro che distacca in uno Stato membro o in uno Stato
terzo un lavoratore nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi, è tenuto
a fornire allo stesso, per iscritto e prima della partenza, qualsiasi modifica degli
elementi del rapporto di lavoro di cui all’articolo 1, comma 1, nonché le seguenti
ulteriori informazioni: a) il paese o i paesi in cui deve essere svolto il lavoro all’estero
e la durata prevista; b) la valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione; c) le eventuali
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prestazioni ulteriori in denaro o in natura inerenti agli incarichi svolti; d) ove sia
previsto il rimpatrio, le condizioni che lo disciplinano; e) la retribuzione cui ha diritto
il lavoratore conformemente al diritto applicabile dello Stato membro ospitante; f) le
eventuali indennità specifiche per il distacco e le modalità di rimborso delle spese di
viaggio, vitto e alloggio; g) l’indirizzo del sito internet istituzionale dello Stato membro
ospitante in cui sono pubblicate le informazioni sul distacco.
Il successivo comma, invece, riguarda più in generale i lavoratori inviati in
missione in un altro Stato membro o in un paese terzo per un periodo superiore a
quattro settimane consecutive, ai quali il datore di lavoro dovrà comunicare per
iscritto, prima della partenza, qualsiasi modifica degli elementi del rapporto di lavoro
Il Capo IV del D.Lgs. n. 104/2022 si occupa, infine, delle misure di tutela. Tra
queste va evidenziato l’art. 13 recante la protezione da trattamento o conseguenze
sfavorevoli, secondo il quale l’adozione di comportamenti di carattere ritorsivo o che,
comunque, determinano effetti sfavorevoli nei confronti dei lavoratori o dei loro
rappresentanti che abbiano presentato un reclamo al datore di lavoro o che abbiano
promosso un procedimento, anche non giudiziario, al fine di garantire il rispetto dei
diritti di cui al decreto comporta, salvo che il fatto costituisca reato, l’applicazione
della sanzione amministrativa da 5.000 a euro a 10.000 euro prevista dall’art. 41,
comma 2, del decreto legislativo 11 aprile 2006 n. 198
La competenza a raccogliere le denunce e ad irrogare la sanzione è
dell’Ispettorato, il quale dovrà accertare e supportare con adeguati elementi
probatori la sussistenza di effetti sfavorevoli nei confronti dei lavoratori o dei loro
rappresentanti.
5.6 (segue) Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 19 del
2022: ulteriori indicazioni applicative in merito al Decreto Trasparenza
Alla Circolare dell’INL, fa seguito la Circolare con cui il Ministero del Lavoro
fornisce ulteriori indicazioni interpretative sulle novità introdotte dal D.Lgs. n.
104/2022 in materia di obblighi di informazione nel rapporto di lavoro. Il Ministero
analizza le questioni più rilevanti allo stesso rappresentate e le innovazioni che
meritano un primo approccio interpretativo.
Per quanto riguarda i congedi (articolo 1, comma 1, lett. l), d.lgs. n. 152/1997), la
novella prescrive che il datore di lavoro debba informare il lavoratore sulla «durata
del congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore
o, se ciò non può essere indicato all’atto dell’informazione, le modalità di
determinazione e di fruizione degli stessi». Le ferie e i congedi retribuiti cui si fa
riferimento sono ovviamente quelli previsti dalla legge e dai contratti collettivi, ma
l’attenzione dell’obbligo informativo si concentra sulla concretezza del rapporto e, su
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questo piano, oltre ai generali ed essenziali richiami alla disciplina legale applicabile,
da formularsi con chiarezza e semplicità, occorre fornire al lavoratore le indicazioni
della disciplina contenuta nel contratto collettivo soggettivamente applicabile al
rapporto.
Fermo l’obbligo dell’indicazione della durata del congedo per ferie, l’attenzione
deve essere rivolta alla locuzione «nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il
lavoratore». Il primo aspetto che emerge evidente dalla formulazione letterale della
disposizione è che rilevano esclusivamente i congedi retribuiti, per cui non vi è
obbligo di comunicazione di quelli per cui non è prevista la corresponsione della
retribuzione.
Il secondo aspetto, di fondamentale importanza, è la perimetrazione del
concetto di “congedo”. Tenuto conto della formulazione letterale della disposizione –
che evidentemente ha voluto prevedere l’informativa solo in relazione alle forme di
astensione temporanea maggiormente incidenti sul rapporto di lavoro – si ritiene che
l’obbligo di informazione per il datore di lavoro riguardi solo quelle astensioni
espressamente qualificate dal legislatore come “congedo” (ad es., congedi di
maternità e paternità di cui al d.lgs. n. 151/2001, congedo per cure per gli invalidi, di
cui all’art. 7 d.lgs. n. 119/2011, congedo per le donne vittime di violenza di genere, di
cui all’art. 24 D.Lgs. n. 80/2015). Ciò anche in ossequio ad un principio di
ragionevolezza degli oneri informativi posti a carico del datore di lavoro. Si richiama,
comunque, la necessità che il datore di lavoro tenga conto, oltre che della disciplina
legale, anche di quella contenuta nel contratto collettivo, in ossequio al principio di
concretezza dell’informazione sul rapporto di lavoro già richiamato in precedenza.
In tema di retribuzione (articolo 1, comma 1, lett. n), d.lgs. n. 152/1997), la
riforma prevede che il datore abbia l’obbligo di indicare «l’importo iniziale della
retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione
del periodo e delle modalità di pagamento». Con tale formula ci si riferisce a tutte
quelle componenti della retribuzione di cui sia oggettivamente possibile la
determinazione al momento dell’assunzione, secondo la disciplina di legge e di
contratto collettivo. Risulta chiaro, ad esempio, che il datore di lavoro non potrà
indicare l’importo degli elementi variabili della retribuzione (ad esempio, il premio di
risultato), pur essendo tenuto ad indicare al lavoratore – ciò sulla scorta di quanto
previsto da specifiche previsioni di contratto collettivo soggettivamente applicabili al
rapporto – in base a quali criteri tali elementi variabili saranno riconosciuti e
corrisposti. Per quanto concerne le eventuali misure di welfare aziendale o, ancora,
il buono pasto, queste, non rientrando ordinariamente nell’assetto retributivo, non
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sono oggetto dell’informativa, salvo che non siano previste dalla contrattazione
collettiva o dalle prassi aziendali come componenti dell’assetto retributivo.
L’art. 1, comma 1, lett. o). D.Lgs. n. 104/2022 prevede che il datore di lavoro
debba informare il lavoratore su «la programmazione dell’orario normale di lavoro e
le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché
le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede
un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile». Sul punto
deve ritenersi che le informazioni debbano riguardare, più che la generale disciplina
legale, soprattutto i riferimenti al contratto collettivo nazionale e agli eventuali
accordi aziendali che regolano il tema dell’orario nel luogo di lavoro. Nello specifico,
le informazioni devono essere incentrate sulla concreta articolazione dell’orario di
lavoro applicata al dipendente, sulle condizioni dei cambiamenti di turno, sulle
modalità e sui limiti di espletamento del lavoro straordinario e sulla relativa
retribuzione.
Nel caso di variazioni dell’orario di lavoro successivamente intervenute,
l’informativa si rende necessaria solo in presenza di modifiche che incidono sull’orario
di lavoro in via strutturale o per un arco temporale significativo, fermo restando il
rispetto della legge e del contratto collettivo soggettivamente applicabile al rapporto
di lavoro. Può essere utile precisare che generalmente rientrano nella definizione del
lavoro prevedibile anche le ipotesi di lavoro a turni e di lavoro multi-periodale: in tali
casi sarà sufficiente indicare che il lavoratore viene inserito in detta articolazione
oraria e rendere note le modalità con cui allo stesso saranno fornite informazioni in
materia.
Il nuovo testo dell’art. 1, comma 1, lett. r), d.lgs. n. 152/1997 prescrive per il
datore di lavoro l’obbligo di informare il lavoratore su «gli enti e gli istituti che ricevono
i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro» e «su qualunque
forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso».
Dando per scontato il significato della prima parte della disposizione, è utile
richiamare la seconda parte solo per chiarire che tali informazioni dovranno essere
fornite dal datore di lavoro anche alla luce della specificità della contrattazione
collettiva applicabile al rapporto, rappresentando al lavoratore, ad esempio, la
possibilità di aderire a fondi di previdenza integrativa aziendali o settoriali.
Come indicato nell’art 4, comma 2, d.lgs. n. 104/2022, è possibile utilizzare
diverse modalità per assolvere l’obbligo informativo, pur nel rispetto dei termini
previsti dalla medesima disposizione. È da ritenersi ammessa la possibilità di
comunicazione dell’informazione in modalità informatica, come già chiarito dall’INL.
L’art. 1-bis del d.lgs. n. 152/1997, inserito dall’art. 4, lett. b), d.lgs. n. 104/2022,
prevede ulteriori obblighi informativi nel caso che il datore di lavoro utilizzi sistemi
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decisionali o di monitoraggio automatizzati. In particolare, il comma 1 prevede che «Il
datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto ad informare il
lavoratore dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati
a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico,
della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti
o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le
prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. Resta
fermo quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300.».
Dalla lettura della disposizione possono individuarsi due distinte ipotesi che il
decreto ha voluto regolare per gli aspetti informativi, qualora il datore di lavoro utilizzi
sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati che siano: a) finalizzati a realizzare
un procedimento decisionale in grado di incidere sul rapporto di lavoro; b) incidenti
sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni
contrattuali dei lavoratori.
Con particolare riferimento alla fattispecie sub a), si può ritenere che per sistemi
decisionali o di monitoraggio automatizzati si intendono quegli strumenti che,
attraverso l’attività di raccolta dati ed elaborazione degli stessi effettuata tramite
algoritmo, intelligenza artificiale, ecc., siano in grado di generare decisioni
automatizzate. Nell’ipotesi descritta, l’obbligo dell’informativa sussiste anche nel caso
di intervento umano meramente accessorio. Nella sostanza, il decreto legislativo
richiede che il datore di lavoro proceda all’informativa quando la disciplina della vita
lavorativa del dipendente, o suoi particolari aspetti rilevanti, siano interamente
rimessi all’attività decisionale di sistemi automatizzati.
Discorso a parte merita, invece, la previsione sub b), riguardante «le indicazioni
incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle
obbligazioni contrattuali dei lavoratori». Anche in questa ipotesi il datore di lavoro ha
l’obbligo di informare il lavoratore dell’utilizzo di tali sistemi automatizzati, quali, a
puro titolo di esempio, tablet, dispositivi digitali e wearables, gps e geolocalizzatori,
sistemi per il riconoscimento facciale, sistemi di rating e ranking, etc.
Si deve ritenere che l’obbligo informativo introdotto dal citato articolo 1-bis del
d.lgs. n. 152/1997 trovi applicazione anche in relazione all’utilizzo di sistemi
decisionali o di monitoraggio automatizzati integrati negli strumenti utilizzati dal
lavoratore per rendere la prestazione lavorativa, allorquando presentino le
caratteristiche tecniche e le funzioni descritte in precedenza.
In tema di prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro, l’art. 7, d.lgs. n.
104/2022 fissa la durata massima del periodo di prova a sei mesi, termine che può
essere ridotto dai contratti collettivi, come definiti dall’articolo 51 del d.lgs. n.
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81/2015. Nel caso di contratto a tempo determinato, il periodo di prova è fissato
proporzionalmente alla durata massima del contratto, entro i limiti previsti ex lege, e
alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego. Inoltre, in caso di
rinnovo del contratto per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro
non può essere soggetto a un nuovo periodo di prova. Il comma 3 stabilisce che il
periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza,
richiamando – a titolo meramente esemplificativo – la sopravvenienza di eventi quali
malattia, infortunio, congedo di maternità/paternità obbligatori. L’indicazione di tali
assenze, coerentemente con quanto previsto nella direttiva e come si evince dal
tenore letterale della disposizione, non ha carattere tassativo e dunque rientrano nel
campo di applicazione del comma 3 tutti gli altri casi di assenza previsti dalla legge o
dalla contrattazione collettiva, fra cui anche i congedi e i permessi di cui alla legge n.
104/1992 (cfr. Cass. n. 4573 del 22 marzo 2012 e Cass. n. 4347 del 4 marzo 2015). Ciò
risponde al principio di effettività del periodo di prova, in forza del quale è stata
riconosciuta valenza sospensiva dello stesso alla mancata prestazione lavorativa
causata da malattia, infortunio, gravidanza, puerperio, permessi, sciopero,
sospensione dell’attività da parte del datore di lavoro.
L’art. 8 vieta al datore di lavoro di impedire al lavoratore di svolgere in parallelo
un altro rapporto di lavoro, se quest’ultimo ha luogo in orario al di fuori della
programmazione dell’attività lavorativa concordata o di riservargli – per tale motivo –
un trattamento meno favorevole. Le uniche condizioni che consentono al datore di
lavoro di «limitare o negare al lavoratore lo svolgimento di un altro e diverso rapporto
di lavoro» sussistono allorché:
a) vi sia un «pregiudizio per la salute e sicurezza, ivi compreso il rispetto della
normativa in materia di durata dei riposi»;
b) sia necessario «garantire l’integrità del servizio pubblico»;
c) «la diversa e ulteriore attività sia in conflitto di interessi con la principale, pur
non violando il dovere di fedeltà di cui all’articolo 2105 del codice civile».
La sussistenza di tali condizioni, che hanno carattere tassativo, deve essere
verificata in modo oggettivo: le stesse devono, quindi, essere concretamente
sussistenti e dimostrabili e non rimesse a mere valutazioni soggettive del datore di
lavoro.
Il «conflitto di interessi» può ritenersi che ricorra quando l’ulteriore attività
lavorativa, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c., comporti, anche
potenzialmente, interessi in contrasto con quelli del datore di lavoro.
In ossequio ai principi generali di buona fede e correttezza, si può infine ritenere
che spetti al lavoratore informare il datore di lavoro qualora ricorrano talune delle
condizioni ostative al cumulo di impieghi.
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L’art. 9, d.lgs. n. 104/2022 riguarda i contratti in cui la durata dell’orario di lavoro
e la sua collocazione temporale non sono predeterminati. In tali casi, il datore di
lavoro o il committente (esclusivamente nell’ambito di contratti di co.co.co. ed eteroorganizzati) può imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa solo se
(i) il lavoro si svolge entro ore e giorni di riferimento predeterminati;
(ii) il lavoratore è informato dal suo datore di lavoro o committente
sull’incarico da eseguire con il ragionevole periodo di preavviso di cui al nuovo art. 1,
comma 1, lett. p), d.lgs. n. 152/1997.
Il considerando n. 32 della direttiva richiama espressamente l’esigenza che il
periodo minimo di preavviso, inteso come il tempo che intercorre tra il momento in
cui un lavoratore è informato in merito a un nuovo incarico di lavoro e il momento in
cui inizia l’incarico, abbia una durata “ragionevole”. Tale periodo può variare in
funzione delle esigenze del settore interessato, ferma restando la necessità di
garantire in ogni caso l’adeguata protezione dei lavoratori.
L’art. 10, d.lgs. n. 104/2022 ha previsto il diritto per il lavoratore che abbia
maturato un’anzianità di lavoro presso lo stesso datore di lavoro e che abbia superato
l’eventuale periodo di prova, di poter accedere, ove possibile, ad un rapporto di
lavoro più stabile e sicuro.
Tale principio, anche alla luce del considerando n. 36 e dell’impianto
complessivo della direttiva, intende consentire a lavoratori che siano già occupati
presso un datore di lavoro con forme contrattuali non particolarmente stabili, di
poter transitare – previa espressa richiesta – verso contratti di lavoro che garantiscano
maggiore durata e stabilità, a condizione che siano effettivamente disponibili presso
il medesimo datore di lavoro.
L’art. 11, d.lgs. n. 104/2022 prevede che la formazione obbligatoria sia garantita
gratuitamente a tutti i lavoratori, sia considerata come orario di lavoro e, ove
possibile, sia svolta durante lo stesso. La disposizione, tuttavia, non si applica alla
formazione professionale e alla formazione per ottenere o mantenere una qualifica
professionale, salvo che il datore di lavoro non sia tenuto a fornirla per legge o in
base al contratto individuale o collettivo.
Per quanto concerne, infine, le misure di tutela, occorre richiamare quanto
previsto dall’art. 14, comma 2, d.lgs. n. 104/2022. Tale previsione fa riferimento a
«misure equivalenti» al licenziamento, intendendosi per esse tutte quelle modifiche,
adottate dal datore di lavoro o dal committente in modo unilaterale e a svantaggio
del lavoratore, che incidono in modo sostanziale sugli elementi essenziali del
contratto di lavoro e sono conseguenti all’esercizio dei diritti previsti dal decreto
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legislativo in oggetto e dal d.lgs. n. 152/1997 e, comunque, per ragioni estranee al
lavoratore (cfr. Corte di Giustizia 11 novembre C- 422/14).
5.7 Circolare INPS n. 99 del 2022: modalità di richiesta e godimento
dell’esonero contributivo per l’assunzione di lavoratori subordinati provenienti
da imprese in crisi
L’INPS, con la circolare n. 99 del 7 settembre 2022, fornisce le indicazioni
operative per la fruizione dell’esonero contributivo riconosciuto, dall’articolo 1,
comma 119 legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di Bilancio 2022), ai datori di lavoro
privati che assumono, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori
subordinati, indipendentemente dalla loro età anagrafica, da imprese per le quali è
attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura
per la crisi d’impresa, lavoratori licenziati per riduzione di personale da dette imprese
nei sei mesi precedenti, ovvero lavoratori impiegati in rami di azienda oggetto di
trasferimento da parte delle imprese suddette.
L’esonero si sostanzia in uno sgravio totale della contribuzione dovuta dal
datore di lavoro, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni
pensionistiche, per la durata di 36 mesi, a partire dalla data di assunzione o di
trasferimento del lavoratore proveniente da una impresa la cui crisi aziendale sia
stata gestita con il coinvolgimento dei componenti della struttura per la crisi
d’impresa.
L’incentivo in esame spetta per le nuove assunzioni e per le trasformazioni a
tempo indeterminato nonché per i trasferimenti, effettuati dal 1° gennaio 2022 al 31
dicembre 2022, di soggetti che, a prescindere dalla loro età anagrafica, provengano
da aziende la cui crisi aziendale sia stata gestita con il coinvolgimento dei componenti
della struttura per la crisi d’impresa.
In particolare, ai fini del legittimo riconoscimento dell’esonero, è necessario che
il lavoratore sia riconducibile ad una delle seguenti tre casistiche:
(i) lavoratore dipendente con contratto di lavoro subordinato dell’impresa che
versa in una situazione di crisi aziendale;
(ii) lavoratore licenziato per riduzione di personale nei sei mesi precedenti
dall’impresa che versa in una situazione di crisi aziendale;
(iii) lavoratore impiegato in rami di azienda oggetto di trasferimento da parte
dell’impresa che versa in una situazione di crisi aziendale.
L’incentivo, introdotto dalla legge di Bilancio 2022, si applica alle assunzioni e
trasformazioni a tempo indeterminato e per i trasferimenti di lavoratori effettuati dal
1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, è pari, ferma restando l’aliquota di computo
delle prestazioni pensionistiche, all’esonero dal versamento del 100% dei complessivi
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contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di importo
pari a 6.000 euro annui (500 euro mensili, 16,12 euro ali giorno).
La misura spetta esclusivamente per un periodo massimo di 36 mesi a partire
dalla data dell’evento incentivato.
Il diritto alla legittima fruizione dell’esonero contributivo è subordinato, in
primo luogo, al rispetto di specifiche condizioni generali, quali la regolarità del DURC,
l’assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e
rispetto degli altri obblighi di legge e il rispetto degli accordi e contratti collettivi
nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle
Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale.
Inoltre, l’incentivo non spetta qualora l’assunzione violi il diritto di precedenza,
stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore
licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine
che abbia manifestato per iscritto – entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto (3 mesi
per i rapporti stagionali) – la propria volontà di essere riassunto.
L’incentivo è escluso se presso il datore di lavoro che assume o l’utilizzatore con
contratto di somministrazione sono in atto sospensioni dal lavoro connesse a una
crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione, la trasformazione o
la somministrazione siano finalizzate all’assunzione di lavoratori inquadrati a un
livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in unità
produttive diverse da quelle interessate dalla sospensione;
Con riferimento al contratto di somministrazione, i benefici economici legati
all’assunzione sono trasferiti in capo all’utilizzatore.
L’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti
all’instaurazione e la modifica di un rapporto di lavoro o di somministrazione
producono la perdita di quella parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la
decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.
5.8 Risposta a interpello n. 412 del 2022: trattamento fiscale dei contributi a
carico del lavoratore recuperati dall’INPS
L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta a interpello n. 412 del 4 agosto 2022, si
è pronunciata in tema di contributi a carico del lavoratore in assenza di rivalsa
eccedenti il massimale ai sensi dell’art. 2, comma 18, L. n. 335/1995, oggetto di
recupero a mezzo diffide notificate dall’INPS per annualità precedenti e deducibilità
dal reddito imponibile IRES e dal valore produzione netta imponibile IRAP.
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Nel caso esaminato, la società istante aveva ricevuto dall’INPS alcune diffide,
con le quali veniva contestata l’indebita applicazione del c.d. “massimale contributivo”
di cui all’art. 2, comma 18, L. n. 335/95. L’ente contributivo aveva, quindi, richiesto alla
società il pagamento dei contributi eccedenti il massimale, sia per la quota a carico
dell’azienda che per la quota a carico del dipendente, e dei relativi sanzioni e interessi.
In ragione dei ricorsi presentati, la società ha rilevato contabilmente,
nell’esercizio della notifica delle diffide, in applicazione dello IAS 37, un
accantonamento per le passività già notificate, nonché per quelle attese per gli anni
successivi ancora accertabili. Il fondo accantonamento (non dedotto) è stato
movimentato nel corso dell’anno successivo, per effettuare il pagamento delle diffide.
Inoltre, la società non ha intrapreso azioni di rivalsa nei confronti dei dipendenti
oggetto delle diffide, in base a quanto previsto dall’art. 23, comma 1, L. n. 218/1952.
L’istante ha chiesto all’Amministrazione finanziaria se la quota di contributi a
carico del lavoratore dipendente, nel caso di mancato esercizio della rivalsa, possa
essere ritenuta un onere inerente all’attività d’impresa deducibile ai fini IRES, come
spesa per prestazioni di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 95, comma 1, del
TUIR, e, ai fini IRAP, come onere contributivo, ove riferita a personale assunto con
contratto a tempo indeterminato, ai sensi dell’art, 11, comma 1, lett. a), n. 4, d.lgs. n.
446 del 1997.
In secondo luogo, la Società ha domandato se, ai fini dell’imputazione
temporale dei componenti negativi di reddito per i contributi accertati (comprensivi
sia della quota a carico dell’azienda che del dipendente), occorra tenere conto della
qualificazione di accantonamento dell’onere imputato nel bilancio relativo all’anno in
cui sono avvenute le notifiche, e se quindi, la deducibilità sia posticipata all’anno in
cui si manifesteranno i presupposti per l’utilizzo del fondo
L’Agenzia delle Entrate ha precisato che, in termini generali, le somme che si
qualificano come contributi previdenziali rappresentano, per la società, un costo
deducibile, ai sensi dell’art. 95, comma 1, TUIR.
Non sono, invece, deducibili, per costante orientamento di prassi, le somme
versate per sanzioni e interessi moratori comminati per violazioni inerenti i contributi
versati (ris. n. 114/E/2009, e circ. n. 7/E/2021). Tale posizione si pone in linea di
continuità col costante orientamento amministrativo, supportato dalla
giurisprudenza, secondo cui, in tema di determinazione del reddito d’impresa, in
relazione alle sanzioni derivanti dal compimento di attività illecite, essendo le stesse
la conseguenza del comportamento illecito dell’imprenditore, non è possibile
considerarle quali costi inerenti ai ricavi conseguiti. Non è configurabile, infatti,
neppure in via indiretta, alcun rapporto funzionale tra il costo stesso e i ricavi
realizzati (Circ. n. 42/E/2005).
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L’Agenzia ricorda, poi, come la Corte di Cassazione abbia sottolineato che i
contributi previdenziali a carico del lavoratore che vengono traslati sull’imprenditore
(rectius sono da esso dovuti) in caso di ritardato o omesso pagamento, ai sensi
dell’art. 23, comma 1, L. n. 218/1952, integrino un’ipotesi di “sanzione civile” intesa
come reazione dell’ordinamento a un comportamento antigiuridico del datore di
lavoro (Cass. nn. 8800/2008, 22379/2015 e 18232/2015).
In considerazione della natura latu sensu sanzionatoria delle somme in esame,
l’Amministrazione finanziaria ritiene che la quota parte di contributo “a carico dei
dipendenti” che non può costituire oggetto di rivalsa rappresenti un onere
indeducibile dal reddito di impresa.
Tali oneri risultano indeducibili anche ai fini IRAP, non essendo attinenti – alla
luce della loro natura sanzionatoria – all’attività d’impresa svolta dalla società (circ.
Agenzia delle Entrate nn. 36/2009 e 39/2009).
Con riferimento al caso di specie, l’Agenzia richiama, poi, il principio di
derivazione rafforzata di cui all’art. 83, comma 1, TUIR, per effetto del quale, ai fini
della determinazione del reddito imponibile, gli elementi reddituali e patrimoniali
iscritti sulla base dei criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione
previsti dai principi contabili internazionali assumono rilevanza anche ai fini fiscali.
Pertanto, deve ritenersi che la rappresentazione contabile adottata dall’istante, nella
specie, assuma rilevanza fiscale.
Tanto premesso, considerato che, nell’esercizio della notifica, gli
accantonamenti stanziati sono indeducibili alla luce dell’art. 107, comma 4, TUIR,
l’Amministrazione finanziaria afferma che la deducibilità dei contributi, per la sola
quota parte riferibile al datore di lavoro, è consentita nel periodo d’imposta in cui è
avvenuto il relativo pagamento e, conseguentemente, il relativo fondo è stato
utilizzato a copertura delle passività a fronte delle quali era stato stanziato.
5.9 Risposta a interpello n. 405 del 2022: trattamento fiscale del rimborso
delle spese sostenute dal lavoratore dipendente in trasferta con mezzo
proprio
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 405 del 2 agosto 2022, si
è pronunciata in tema di indennità di trasferte svolte dal dipendente con il mezzo
proprio al di fuori del comune in cui ha la sede di lavoro.
Nel caso in esame, il Comune istante ha affermato di voler autorizzare, in via
eccezionale, i propri dipendenti all’utilizzo del mezzo di trasporto personale per
effettuare delle trasferte in presenza di particolari esigenze di servizio e di
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determinate condizioni che favoriscano un miglior espletamento dell’attività
lavorativa, anche in termini di economicità, riconoscendo un indennizzo
corrispondente alla somma che il dipendente avrebbe speso ove fosse ricorso ai
mezzi di trasporto pubblico.
Ciò premesso, l’Istante ha chiesto di sapere se all’indennità che intende
riconoscere ai propri dipendenti per l’utilizzo del mezzo personale di trasporto possa
applicarsi il regime delle trasferte previsto dall’art. 51, comma 5, TUIR, ritenendo che
l’erogazione di un indennizzo, corrispondente alla somma che il dipendente avrebbe
speso ove fosse ricorso ai mezzi di trasporto pubblico, possa essere equiparata a
quella del rimborso chilometrico, calcolato sulla base delle tabelle ACI, per
espletamento di attività lavorative in un Comune diverso da quello in cui si trova la
sede di lavoro.
Nella risposta, l’Agenzia ricorda, anzitutto, che l’art. 51, comma 5, TUIR disciplina
il regime fiscale applicabile alle indennità di trasferta erogate al lavoratore
dipendente per la prestazione dell’attività lavorativa fuori dalla normale sede di
lavoro (c.d. trasferte o missioni), differenziando il trattamento delle indennità a
seconda che le prestazioni lavorative siano o meno svolte nel territorio del Comune
in cui è ubicata la sede di lavoro del dipendente.
Mentre le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del
territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti
provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito, per le trasferte fuori del
territorio comunale sono previsti tre distinti sistemi di tassazione in ragione del tipo
di rimborso scelto (forfetario, misto e analitico).
Per le trasferte fuori dal territorio del Comune è, in ogni caso, previsto che i
rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennità chilometrica,
e di trasporto non concorrono a formare il reddito quando siano effettuati sulla base
di idonea documentazione. Al riguardo, l’Amministrazione finanziaria richiama la Circ.
n. 326/E/1997, secondo cui, mentre le spese per i viaggi compiuti con mezzi pubblici
(ferrovie, aerei, ecc.) sono direttamente documentabili mediante l’esibizione da parte
del dipendente dei relativi biglietti, quelle per i viaggi compiuti con propri mezzi
devono essere determinate dallo stesso datore di lavoro sulla base di elementi
concordanti, sia diretti che indiretti.
Con la risoluzione n. 92/E/2015 è stato, inoltre, chiarito che non è possibile
ipotizzare, accanto alle fattispecie individuate dal legislatore tributario nel comma 5
dell’art. 51 TUIR, nuovi diversi sistemi di calcolo degli importi che non concorrono al
reddito; inoltre è stato confermato che le indennità chilometriche per le trasferte
fuori dal Comune dove il dipendente ha la sede di lavoro possono essere escluse dalla
formazione del reddito di lavoro dipendente a condizione che, in sede di liquidazione,
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l’ammontare dell’indennità sia determinato in base alle tabelle ACI, avuto riguardo
alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico
ricostruito secondo il tipo di vettura. Detti elementi devono risultare dalla
documentazione interna conservata dal datore di lavoro.
La menzionata risoluzione ha precisato, inoltre, che nell’ipotesi in cui sia
riconosciuta un’indennità chilometrica calcolata sul tragitto dalla residenza del
lavoratore alla località di missione, qualora la distanza percorsa dal dipendente risulti
inferiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al
lavoratore è riconosciuto, in base alle tabelle ACI, un rimborso chilometrico di minor
importo, quest’ultimo è da considerare non imponibile ai sensi dell’art. 51, comma 5,
TUIR. Diversamente, nell’ipotesi in cui la distanza percorsa dal dipendente per
raggiungere, dalla propria residenza, la località di missione risulti maggiore rispetto
a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al lavoratore viene
erogato, in base alle tabelle ACI, un rimborso chilometrico di importo maggiore
rispetto a quello calcolato dalla sede di servizio, la differenza è da considerarsi
reddito imponibile ai sensi dell’art. 51, comma 1, TUIR.
In relazione al caso di specie, l’indennità riconosciuta per le trasferte svolte al di
fuori del territorio comunale è parametrata al costo di percorrenza stabilito in base
alle tariffe del trasporto pubblico e non al costo chilometrico relativo al veicolo usato
dal dipendente, che costituisce parametro di riferimento ai fini della detassazione.
L’Amministrazione finanziaria ritiene, pertanto, che, laddove l’indennizzo basato sulle
tariffe del trasporto pubblico risulti di importo uguale o minore rispetto a quello
determinato in base alle tabelle ACI, lo stesso sarà da considerarsi non imponibile, ai
sensi dell’art. 51, comma 5, TUIR. Diversamente, nell’ipotesi in cui l’indennità di
trasferta determinata in base alle tariffe del trasporto pubblico risulti di importo
maggiore rispetto a quella determinata sulla base delle tabelle ACI, la differenza sarà
da considerarsi reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 51, comma 1, TUIR.
5.10 Risposta a interpello n. 430 del 2022: Somministrazione di pasti ai
dipendenti tramite app con aliquota IVA del 10%
Con la risposta a interpello n. 430 del 22 agosto 2022 l’Agenzia delle Entrate ha
chiarito l’aliquota IVA applicabile ai servizi sostitutivi di mensa aziendale forniti a
dipendenti e collaboratori per il tramite di un’app e dei ristoranti affiliati a tale
circuito.
Nel caso sottoposto all’esame dell’Amministrazione finanziaria, l’istante ha
rappresentato di avere cinque lavoratori dipendenti, a favore dei quali intende
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attivare un servizio sostitutivo di mensa aziendale. Non disponendo dei locali, né delle
necessarie competenze e attrezzature, l’istante ha dichiarato di voler sottoscrivere
contratti di appalto con strutture che possano erogare il servizio sostitutivo di mensa
aziendale quali ristoranti, supermercati ed esercizi pubblici di commercio al dettaglio
di generi alimentari, che forniranno esclusivamente pasti o generi alimentari pronti
al consumo, con esclusione dei prodotti non alimentari.
L’istante ha affermato di voler gestire questo servizio tramite il circuito “X”, che
comporta la sottoscrizione di specifici contratti, di cui l’Istante è parte, ossia
(i) mandato senza rappresentanza mediante il quale l’istante incarica la X
s.r.l. di eseguire, in nome proprio ma per conto del contribuente, i pagamenti dei pasti
somministrati dai ristoranti convenzionati ai dipendenti/collaboratori dell’azienda,
tracciati mediante l’app.
In particolare, il pagamento dei pasti somministrati, come registrati mediante
l’app, verrà effettuato dalla società X in nome proprio per conto dell’azienda, a mezzo
bonifico bancario, sulle coordinate bancarie fornite dai singoli ristoranti
convenzionati, entro il termine concordato con i ristoranti
L’istante ha affermato di impegnarsi far installare tale app ai propri
dipendenti/collaboratori, e a utilizzarla esclusivamente per ottenere la
somministrazione dei pasti nelle strutture.
A tal fine, l’Istante ha esposto che verserà anticipatamente a X s.r.l. un importo
a propria scelta che sarà utilizzato da quest’ultima per effettuare i pagamenti nei
ristoranti, mentre non vi sarà versamento di alcun compenso a X s.r.l. In sede di
documentazione integrativa, l’Istante verserà 11,50 euro per ogni dipendente, non
erogherà buoni pasto agli stessi e la App X sarà esclusivamente un mezzo di
pagamento. Essa stessa non dà alcun diritto autonomo ad ottenere la
somministrazione di alimenti o bevande. Per tale scopo (ottenere la
somministrazione di alimenti o bevande) l’unico documento di riferimento sarà il
mandato di rappresentanza.
(ii) convenzioni con i singoli ristoranti aderenti al circuito X, tramite le quali
questi ultimi e l’istante intendono, mediante l’utilizzo dell’app, disciplinare la gestione
del servizio mensa sostitutivo.
Il singolo ristoratore, in particolare, si obbligherà a eseguire in favore dell’istante
il servizio sostitutivo di mensa aziendale, mediante la somministrazione di pasti ai
dipendenti, ai termini ed alle condizioni indicate nell’accordo di convenzionamento,
utilizzando la App ed il circuito X. I ristoranti accetteranno che i pagamenti dei pasti
siano effettuati da Cybuspay, in nome proprio e per conto dell’istante, e di
somministrare i pasti ai dipendenti di quest’ultimo previa esibizione da parte loro
dell’App X, mediante la quale verrà registrato il costo del pasto. L’istante da parte sua
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si impegnerà ad assegnare ai propri dipendenti una somma disponibile sull’App X che
potrà essere utilizzata per pagare i pasti somministrati dal ristorante.
I ristoranti saranno a loro volta legati al circuito X da convenzioni a fronte delle
quali i relativi pagamenti a favore di ristorante saranno effettuate mediante l’App X.
In particolare, X srl, nella sua qualità di mandataria del datore di lavoro, effettuerà in
favore del ristorante i pagamenti pari al valore dei pasti somministrati ai dipendenti
e registrati mediante la App X.
La Società ha chiesto di conoscere l’aliquota IVA da applicare al servizio
sostitutivo di mensa aziendale fornito dai ristoranti ai suoi dipendenti.
Nel rispondere al quesito sottoposto, l’Amministrazione finanziaria afferma che
non ricorrono i presupposti per classificare il servizio fornito ai dipendenti dell’istante
come servizio sostitutivo di mensa.
Come più volte chiarito in diversi documenti di prassi, per verificare se una
somministrazione di alimenti e bevande ai dipendenti sia riconducibile alla categoria
dei servizi sostitutivi di mensa aziendale piuttosto che alle altre tipologie, occorre aver
riguardo non solo alle modalità attraverso le quali la prestazione viene resa, ma
anche alla presenza di eventuali convenzioni tra i partecipanti al contratto di
somministrazione di alimenti e bevande”.
La fattispecie oggetto dell’interpello è caratterizzata dalla presenza di due
convenzioni sottoscritte dall’Istante (una con X e l’altra con i singoli ristoranti), ma
non sono ravvisabili le altre peculiari modalità che caratterizzano il servizio sostitutivo
di mensa aziendale e quello di mensa diffusa.
X s.r.l. non eroga, infatti, alcun servizio sostitutivo di mensa aziendale nei
termini chiariti dalla circolare n. 326/E/1997, limitandosi a pagare il ristoratore per
conto del datore di lavoro con il credito che quest’ultimo gli ha previamente messo a
disposizione.
Non si riscontano nemmeno, secondo l’Agenzia, le altre caratteristiche tipiche
della mensa diffusa, oggetto di chiarimenti nella risoluzione n. 65/E/2005. In tale sede
e con riferimento a una card elettronica (di cui l’App potrebbe essere considerata
un’evoluzione), oltre alla condizione di una preventiva convenzione con il datore di
lavoro, sono evidenziate ulteriori condizioni, tra cui la presenza – nella convenzione –
di clausole finalizzate a evitare un impiego improprio o fraudolento dell’App, come il
suo utilizzo da parte del dipendente limitatamente a una sola prestazione giornaliera,
nei giorni di effettiva presenza in servizio e nell’orario stabilito per la pausa pranzo.
Tali clausole sono del tutto assenti sia nella convenzione tra l’istante e il singolo
Ristoratore, sia in quella tra l’Istante e X s.r.l.
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La menzionata risoluzione precisa, altresì, che le card, operando in tempo reale,
non rappresentano titoli di credito, ma consentono unicamente di individuare il
dipendente che quel giorno ha diritto a ricevere la somministrazione del pasto. A tal
fine, l’Amministrazione finanziaria precisa che nei confronti del dipendente la carta
assume la funzione di rappresentare esclusivamente il pasto cui il soggetto
interessato ha diritto e non il corrispondente valore monetario utilizzabile
eventualmente per l’acquisto di beni diversi presso l’esercizio convenzionato.
Nella fattispecie oggetto del documento di prassi, invece, l’App incorpora un
credito, utilizzato dal dipendente per pagare la “consumazione” presso il ristorante
convenzionato, nel giorno e ora preferiti, nei limiti del credito precostituito dal datore
di lavoro.
In tutto ciò, l’intervento di X è limitato al pagamento che esegue in nome proprio
ma per conto dell’Istante, cui è intestata la fattura del Ristoratore, emessa
materialmente da X.
L’App X, infine, funge da strumento di pagamento. Trattandosi esclusivamente
di un mezzo di pagamento, non dà alcun diritto autonomo ad ottenere la
somministrazione di alimenti o bevande.
Tanto premesso, secondo l’Amministrazione finanziaria, non è possibile
ricondurre l’operazione descritta dall’istante nell’ambito delle discipline della mensa
diffusa e dei servizi sostitutivi di mensa aziendale. Non sussistono, pertanto, i
presupposti per l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata al 4 per cento prevista dal
n. 37) della Tabella A, parte II, D.P.R. n. 633/1972, sussistendo, invece, quelli per
l’applicazione dell’aliquota IVA del 10 per cento, ai sensi dei n. 121) della Parte III della
medesima Tabella.
I Ristoranti, quindi, fattureranno all’istante le consumazioni dei dipendenti,
applicando l’aliquota IVA del 10 per cento.
6 NOVITÀ IN MATERIA IVA
6.1 Risposta ad interpello n. 452/E del 2022: precisazioni sull’esenzione IVA per
le prestazioni mediche
Secondo le precisazioni rese dall’Amministrazione finanziaria, con la risposta ad
interpello n. 452, possono essere considerati esenti da IVA ai sensi dell’art. 10 comma
1 n. 18 del DPR 633/72, i servizi di diagnostica medica effettuati da una società
specializzata, indipendentemente dalla circostanza che gli esami siano effettuati dalla
stessa presso il proprio laboratorio o presso la struttura sanitaria del committente.
Nel dettaglio, l’Amministrazione finanziaria ricorda preliminarmente che il
regime di esenzione è riconosciuto a condizione che le prestazioni mediche siano
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esclusivamente dirette alla tutela, al mantenimento e al ristabilimento della persona
e che siano fornite da soggetti “in possesso delle qualifiche professionali richieste
dalla legge”. In relazione alle prestazioni mediche, inoltre, viene evidenziato come
esse debbano avere “uno scopo terapeutico”.
Tale scopo, tuttavia, non deve essere inteso in un’accezione particolarmente
rigorosa; infatti, non costituisce causa ostativa al riconoscimento del regime di
esenzione la circostanza che gli esami o gli altri trattamenti medici a carattere
preventivo siano effettuati su persone non affette da alcuna patologia o anomalia di
salute, stante la finalità generale di rendere maggiormente accessibili le cure
mediche, riducendone gli oneri di spesa. Non possono, invece, beneficiare del regime
agevolativo le prestazioni mediche effettuate per un fine diverso da quello di tutelare,
vuoi mantenendola o vuoi ristabilendola, la salute delle persone.
Ai fini del riconoscimento del regime di esenzione occorre, dunque, avere
riguardo non alla prestazione medica in quanto tale, bensì alla finalità cui la stessa è
sottesa.
In particolare, nella sentenza dell’11 gennaio 2001 causa C-76/99, viene
affermato che ai fini di un’eventuale esenzione dall’IVA delle prestazioni di
trasmissione di prelievi medici, occorre considerare lo scopo in vista del quale tali
prelievi vengono effettuati.
Di conseguenza, allorché un professionista medico prescrive, per l’elaborazione
della propria diagnosi ed a scopo terapeutico, che il paziente si sottoponga ad analisi,
la trasmissione del prelievo deve essere considerata come strettamente connessa
alle analisi stesse e deve di conseguenza fruire di un’esenzione dall’IVA.
Infatti, secondo i principi espressi in sede comunitaria, la prestazione di prelievo
e la trasmissione dello stesso ad un laboratorio specializzato costituiscono
prestazioni strettamente connesse alle analisi, con la conseguenza che esse devono
seguire il medesimo regime fiscale di queste ultime e, pertanto, non devono essere
assoggettate all’IVA.
Sul piano della prassi amministrativa interna, la circolare n. 25 del 3 agosto 1979
ha chiarito che fruiscono dell’esenzione anche le prestazioni rese da laboratori
radiologici e da laboratori di analisi mediche e di ricerche cliniche, in qualsiasi forma
organizzati (ad esempio società di persone o di capitali, enti, ecc.),
indipendentemente dal fatto che siano diretti da medici, chimici o biologi.
Ciò nella considerazione che le suddette prestazioni, in quanto rese a scopo di
accertamento diagnostico, hanno diretto rapporto con l’esercizio delle professioni
sanitarie e, pertanto, vanno considerate alla stregua di qualunque altra prestazione
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svolta nell’esercizio delle arti e professioni, di cui all’articolo 99 del Testo Unico delle
leggi sanitarie.
6.2 Risposta ad interpello n. 446/E del 2022: ulteriori precisazioni sul regime
IVA applicabile ai “bani anti Covid-19”
La risposta a interpello n. 446 dell’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito
alla disciplina IVA agevolata applicabile ai beni destinati a contrastare la diffusione
epidemiologica del Covid-19, introdotta dall’art. 124, del DL 34/2020, e, in particolare,
agli ecotomografi ad ultrasuoni.
Con riferimento a tale strumento, l’Agenzia delle Dogane e Monopoli, ha
individuato la classificazione, secondo la nomenclatura combinata applicabile,
nell’ambito del Capitolo 90 della Tariffa doganale, alla voce doganale 9018 “Strumenti
ed apparecchi per la medicina, la chirurgia, l’odontoiatria e la veterinaria, compresi
gli apparecchi di scintigrafia ed altri apparecchi elettromedicali, nonché gli apparecchi
per controlli oftalmici” sottovoce 9018 12 00 – Apparecchi di diagnosi a scansione
ultrasonica.
Rifacendosi ai precedenti argomenti di prassi sul medesimo tema e alla
classificazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, la risposta a interpello in
commento riconosce l’applicabilità dell’agevolazione IVA prevista dall’art. 124 del DL
34/2020, vale a dire il regime di aliquota zero (esenzione con diritto alla detrazione “a
monte”) sino al 31 dicembre 2020 e, attualmente, l’aliquota del 5%.
Viene, da ultimo ribadito, che, ai fini dell’agevolazione, un ulteriore requisito è
rappresentato dal fatto che le cessioni dei beni in commento rispettano la finalità
sanitaria richiesta dalla disposizione.
7 ALTRE NOVITÀ
7.1 Credito di imposta IMU per il turismo: invio delle domande dal 28
settembre
Si segnala il provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 16 settembre 2022,
con il quale sono definite modalità, termini di presentazione e contenuto
dell’autodichiarazione per la fruizione del credito d’imposta a sostegno del turismo,
pari al 50% dell’importo versato a titolo di seconda rata Imu 2021 per gli immobili
accatastati D/2, introdotto dal decreto Ucraina (articolo 22 del Dl n. 21/2022); il credito
d’imposta potrà essere utilizzato esclusivamente in compensazione e le domande
dovranno essere presentate dal 28 settembre 2022 al 28 febbraio 2023.
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Il provvedimento in esame approva anche il modello, con le relative istruzioni,
per il possesso dei requisiti e il rispetto delle condizioni previsti dal “Temporary
Framework” (Sezioni 3.1 e 3.12).
La misura di favore, infatti, prevede che per beneficiare del credito d’imposta
gli operatori debbano presentare all’Agenzia delle entrate, in modalità telematica,
l’autodichiarazione che attesti l’esistenza dei presupposti stabiliti dalla
Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final
“Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia
nell’attuale emergenza del COVID-19”, che danno diritto all’agevolazione.
L’aiuto, inoltre, in base all’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea, era subordinato all’autorizzazione della
Commissione europea, intervenuta il 21 giugno scorso con la decisione C(2022) 4363
final.
Tra le imprese beneficiare dell’agevolazione si annoverano anche gli agriturismi,
le imprese che gestiscono strutture ricettive all’aria aperta, quelle del comparto
fieristico e congressuale, i complessi termali e i parchi tematici, inclusi i parchi
acquatici e faunistici.
Ai fini della fruizione del credito d’imposta, i proprietari devono essere anche i
gestori delle attività e devono aver subito una diminuzione del fatturato o dei
corrispettivi nel secondo trimestre 2021 di almeno il 50% rispetto al corrispondente
periodo dell’anno 2019. L’impresa, inoltre, non deve risultare già in difficoltà alla data
del 31 dicembre 2019, oppure, se è un’impresa di dimensione micro o piccola che a
tale data era in difficoltà, non deve avere a suo carico procedure concorsuali per
insolvenza. In sede di accoglimento dell’autodichiarazione sono verificati, fra l’altro,
la categoria catastale D/2, la proprietà degli immobili in capo ai beneficiari, i
versamenti Imu, Imi e Imis con F24 rispetto ai quali è determinato il credito d’imposta.
Come sopra riportato, l’autodichiarazione per accedere al beneficio in esame
dovrà essere trasmessa dal 28 settembre 2022 al 28 febbraio 2023. In questo periodo
è possibile inviare una nuova domanda in sostituzione della precedente o presentare
una rinuncia al credito precedentemente richiesto. L’invio telematico può essere
effettuato direttamente dal contribuente oppure da un incaricato, seguendo le
specifiche tecniche allegate al provvedimento.
Dopo l’invio il sistema rilascia, entro 5 giorni, una ricevuta, disponibile nell’area
riservata del sito dell’agenzia. Entro 10 giorni, invece, una seconda ricevuta
comunicherà ai richiedenti l’autorizzazione o il diniego al credito d’imposta. È
necessario avere una partiva Iva attiva alla data di entrata in vigore del decreto.
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Il credito deve essere utilizzato esclusivamente in compensazione, tramite F24,
a partire dal giorno successivo alla data di rilascio della ricevuta di presentazione del
modello. Per i crediti superiori a 150mila euro la fruizione è subordinata alle verifiche
antimafia (Dlgs n. 159/2011). In caso di dati incompleti l’Agenzia richiederà
l’integrazione delle informazioni. Se l’importo del credito utilizzato in compensazione
è superiore all’ammontare massimo fruibile in base all’autodichiarazione, anche
tenendo conto di precedenti utilizzi, il modello F24 è scartato.
Con successiva risoluzione sarà istituito il codice tributo per l’utilizzo del bonus.
7.2 Risoluzione n. 49/E del 2022: codici tributo per tax credit contro caro
energia
La risoluzione dell’Agenzia delle entrate, n. 49/E del 16 settembre, ha istituito i
codici tributo per l’utilizzo, tramite modello F24, dei crediti d’imposta concessi alle
imprese, a parziale compensazione delle spese sostenute per l’acquisto di energia,
gas e carburante, come previsto dal Dl “Aiuti bis” (d.l. n. 115/2022)
In particolare, l’art. 6 del d.l. ha previsto che alle imprese:
 “energivore” i cui costi per kWh della componente energia elettrica –
calcolati sulla base della media del secondo trimestre 2022 e al netto
delle imposte ed eventuali sussidi – hanno subìto un incremento
superiore al 30% rispetto allo stesso periodo del 2019, spetta un bonus
pari al 25% delle spese sostenute per la componente energetica
acquistata e utilizzata nel terzo trimestre 2022 (in caso di energia
prodotta e autoconsumata dalle stesse imprese, l’incremento del costo
si calcola sulla base della variazione del prezzo unitario dei combustibili
acquistati e utilizzati per la produzione, mentre il credito d’imposta è
determinato con riguardo al prezzo convenzionale dell’energia pari alla
media, relativa al terzo trimestre 2022, del prezzo unico nazionale);
 “gasivore”, spetta un bonus pari al 25% della spesa sostenuta per
l’acquisto del gas, consumato nel terzo trimestre 2022, per usi energetici
diversi da quelli termoelettrici, se il prezzo di riferimento del gas
naturale, calcolato come media, riferita al secondo trimestre del 2022,
dei prezzi di riferimento del Mercato infragiornaliero pubblicati dal
Gestore dei mercati energetici è aumentato di oltre il 30% rispetto al
corrispondente prezzo medio riferito al secondo trimestre 2019;
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 “non energivore” dotate di contatori di potenza pari almeno a 16,5 kW, spetta
un bonus pari al 15% della spesa sostenuta per l’acquisto della componente
energetica utilizzata nel terzo trimestre 2022, se il prezzo della stessa,
calcolato sulla base della media riferita al secondo trimestre 2022, al netto
delle imposte e di eventuali sussidi, ha subìto un incremento del costo per
kWh superiore al 30% rispetto al corrispondente prezzo medio riferito al
secondo trimestre 2019;
 “non gasivore” spetta un bonus pari al 25% della spesa sostenuta per
l’acquisto del gas, consumato nel terzo trimestre 2022, per usi energetici
diversi da quelli termoelettrici, se il prezzo di riferimento del gas naturale,
calcolato come media, riferita al secondo trimestre 2022, dei prezzi di
riferimento del Mercato infragiornaliero pubblicati dal Gestore dei mercati
energetici è aumentato di oltre il 30% rispetto al corrispondente prezzo medio
riferito al secondo trimestre 2019.
L’art. 7 del d.l. “Aiuti bis” ha, invece, esteso agli acquisti effettuati nel terzo
trimestre 2022 il credito d’imposta per il gasolio e la benzina utilizzati come
carburante dalle imprese agricole e della pesca per la trazione dei mezzi impiegati
nell’esercizio delle loro attività. Il bonus è pari al 20% di quanto speso nei mesi di
luglio, agosto e settembre 2022, al netto dell’IVA.
I crediti in questione sono utilizzabili esclusivamente in compensazione entro il
31 dicembre 2022, e sono cedibili, soltanto per intero, a terzi.
Ciò premesso, per consentire l’utilizzo in compensazione dei descritti crediti
d’imposta, mediante modello F24 da presentare esclusivamente attraverso i servizi
telematici dell’Agenzia, sono stati istituiti i seguenti codici tributo:
 6968, “credito d’imposta a favore delle imprese energivore (terzo trimestre
2022) – art. 6, c. 1, del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115”;
 6969, “credito d’imposta a favore delle imprese a forte consumo gas naturale
(terzo trimestre 2022) – art. 6, c. 2, del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115”;
 6970, “credito d’imposta a favore delle imprese non energivore (terzo
trimestre 2022) – art. 6, c. 3, del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115”;
 6971, “credito d’imposta a favore delle imprese diverse da quelle a forte
consumo gas naturale (terzo trimestre 2022) – art. 6, c. 4, del decreto-legge 9
agosto 2022, n. 115”;
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 6972, “credito d’imposta per l’acquisto di carburanti per l’esercizio
dell’attività agricola e della pesca (terzo trimestre 2022) – art. 7 del
decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115”.
7.3 Proroga termine di trasmissione dati dei Pos
Il provvedimento del direttore dell’Agenzia del 2 settembre 2022 proroga i
termini di trasmissione all’Agenzia delle Entrate dei dati Pos, precedentemente
stabiliti con provvedimento del 30 giungo 2022.
In particolare, le informazioni relative alle operazioni contabilizzate dal 1°
settembre dovranno essere inviate entro il 15 ottobre, quelle sulle transazioni
contabilizzate nel periodo dal 1° gennaio al 31 agosto 2022, entro il 30 novembre.
Sul punto, si ricorda che l’obbligo di trasmissione dei dati identificativi degli
strumenti di pagamento messi a disposizione degli esercenti attività d’impresa, arte
e professione e dell’importo complessivo delle transazioni giornaliere effettuate con
i predetti strumenti è stato introdotto dall’articolo 22, comma 5, della legge n.
124/2019.
Il provvedimento in esame tiene conto delle difficoltà tecniche sul rispetto dei
termini segnalate dagli operatori e modifica le scadenze fissate in precedenza.
7.4 Bonus carburante, attiva la piattaforma dell’Agenzia delle Dogane
A partire dal 12 settembre è accessibile, tramite Spid, Carta nazionale dei servizi
o Carta di identità elettronica, la piattaforma predisposta dall’Agenzia delle Accise,
Dogane e Monopoli, che dovranno utilizzare gli autotrasportatori per usufruire del
credito di imposta introdotto dal decreto “Aiuti” per limitare gli effetti del caro
carburante causato dalla crisi ucraina. Le istanze riguardano le spese agevolabili
sostenute nel primo trimestre 2022.
Al via, quindi, il bonus previsto dall’articolo 3 del Dl n. 50/2022 e regolamentato
dal decreto del ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili del 13 luglio
2022 e dal decreto direttoriale del 29 luglio 2022 dello stesso ministero.
La misura consiste in un credito di imposta pari al 28% delle spese sostenute
nel periodo gennaio-marzo 2022, al netto dell’Iva, per l’acquisto di carburante
impiegato su mezzi diesel di categoria Euro 5 o superiore, di massa totale pari o
superiore a 7,5 tonnellate. Possono beneficiarne le imprese di autotrasporto di merci
per conto terzi con sede o stabile organizzazione in Italia. Le risorse finanziarie
stanziate sono pari a 496.945.000 euro e il credito d’imposta sarà attribuito fino al
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loro esaurimento in base all’ordine cronologico di presentazione delle richieste e nel
rispetto dei limiti del Registro nazionale degli Aiuti di Stato.
Il contributo riconosciuto è utilizzabile esclusivamente in compensazione
tramite presentazione del modello F24 attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle
entrate.
Il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, finita la fase
istruttoria, sulla base delle istanze pervenute all’Adm trasmette per via telematica
all’Agenzia delle entrate l’elenco definitivo delle imprese ammesse a fruire
dell’agevolazione e il relativo importo concesso. Da quel momento, trascorsi dieci
giorni, i beneficiari potranno utilizzare la somma assegnata.
Le Entrate, a loro volta, trasmetteranno allo stesso ministero l’elenco degli
operatori che hanno utilizzato in compensazione il credito d’imposta, con i relativi
importi.
7.5 Bonus edicole: presentazione delle domande fino al 30 settembre
A partire dal 1° settembre, e fino al 30 settembre, possono essere presentate
le domande di accesso al tax credit 2022, a favore degli esercenti che si occupano, in
via esclusiva, della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici. Le istanze
possono essere inviate esclusivamente per via telematica dal titolare o dal
rappresentante legale dell’impresa, dall’area riservata del portale
impresainungiorno.gov.it, accessibile con Spid, Carta nazionale dei servizi e Carta
d’identità elettronica
L’agevolazione, introdotta in prima battuta dalla legge di bilancio 2019, è stata
estesa dalla legge di bilancio 2021 anche agli anni 2021 e 2022 come modificata dal
decreto “Sostegni-bis”.
Le modifiche hanno riguardato l’ambito dei possibili beneficiari, restringendolo
agli esercenti che operano esclusivamente nel settore della vendita al dettaglio di
giornali, riviste e periodici e alle imprese di distribuzione della stampa che
riforniscono le edicole situate nei comuni con popolazione inferiore a 5mila abitanti
o con un solo punto vendita. In pratica, sono rimaste fuori le attività abilitate al
commercio al minuto dei giornali senza averne il requisito dell’esclusività.
Altra novità riguarda la determinazione del credito. Sono ricomprese nel
computo del bonus anche le spese sostenute nell’anno precedente per l’acquisto o il
noleggio di registratori di cassa o registratori telematici e di dispositivi Pos. Gli altri
parametri considerati riguardano alcuni tributi locali, come Imu e Tari, versati dal
titolare dell’edicola per il locale dove svolge l’attività, e le spese per la fornitura di
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energia elettrica, servizi telefonici e di collegamento a Internet e servizi di consegna a
domicilio delle copie di giornali.
Terminata l’istruttoria delle domande, l’elenco dei beneficiari del credito e degli
importi attribuiti è approvato con decreto del capo dipartimento per l’Informazione e
l’Editoria e pubblicato online entro il 31 dicembre di ciascuno anno cui si riferisce
l’agevolazione.
Il contributo può essere speso soltanto in compensazione tramite il modello F24
presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate,
indicando il codice tributo “6913” dal quinto giorno lavorativo successivo alla
pubblicazione dell’elenco dei beneficiari