Spett.le Società/Associazione,
con la presente siamo lieti di sottoporre alla Vostra attenzione le principali novità in materia fiscale del mese, disponibili anche sul sito dello Studio www.e-ius.it.
Attività legislativa
Decreto-legge n. 186/2022 in Gazzetta Ufficiale
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto-legge 3 dicembre 2022, n. 186, recante “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi eccezionali verificatisi nel territorio dell’isola di Ischia a partire dal 26 novembre 2022” (GU Serie Generale n. 283 del 3 dicembre 2022).
Decreto-legge n. 187/2022 in Gazzetta Ufficiale
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto-legge 5 dicembre 2022, n. 187 recante “Misure urgenti a tutela dell’interesse nazionale nei settori produttivi strategici” (GU Serie Generale n. 284 del 5 dicembre 2022).
Novità in materia di Terzo Settore
Le nuove linee guida per la rendicontazione del 5xmille
Con il decreto direttoriale n. 396 pubblicato lo scorso 13 dicembre, il Ministero del Lavoro modifica le precedenti linee guida (n. 488 del 2021), fornendo importanti chiarimenti sulle modalità di redazione e trasmissione del rendiconto e della relazione illustrativa per il 5xmille 2021.
In particolare, vengono chiarite le modalità di rendicontazione da seguire per gli enti beneficiari del contributo del 5xmille in misura pari o superiore a 20mila euro.
Per tali enti, il Ministero mette a disposizione una piattaforma informatica per adempiere agli obblighi di compilazione, trasmissione e comunicazione di avvenuta pubblicazione del rendiconto oltre che all’obbligo di comunicare all’amministrazione competente l’avvenuta pubblicazione sul proprio sito internet degli importi percepiti. La trasmissione in via telematica ha carattere obbligatorio. In caso di superamento della suddetta soglia di 20 mila euro non si potrà, quindi, procedere all’invio dei documenti a mezzo pec o posta raccomandata.
Quanto ai modelli da utilizzare per la rendicontazione, quelli forniti con il precedente decreto direttoriale restano validi solo per gli enti percettori di somme inferiori a 20mila euro. Coloro che invece superano tale limite dovranno far riferimento al modello di rendiconto e relazione accessibile sempre tramite piattaforma.
I chiarimenti in materia di Bonus energia per le ONLUS forniti dall’Agenzia delle Entrate
Con la risposta ad interpello n. 586/E/2022 dello scorso 14 dicembre l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’applicabilità alla ONLUS del Bonus energia introdotto con il cd. Decreto Ucraina.
Tale provvedimento introduce un credito d’imposta per le imprese non gasivore e non energivore rispettivamente del 15% e del 25% delle spese sostenute per l’acquisto di energia elettrica/gas naturale consumato nel secondo trimestre del 2022.
In merito all’ambito soggettivo di applicazione della misura, l’Agenzia chiarisce che, in linea con il più recente orientamento di prassi (circolare 36/E/2022), la norma vada interpretata in senso non restrittivo.
In assenza di espressa preclusione, dunque, possono beneficiare delle misure contro il caro energia sia gli enti commerciali che quelli non commerciali, a prescindere dalla loro natura (pubblica o privata) e fermo restando l’esercizio di un’attività commerciale.
Anche le ONLUS, dunque, possono accedere al tax credit purché, però, svolgano anche attività commerciali connesse a quelle istituzionali. Ai fini fiscali, infatti, queste ultime sono qualificate come commerciali e rilevanti ai fini Iva, sia pure in regime di esenzione. Ne deriva che l’accesso ai crediti d’imposta è sì consentito alle ONLUS, ma limitatamente alle spese sostenute per l’acquisto di energia utilizzata per le attività connesse.
Alla luce di tali chiarimenti rientrerebbero tra i beneficiari anche gli enti del Terzo settore che in base alla propria normativa possono svolgere anche attività commerciali diverse da quelle d’interesse generale, purché secondarie e strumentali secondo i criteri e limiti di cui al Dm 107/2021.
I chiarimenti in materia di regime fiscale delle erogazioni liberali a favore di consorzi forniti dall’Agenzia delle Entrate.
Con la risposta ad interpello n. 593/2022, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’applicabilità ai consorzi delle disposizioni di cui all’art.83 del D.lgs. 117/2017 (Codice del terzo settore).
Nel dettaglio, la misura in esame consente di detrarre dall’IRPEF il 30% (35% se a favore di ODV) delle erogazioni liberali effettuate a favore di ETS nel limite di 30.000 euro annui o, in alternativa, dedurre integralmente dal reddito complessivo netto del soggetto erogatore (sia esso ente, società o persona fisica) gli importi erogati nel limite del 10% del reddito dichiarato.
Quanto all’ambito soggettivo, la misura in esame prevede che ad essere agevolate siano unicamente le erogazioni liberali effettuate a favore degli enti del terzo settore, comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma societaria.
La questione sollevata dal Consorzio istante verte sulla possibilità di rientrare nell’ambito soggettivo della norma anche per un consorzio che risulta iscritto nella sezione speciale “impresa sociale” presso la camera di commercio.
L’agenzia, nel rispondere al quesito, conferma la possibilità di beneficiare della misura in esame per tutti gli Enti del terzo settore diversi dalle Imprese sociali costituite in forma societaria.
Anche il consorzio istante, quindi, nel caso in cui sussistano i requisiti per la qualifica di ”impresa sociale”, potrà rientrare tra i soggetti destinatari delle erogazioni liberali deducili dal reddito complessivo o detraibili dall’imposta lorda del donante ai sensi dell’art. 83 del CTS.
Le novità in materia di attestazione del patrimonio minimo dell’ente fornite dal Consiglio Nazionale del Notariato.
Con lo studio 10/2022 del Consiglio nazionale del Notariato viene chiarita la posizione del Notaio nella fase di attestazione del patrimonio minimo degli enti già dotati di personalità che intendono iscriversi al RUNTS.
La riforma del Terzo settore riconosce infatti un ruolo fondamentale al notaio, ai fini dell’acquisto della personalità giuridica, affidandogli la verifica del patrimonio minimo (articolo 22 Dlgs 117/2017 o Cts). Restava invece dubbia la provenienza del documento contenente la relativa attestazione, non essendo chiaro se dovesse essere redatto direttamente dal notaio, che provvede all’iscrizione al Registro unico, o da altro soggetto.
Proprio al fine di fare chiarezza, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è intervenuto con la circolare 9/2022 dettando una prassi applicativa comune a tutti gli Uffici del Runts, che richiede che l’attestazione sulla sussistenza patrimoniale provenga dal notaio.
Con lo studio in commento il Consiglio Nazionale del Notariato condivide tale prassi amministrativa, confermando il ruolo assunto dal Notaio in fase di attestazione del Patrimonio minimo dell’ente.
A supporto poi dell’attività di verifica svolta dal Notaio, viene confermata la possibilità per l’ets di produrre una relazione giurata del revisore o, in alternativa, il bilancio d’esercizio aggiornato a non più di 120 giorni, corredato da una relazione dell’organo di controllo o revisore (anche esterno all’ente) che ne attesti la corretta compilazione.
Pubblicato dal Ministero del Lavoro il decreto attuativo dell’avviso n.3/2022.
Pubblicato dal Ministero del Lavoro il Decreto Direttoriale n. 311 del 7 novembre 2022 in cui vengono elencate le reti associative nazionali ammesse a beneficiare del contributo ai sensi dell’articolo 72 del D.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, a seguito delle istanze da queste presentate in risposta all’Avviso n. 3/2022.
Definita la percentuale del credito d’imposta spettante alle fondazioni di origine bancaria (FOB)
Con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 467965/2022 dello scorso 19 dicembre è stata definita la percentuale in base alla quale è determinato il credito d’imposta spettante per l’anno 2022 alle fondazioni di origine bancaria (FOB), in relazione ai versamenti effettuati al fondo unico nazionale (FUN) entro il 31 ottobre 2022.
Tale percentuale è pari al 22,7025 per cento.
Novità in materia di contenzioso
Cass. civ., Sez. VI – 5, Ordinanza, 05 dicembre 2022, n. 35612
In tema di sanzioni amministrative tributarie, l’esimente di cui all’art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 472 del 1997 (Il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi) si applica:
– in caso di inadempimento al pagamento di un tributo imputabile esclusivamente ad un soggetto terzo;
– purché il contribuente abbia adempiuto all’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria e non abbia tenuto una condotta colpevole ai sensi dell’art. 5, comma 1, del detto decreto, nemmeno sotto il profilo della culpa in vigilando.
Ne consegue che l’applicabilità di detta esimente deve essere esclusa laddove, pur in presenza di denuncia all’autorità giudiziaria del fatto imputabile al terzo, il contribuente non dia anche prova in ordine all’assolvimento a monte dell’obbligo di vigilanza sul puntuale e corretto adempimento del mandato da parte dell’intermediario.
Cass. civ., Sez. VI, Ordinanza, 06 dicembre 2022, n. 35774
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la validità dell’avviso in ordine a ricavi non contabilizzati, emesso a carico di società di capitali a ristretta base partecipativa, costituisce presupposto indefettibile per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati.
Conseguentemente, l’annullamento dell’avviso con sentenza passata in giudicato per vizi attinenti al merito della pretesa tributaria, avendo carattere pregiudicante, determina l’illegittimità dell’avviso di accertamento, notificato al singolo socio, che ipotizzi la percezione di maggiori utili societari.
Tale carattere pregiudicante non si rinviene, invece, nelle ipotesi di annullamento per vizi del procedimento, le quali danno luogo ad un giudicato formale, e non sostanziale, difettando una pronuncia che revochi in dubbio l’accertamento sulla pretesa erariale.
Cass. civ., Sez. V, 16 dicembre 2022, n. 36992
In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria, in materia di tributi armonizzati, è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto, purché il contribuente:
Tale principio vale solo per i tributi “armonizzati”; per quelli “non armonizzati”, invece, non si rinviene nella legislazione nazionale un analogo generalizzato vincolo.
Novità per le imprese
INDUSTRIA 4.0 E ALTRI INCENTIVI ALLE IMPRESE
Nuova Sabatini: Contributi e finanziamenti per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle PMI (circ. Min. Imprese e Made in Italy 6.12.2022 n. 410823)
Con la circolare direttoriale 6 dicembre 2022, n. 410823, Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy disciplina i termini e modalità di presentazione delle domande per la concessione e l’erogazione dei contributi relativi alla Nuova Sabatini.
Soggetti beneficiari
Possono beneficiare delle agevolazioni le PMI che, alla data di presentazione della domanda:
Le imprese devono avere al momento della presentazione della domanda la sede legale o una unità locale in Italia. Non possono beneficiare delle agevolazioni le imprese operanti nei settori delle attività finanziarie e assicurative.
Investimenti ammissibili
Con riferimento alle imprese operanti nei settori agricolo, forestale e zone rurali, i programmi d’investimento devono perseguire gli obiettivi previsti agli articoli 14 e 17 del regolamento ABER:
Con riferimento alle imprese operanti nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, i programmi d’investimento devono perseguire gli obiettivi previsti agli articoli 26, 28, 31, 41 e 42 del regolamento FIBER:
Con riferimento alle imprese operanti in settori non ricompresi tra quelli di cui ai precedenti punti 6.1 e 6.2, i programmi d’investimento devono essere riconducibili, nei limiti e alle condizioni stabiliti nel regolamento GBER, a una delle tipologie di cui all’articolo 17 “Aiuti agli investimenti a favore delle PMI” del regolamento stesso:
Il programma d’investimento, unitariamente considerato, deve essere avviato in data alla data di trasmissione, tramite posta elettronica certificata, della domanda di accesso al contributo al soggetto finanziatore, pena la revoca totale delle agevolazioni.
Agevolazioni concedibili
L’agevolazione è concessa alla PMI nella forma di un contributo in conto impianti il cui ammontare è determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati, in via convenzionale, su un finanziamento della durata di cinque anni e di importo uguale all’investimento ad un tasso d’interesse annuo pari a:
Le agevolazioni rientrano fra gli aiuti di Stato comunicati in esenzione a valere sui regolamenti unionali di settore. Tali aiuti non sono concessi a titolo di “de minimis”.
Con riferimento ai settori agricolo, forestale e zone rurali, le agevolazioni sono concesse nel rispetto delle intensità di aiuto massime stabilite dal comma 12 dell’articolo 14 del regolamento ABER:
Nei casi indicati dal comma 13 dell’articolo 14 del regolamento ABER, le sopra indicate aliquote possono essere maggiorate di 20 punti percentuali, purché l’intensità massima dell’aiuto non superi il 90%.
Con riferimento al settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, le agevolazioni sono concesse nel rispetto dell’articolo 95 del regolamento (UE) n. 508/2014, che prevede un’intensità massima dell’aiuto pubblico pari al 50 % della spesa totale ammissibile.
Con riferimento ai settori non ricompresi tra quelli di cui ai precedenti punti 8.3 e 8.4, le agevolazioni sono concesse, nei limiti e condizioni di cui al comma 6 dell’articolo 17 del regolamento GBER, nel rispetto delle seguenti intensità di aiuto massime:
Le intensità di aiuto sono calcolate in termini di equivalente sovvenzione lordo (ESL), che esprime il valore in percentuale dell’aiuto come rapporto dei valori attualizzati delle erogazioni sui costi agevolabili.
Modalità e termini di presentazione delle domande
La domanda di agevolazione, da presentare in bollo tranne nei casi di PMI appartenenti ai settori agricoli e della pesca, deve essere compilata dall’impresa in formato elettronico e, unitamente alla documentazione richiesta, inviata esclusivamente a mezzo posta elettronica certificata (PEC) agli indirizzi dei soggetti finanziatori aderenti alla convenzione.
La domanda di agevolazione deve essere compilata, pena l’improcedibilità della stessa, in via esclusivamente telematica attraverso la procedura disponibile nella sezione “COMPILAZIONE DOMANDA DI AGEVOLAZIONE” disponibile nella piattaforma. Ad avvenuta compilazione della domanda mediante la predetta procedura, sarà disponibile il Codice Unico di Progetto – CUP associato all’istanza in questione da riportare nelle fatture elettroniche.
Il Ministero comunicherà l’avvenuto esaurimento delle risorse disponibili e la chiusura dello sportello per la presentazione delle domande.
Le domande di accesso alle agevolazioni possono essere presentate da parte delle PMI ai soggetti finanziatori a partire dal 1° gennaio 2023.
Crediti d’imposta per imprese non energivore e non gasivore nel IV trimestre 2022: contenuto della comunicazione del venditore (delibera ARERA 6.12.2022 n. 669)
Con la delibera ARERA 6 dicembre 2022 n. 669 sono state definite, in attuazione dell’art. 1 co. 5 del DL 144/2022 e dell’art. 1 co. 5 del DL 176/2022, il contenuto della comunicazione del venditore prevista per i crediti d’imposta relativi alle imprese non energivore e non gasivore per i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022.
A seguito di richiesta dell’impresa con i requisiti di cui all’art. 1 del DL 144/2022, il venditore che riforniva l’impresa sia nel III trimestre dell’anno 2019 che nel III trimestre dell’anno 2022 che nei mesi di ottobre e novembre 2022, è tenuto a inviare entro il 29 gennaio 2023 una comunicazione riportante il calcolo dell’incremento di costo della componente energetica nonché l’ammontare del credito d’imposta spettante per i mesi di ottobre e novembre 2022.
Con riferimento al credito d’imposta relativo a dicembre 2022, in attuazione dell’art. 1 co. 5 del DL 176/2022, il venditore che riforniva l’impresa sia nel III trimestre dell’anno 2019 che nel III trimestre dell’anno 2022 che nel mese di dicembre 2022 è tenuto a inviare la comunicazione con il calcolo del credito entro il 1° marzo 2023.
Crediti d’imposta energia e gas di ottobre e novembre 2022: termini e modalità attuative di cessione e tracciabilità (provv. Agenzia delle entrate 6.12.2022 n. 450517)
Con il provv. 6 dicembre 2022 n. 450517, l’Agenzia delle Entrate ha esteso le modalità di attuazione delle disposizioni relative alla cessione e alla tracciabilità dei crediti d’imposta riconosciuti alle imprese in relazione agli oneri sostenuti per l’acquisto di prodotti energetici, già previste dal provv. Agenzia delle Entrate 30.6.2022 n. 253445, ai crediti d’imposta energia e gas relativi al terzo trimestre 2022 (art. 6 del DL 115/2022) e ai mesi di ottobre e novembre 2022 (art. 1 del DL 144/2022), aggiornando il relativo modello e le istruzioni.
La cessione di tali crediti d’imposta deve essere comunicata all’Agenzia delle Entrate dal 6 dicembre 2022 al 21 giugno 2023, dovendo essere ceduti entro il 30 giugno 2023.
Le medesime disposizioni attuative si applicano anche al credito d’imposta a favore delle imprese esercenti attività agricola e della pesca e attività agromeccanica di cui al codice ATECO 1.61, in relazione alla spesa sostenuta per l’acquisto di carburante effettuato nel quarto trimestre del 2022 (art. 2 del DL 144/2022). In tal caso, tuttavia, la comunicazione di cessione deve avvenire dal 6 dicembre 2022 al 22 marzo 2023.
Crediti d’imposta energia e gas di ottobre e novembre 2022 e carburante del IV trimestre 2022: istituiti i codici tributo (ris. Agenzia delle Entrate 13.12.2022 n. 73/E)
Con risoluzione 13 dicembre 2022 n. 73/E, l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo per l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, dei crediti d’imposta a favore delle imprese per i maggiori oneri sostenuti per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale nei mesi di ottobre e novembre 2022 e di carburante nel IV trimestre 2022, acquistati dai cessionari. I codici tributo per consentire ai beneficiari originari l’utilizzo in compensazione con F24 dei crediti d’imposta sono stati istituiti con risoluzione n. 54/E del 30 settembre 2022.
Gli articoli 1 e 2 del DL n. 144 del 2022 hanno introdotto delle misure agevolative, riconosciute nella forma del credito d’imposta, al fine di compensare parzialmente, alle condizioni ivi indicate, il maggior onere sostenuto dalle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale nei mesi di ottobre e novembre 2022 e per l’acquisto di carburante nel quarto trimestre 2022.
Per consentire ai cessionari di utilizzare i crediti in compensazione tramite modello F24, sono stati istituiti i seguenti codici tributo:
REDDITI DI IMPRESA
Regime transitorio dei dividendi derivanti da partecipazioni qualificate (principio di diritto n. 3/2022)
Con il principio di diritto n. 3 del 6 dicembre 2022, l’Agenzia delle entrate ha fornito precisazioni in merito al regime transitorio dei dividendi derivanti da partecipazioni qualificate.
La Legge di bilancio 2018 ha modificato il regime impositivo dei redditi di natura finanziaria conseguiti da persone fisiche al di fuori dell’esercizio d’impresa in relazione al possesso e alla cessione di partecipazioni qualificate. In particolare, a tali partecipazioni è stata estesa la medesima aliquota nella misura del 26%, nonché le medesime modalità di tassazione previste per le partecipazioni non qualificate. Queste norme si applicano ai redditi di capitale “percepiti” dal 1° gennaio 2018 e ai redditi diversi realizzati a partire dal 1° gennaio 2019.
Inoltre, il legislatore ha introdotto una deroga a tale principio generale di decorrenza del regime di tassazione degli utili prevedendo un regime transitorio al fine di non penalizzare i soci che detengono partecipazioni qualificate in società con riserve di utili formatisi fino all’esercizio in corso al 31dicembre 2017. Più precisamente, tale disposizione prevede che alle distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni qualificate in società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società formatesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31dicembre 2017, deliberati dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al D.M. 26 maggio 2017.
Il regime transitorio deriva dalla volontà del legislatore di salvaguardare, per un periodo di tempo limitato (dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022), il regime fiscale applicabile agli utili formati nei periodi d’imposta precedenti a quello di introduzione del nuovo regime fiscale.
Per questo si prevede espressamente l’applicazione del regime transitorio alle distribuzioni di utili deliberati dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022.
Il predetto regime transitorio si applica agli utili prodotti in esercizi anteriori a quello di prima applicazione del nuovo regime, a condizione che la relativa distribuzione sia stata validamente approvata con delibera assembleare adottata entro il 31 dicembre 2022, indipendentemente dal fatto che l’effettivo pagamento avvenga in data successiva.
In termini generali, per le società di capitali il diritto alla percezione del dividendo sorge nel momento in cui l’assemblea dei soci delibera la distribuzione di utili. La delibera attribuisce dunque al socio un diritto di credito nei confronti della società, al momento dell’approvazione della stessa.
In ogni caso, vi è il diritto dell’Amministrazione finanziaria di contestare la natura simulata della delibera di distribuzione dei dividendi o la sua riqualificazione sulla base degli scopi concretamente perseguiti.
OPERAZIONI STRAORDINARIE
Trasformazione da snc a sas: la presunzione del consenso dei creditori sociali (Cass. 5.4.2022 n. 11040)
La Corte di Cassazione, con la sentenza 5 aprile 2022 n. 11040, ha statuito che l’art. 2500-quinquies, comma 2, c.c., nella parte in cui introduce una presunzione di consenso alla liberazione del socio illimitatamente responsabile per i crediti della società allo spirare del termine di 60 giorni dalla comunicazione della delibera di trasformazione, è norma di stretta interpretazione, insuscettibile di interpretazione analogica.
Ciò in quanto, secondo la Suprema Corte, la norma deroga al principio generale secondo il quale il silenzio non può mai elevarsi a indice certo di una volontà abdicativa o rinunciataria di un diritto, a meno che non sia circostanziato, cioè accompagnato dal compimento di atti o comportamenti di per sé idonei a palesare una volontà inequivocabile.
In considerazione di ciò, essa non può applicarsi a fattispecie diverse da quella della trasformazione progressiva omogenea, espressamente considerata dal legislatore, neppure laddove si verifichi un mutamento della responsabilità del socio a seguito della trasformazione, come avvenuto nel caso di specie, in cui il socio di una snc, a seguito della trasformazione della società in sas, acquisiva la qualità di socio accomandante, passando, quindi, dal regime di responsabilità illimitata tipico della snc a quello di responsabilità limitata che caratterizza la figura dell’accomandante nella sas.
Scissione societaria: ripartizione del diritto alla deduzione extra-contabile dei maggiori valori derivanti dalla rivalutazione dell’avviamento e degli intangibili (risp. ad interpello Agenzia delle entrate 15.12.2022 n. 589)
Con la risposta a interpello 15 dicembre 2022 n. 589, l’Agenzia delle entrate ha fornito precisazioni in tema di applicazione dell’art. 173, comma 4, del TUIR, in relazione alla ripartizione della posizione soggettiva rappresentata dal diritto alla deduzione extra–contabile dei maggiori valori impliciti nella partecipazione di controllo, attribuiti nel bilancio consolidato ad avviamento e altre attività immateriali, oggetto di opzione per l’affrancamento.
L’art. 173, comma 4, del TUIR dispone che, dalla data in cui la scissione ha effetto, le posizioni soggettive della società scissa sono attribuiti alle beneficiarie – e, in caso di scissione parziale, alla stessa società scissa – in proporzione delle rispettive quote del patrimonio netto contabile trasferite o rimaste, salvo che trattisi di posizioni soggettive connesse specificamente o per insiemi agli elementi del patrimonio scisso, nel qual caso seguono tali elementi presso i rispettivi titolari.
Con la richiamata locuzione generica ”posizioni soggettive”, il legislatore ha inteso ricomprendere nell’ambito oggettivo di applicazione della suddetta disposizione ogni situazione attiva e passiva generata dalla normativa sulle imposte dirette (IRES e IRAP) in capo alla scissa, ovverosia tutte quelle situazioni di potere e di dovere che avrebbero spiegato effetti nell’attività di misurazione del reddito della scissa nei periodi successivi alla scissione.
Il criterio di riparto delle posizioni soggettive tra i soggetti partecipanti a una scissione è basato sulla regola (generale) di ripartizione proporzionale (ossia, una ripartizione corrispondente alle quote del patrimonio netto contabile trasferite o rimaste per effetto della scissione), derogata in presenza di una connessione specifica, individuale o per insiemi, fra una singola posizione soggettiva e i suoi (uno o più) corrispondenti elementi patrimoniali interessati dalla scissione.
La regola della connessione specifica trova applicazione solo quando le posizioni soggettive risultino vincolate agli elementi patrimoniali in maniera diretta e attuale e non soltanto per ragioni di carattere genetico. Più in generale, la connessione specifica sussiste ogni qualvolta il diritto all’esercizio e al mantenimento della posizione soggettiva sia subordinato al ”possesso” dell’asset che ne ha determinato la genesi e vincolato al mantenimento dello stesso.
La posizione soggettiva in questione origina dai maggiori valori impliciti nella partecipazione di controllo iscritta dalla società nel proprio bilancio individuale, imputati ad Avviamento e Intangibili Identificati nel bilancio consolidato dell’altra società, che hanno formato oggetto di riallineamento ai sensi dell’art. 15, comma 10ter del DL n. 185/2008. Tale disposizione ha, infatti, introdotto la possibilità, previo pagamento di un’imposta sostitutiva (dell’IRES e dell’IRAP) del 16%, di affrancare, in tutto o in parte, i valori relativi ad avviamento, marchi d’impresa ed altre attività immateriali iscritti nel bilancio consolidato, anziché nel bilancio d’esercizio, sempreché riferibili ai maggiori valori contabili delle partecipazioni di controllo acquisite ed iscritte nel bilancio individuale per effetto di operazioni di cessione d’azienda e di partecipazioni.
Per effetto dell’operazione di scissione la quale, si è creato un divaricamento tra il soggetto che ha esercitato l’opzione per l’affrancamento de qua e il soggetto che ha acquisito la titolarità dei beni affrancati.
Assieme alla titolarità dei beni, la beneficiaria ha assunto la responsabilità di eventuali vicende economiche e giuridiche che possono incidere sull’efficacia del regime di affrancamento (determinandone la recapture). Infatti, la responsabilità di una eventuale revoca degli effetti fiscali prodottisi in virtù dell’esercizio dell’opzione di cui al regime dell’imposta sostitutiva in argomento, in conseguenza di eventuali atti di realizzo che riguardassero i beni ”affrancati”, dipende, in mancanza dell’elemento patrimoniale rappresentato dalla partecipazione, esclusivamente dal soggetto che è titolare di detti beni.
Pertanto, per i tre periodi d’imposta successivi a quello di pagamento dell’imposta sostitutiva, la posizione soggettiva in esame deve considerarsi specificamente connessa con l’elemento patrimoniale rappresentato dagli asset di primo grado affrancati, ossia Avviamento e Intangibili Identificati. Conseguentemente, la posizione soggettiva rappresentata dal diritto alla deduzione dei maggiori valori attribuiti nel bilancio consolidato ad avviamento ed altre attività materiali va trasferita alla società beneficiaria della scissione.
Novità in materia di welfare aziendale
Fondo Nuove Competenze: ultime novità
Dal 13 dicembre 2022 è possibile presentare le istanze di accesso ai contributi previsti dal rifinanziato Fondo nuove competenze (FNC) tramite accesso alla piattaforma informatica dedicata MyANPAL, utilizzando le credenziali SPID, CIE o CNS. Il termine ultimo per presentare le istanze è il 28 febbraio del prossimo anno.
Legittimati a presentare l’istanza sono tutti i datori di lavoro privati, incluse le società a partecipazione pubblica (quali le società a controllo pubblico, nonché le altre società partecipate direttamente da amministrazioni pubbliche o da società a controllo pubblico), a condizione che:
(i) abbiano sottoscritto entro il prossimo 31 dicembre gli accordi collettivi di rimodulazione dell’orario di lavoro, da realizzarsi anche nel corso dell’annualità 2023 secondo i termini fissati nel paragrafo 6 dell’Avviso del 10 novembre scorso;
(ii) siano in regola sotto il profilo contributivo, fiscale e assistenziale;
(iii) non siano in condizione di liquidazione, fallimento, cessazione di attività, concordato preventivo o in procedimenti finalizzati alla dichiarazione di una delle predette situazioni;
(iv) non abbiano contenziosi giudiziali o stragiudiziali con ANPAL riguardanti contributi pubblici.
Tanto premesso, per quanto concerne le ultime novità in materia, l’ANPAL ha pubblicato, in primo luogo, il Decreto del Commissario Straordinario n. 345 del 12 dicembre 2022, con cui ha integrato l’Avviso 2022 del Fondo nuove competenze per quanto riguarda i tempi di rendicontazione cui i datori di lavoro possono fare riferimento, e le modalità con cui i fondi paritetici interprofessionali concorrono agli obiettivi del Fondo, anche quando finanziano solo una parte della formazione.
In particolare, il datore di lavoro, al momento della presentazione dell’istanza, può optare per lo svolgimento della formazione nei 110 giorni dall’approvazione della domanda e provvedere alla rendicontazione nei 40 giorni dalla conclusione dei percorsi di sviluppo delle competenze.
Inoltre, può essere finanziato dal Fondo Paritetico Interprofessionale anche un progetto che riceva un finanziamento parziale, a condizione che l’intero percorso formativo, comprensivo anche dell’attività non finanziata dal Fondo Interprofessionale sia realizzata secondo la disciplina del Fondo, anche con riferimento alle verifiche e ai controlli in capo al medesimo.
In secondo luogo, è stato reso noto l’elenco dei Fondi Paritetici interprofessionali nazionali aderenti al FNC seconda edizione.
In terzo luogo, sono state pubblicate sul sito istituzionale dell’ANPAL le Faq relative al FNC seconda edizione. È stato specificato, ad esempio, che nel caso in cui non siano presenti in azienda rappresentanze sindacali interne (RSU/RSA), l’accordo collettivo di rimodulazione dell’orario di lavoro per l’attuazione del progetto formativo deve essere sottoscritto da rappresentanze territoriali delle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, oltre che dal datore di lavoro o suo delegato.
In merito all’attività formativa, viene ammessa la formazione in presenza e quella a distanza, anche asincrona, salvo diverse regole del Fondo paritetico di appartenenza, mentre non è in ogni caso ammessa la formazione erogata dall’impresa, come previsto al paragrafo 7 dell’Avviso.
Inoltre, una volta ribadito il divieto di presentare più di un’istanza, viene affermato che, solo nel caso di adesione a due Fondi Paritetici Interprofessionali (dirigenti e lavoratori), il datore di lavoro può, nell’ambito della stessa istanza, presentare due progetti formativi, uno per ciascun Fondo Interprofessionale. Tuttavia, il valore complessivo dell’istanza, anche in questo caso, non può superare il limite di 10 milioni di euro, come previsto al paragrafo 4 dell’Avviso.
Da ultimo, si rileva la pubblicazione sul sito istituzionale dell’ANPAL del “Manuale per le aziende”, ossia di una guida ai servizi di MyANPAL per gestire il Fondo Nuove Competenze – seconda edizione.
Comunicato stampa del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: pronti i template per gli invii massivi delle comunicazioni di smart working
Con il comunicato stampa del 9 dicembre, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha reso noto che sono già disponibili i template in formato Excel per la compilazione dei relativi modelli di comunicazioni di lavoro agile, che sarà possibile inviare dal 15 dicembre 2022, attraverso la nuova modalità alternativa di trasmissione delle comunicazioni, accessibile dall’applicativo web. Per scaricare i template Excel è possibile consultare l’apposita sezione Modulistica del sito istituzionale del Ministero.
I rapporti di lavoro nel III trimestre 2022
È stata pubblicata la Nota sul mercato del lavoro, redatta congiuntamente dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, dalla Banca d’Italia e dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) utilizzando due fonti informative complete e tempestive, quali le Comunicazioni obbligatorie e le Dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro.
Nel terzo trimestre del 2022, le attivazioni dei contratti di lavoro, calcolate al netto delle trasformazioni a Tempo Indeterminato, sono risultate in calo dello 0,1% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (pari a -2 mila contratti), e hanno riguardato 2 milioni e 453 mila lavoratori, con una diminuzione tendenziale di -0,9% (pari a -21 mila individui).
Considerando anche le trasformazioni a Tempo Indeterminato, pari a oltre 229 mila, il numero complessivo di attivazioni di contratti di lavoro raggiunge 3 milioni 384 mila, in crescita dell’1,3%, pari a 43 mila attivazioni in più rispetto al corrispondente periodo del 2021. L’aumento delle attivazioni ha coinvolto in misura maggiore il Centro (+5,6%) rispetto al Nord (+3,3%). Nel Mezzogiorno le attivazioni risultano in calo del 4,2%.
La crescita dei rapporti ha determinato un aumento della quota percentuale di attivazioni nei Servizi sul totale, pari al 74,0%, in aumento di 1,0 punti percentuali rispetto a quella osservata nello stesso trimestre dell’anno precedente. Le attivazioni nel settore delle Costruzioni, che rappresentano il 5,6% del totale, registrano nel terzo trimestre del 2022 un calo tendenziale pari a -1,7%. Nel settore dell’Industria in senso stretto, che mostra un incremento del 6,4%, le attivazioni dei rapporti di lavoro delle donne presentano una variazione superiore (+10,8% a fronte di +4,5% per gli uomini). Il settore dell’Agricoltura, che con 406 mila attivazioni assorbe il 12,0% del totale, risulta in diminuzione del 7,8%.
La dinamica delle trasformazioni contribuisce al positivo andamento del flusso in ingresso verso il Tempo Indeterminato, spiegato per il 73,7% dall’incremento delle trasformazioni a Tempo Indeterminato. Le attivazioni dei rapporti a tempo Determinato, pari a 2 milioni e 192 mila, mostrano un calo pari a -1,3%, pari a -29 mila rapporti di lavoro attivati.
Le attivazioni dei contratti di Apprendistato diminuiscono del 2,4%, così come le attivazioni dei contratti di Collaborazione mostrano un calo pari a -1,7%. Le attivazioni appartenenti alla tipologia contrattuale Altro, costituita per lo più da contratti di lavoro intermittenti, mostrano, infine, un aumento di +4,9%.
La diminuzione dei lavoratori attivati viene determinato per effetto del calo osservato per gli uomini (-2,2%) a cui si contrappone un leggero aumento per le donne (+0,5%). La diminuzione è più consistente per gli individui con età compresa tra 35 e 44 anni per i quali si registra un calo del 3,3% (-4,1% per gli uomini maschi e -2,4 per le donne).
Nel trimestre in esame si registrano 3 milioni 145 mila cessazioni di contratti di lavoro, con un incremento del 7,0%, pari a 207 mila rapporti cessati in più rispetto allo stesso trimestre del 2021. Al numero di cessazioni osservate nel trimestre si associano 2 milioni 463 mila lavoratori, con un incremento di 152 mila individui (pari a +6,6%). A fronte della crescita tendenziale dei rapporti cessati si osserva un lieve calo dei rapporti attivati al netto delle trasformazioni (-0,1%), così come a fronte dell’aumento tendenziale dei lavoratori interessati da almeno una cessazione si riscontra un calo dei lavoratori attivati (-0,9%).
L’incremento delle cessazioni dei rapporti di lavoro interessa in misura superiore la componente femminile (+8,5%) rispetto a quella maschile (+5,8%), ed è esteso a tutte le ripartizioni geografiche, laddove il Centro e il Nord mostrano un tasso di variazione superiore (rispettivamente +10,2%, pari a +69 mila e +8,6%, pari a +107 mila) nei confronti del Mezzogiorno (+3,0%, pari a +31 mila). Nel settore dei Servizi, in cui è concentrato il 76,2% delle cessazioni, i rapporti giunti al termine sono cresciuti in misura maggiore rispetto agli altri settori di attività, con un incremento tendenziale dell’8,5% (pari a +187 mila unità). Nell’Industria, che rappresenta il 13,1% del totale dei rapporti cessati, le Costruzioni registrano la crescita più elevata in termini percentuali (+7,5%, pari a +12 mila) rispetto a quella osservata nell’Industria in senso stretto (+4,6%, pari a +11 mila), mentre nel settore dell’Agricoltura si osserva una variazione di segno negativo (-0,9%, pari a -3 mila).
Le dinamiche tendenziali delle cessazioni registrano nel terzo trimestre 2022 un incremento in tutte le tipologie contrattuali, raggiungendo i valori percentuali più elevati nella tipologia contrattuale Altro (+14,8%) che assorbe l’11,0% delle cessazioni, a fronte di una variazione del 7,7% dei contratti a Tempo Determinato, che rappresentano la quota maggiore, con il 65,8% rispetto al totale dei contratti, e una variazione dell’1,4% per i contratti a Tempo Indeterminato, che costituiscono il 17,8% del totale. Con riferimento all’Apprendistato, i rapporti giunti al termine aumentano del 7,5% mentre una crescita più contenuta si registra nei contratti di Collaborazione (+1,4%).
Con l’esclusione delle Cessazioni al termine, tra le cause di cessazione, le variazioni maggiormente significative in termini percentuali si registrano nei Licenziamenti (+10,6%, pari a +17 mila) e nelle Dimissioni (+6,6% pari a +35 mila) che mostrano ancora una tendenza positiva, pur se con variazioni in decrescita mentre si riducono, invece, i Pensionamenti (-24,9%) e i rapporti giunti al termine per Cessazione attività (-20,9%).
Nel terzo trimestre del 2022, le attivazioni dei tirocini extracurriculari sono risultate pari a 70 mila, in diminuzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (-9,0%, pari a -7 mila tirocini), soprattutto per la componente maschile (-12,4% contro -5,2% per la componente femminile). Nelle regioni del Nord si osserva il più elevato numero di tirocini attivati, pari a 40 mila, corrispondente al 56,5% del totale nazionale, quota in calo di 2,7 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Nel Centro sono stati attivati 12 mila tirocini, che costituiscono il 17,3% del totale (+1,6 punti percentuali), mentre nel Mezzogiorno risultano pari a 18 mila e rappresentano il 26,2% del totale (+1,1 punti). Il 75,3% del totale delle attivazioni di tirocini extracurriculari risulta concentrato nel settore dei Servizi, che mostra un calo tendenziale pari a -6,9%. L’Industria, con una diminuzione pari a -14,3%, rappresenta il 23,4% dei tirocini avviati nel complesso delle attività economiche. Il settore dell’Agricoltura, che assorbe appena l’1,3% del totale, fa registrare un calo pari a -26,5%. I principali promotori di tirocini extracurriculari sono rappresentati dai Soggetti autorizzati alla intermediazione dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (28,9%) e dai Servizi per l’impiego (28,5%), mentre la maggior parte dei tirocini è stata avviata a favore di soggetti disoccupati o inoccupati (74,4%). I tirocini promossi a favore di persone fragili costituiscono il 13,2% del totale, con una prevalenza per quelli svolti da persone prese in carico dai servizi sociali e/o sanitari (6,9%) e soggetti svantaggiati (4,1%) rispetto ai tirocini promossi a favore di disabili (2,2%). Il numero di tirocini cessati nel terzo trimestre 2022 risulta pari a 88 mila, la maggior parte dei quali, corrispondenti al 69,9% del totale, ha avuto una durata compresa tra 91 e 365 giorni.
Nota Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 2414 del 2022: corretta applicazione e profili sanzionatori della disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 105/2022
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 2414 del 6 dicembre 2022, interviene a commento delle misure introdotte dal D.Lgs. n. 105/2022, che ha introdotto, in attuazione della Direttiva 2019/1158/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio europeo, misure dirette a realizzare un migliore contemperamento tra l’attività lavorativa e professionale e la vita familiare dei genitori e dei prestatori di assistenza (cc.dd. caregivers familiari), nonché una più equa condivisione tra uomini e donne delle responsabilità di cura e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare.
Innanzitutto, il legislatore ha inserito direttamente all’interno del D.Lgs. n. 151/2001 l’istituto del congedo di paternità obbligatorio, formulando, quindi, un parallelismo con quanto previsto per la donna. Con il nuovo art. 27-bis, introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 105/2022, è stato riconosciuto al padre lavoratore dipendente il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo di 10 giorni lavorativi (20 in caso di parto plurimo) e con corresponsione di un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione, non frazionabili a ore e da utilizzare anche in via non continuativa nell’arco temporale intercorrente tra i 2 mesi precedenti la data presunta del parto e i 5 mesi successivi.
L’istituto era già stato previsto in via sperimentale con l’art. 4, comma 24, lett. a) della L. 92/2012 e oggetto di continue proroghe. Con il D.Lgs. n. 105/2022, il congedo obbligatorio del lavoratore padre diviene strutturale, entrando a far parte di tutte le misure di tutela della genitorialità contenute nel DLgs. 151/2001.
Come opportunamente segnalato dall’INL, per come è formulata la nuova disposizione, il datore di lavoro, a fronte della richiesta scritta proveniente dal lavoratore padre che intende avvalersene, è tenuto a concedere il congedo. L’Ispettorato chiarisce inoltre come il godimento di tale diritto da parte del lavoratore deve, comunque, avvenire nel rispetto del preavviso di cinque giorni stabilito dal legislatore, a meno che un eventuale parto anticipato rispetto alla data presunta non consenta di rispettare il preavviso. Peraltro, andranno valutate anche le eventuali condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva.
Il datore di lavoro, tuttavia, può andare incontro alla sanzione amministrativa diffidabile da 516 a 2.582 euro unicamente in caso di rifiuto, opposizione od ostacolo all’esercizio di tale diritto. In altre parole, risulta evidente la natura obbligatoria di tale istituto.
Nel contempo, il D.Lgs. n. 105/2022, pur confermandone la precedente disciplina, ha rinominato il congedo del successivo art. 28, che è ora definito “alternativo”. Anche in questo caso, ai sensi del comma 2 dell’art. 31-bis, il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo all’esercizio del diritto determinano il rischio di sanzioni.
L’Ispettorato sottolinea che il richiamato art. 18 comporta per il datore di lavoro sia la sanzione penale dell’arresto fino a sei mesi che l’impossibilità di conseguire la certificazione della parità di genere di cui all’art. 46-bis, D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti, in caso di violazioni rilevate nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione. Una misura, quest’ultima, che ricorre quale conseguenza per la gran parte delle violazioni delle nuove previsioni, introdotte dal DLgs. 105/2022, compresa quella relativa al congedo obbligatorio del padre.
Viene estesa la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582, già prevista per le ipotesi di inosservanza delle disposizioni relative ai riposi giornalieri del padre e della madre contenuti negli artt. da 39 a 41, del D.Lgs. n. 151/2001, anche a quelle concernenti i riposi e permessi per i figli con handicap grave (art. 42), l’assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche (art. 42-bis) ed i riposi giornalieri del padre e della madre in caso di adozione e affidamento (art. 45).
Ai fini della fruizione dei riposi e dei permessi per i figli con grave disabilità, al coniuge convivente sono equiparati la parte di un’unione civile ed il convivente di fatto, anche per il caso in cui la
Restano ferme le sanzioni già previste in materia di congedi parentali dall’art. 38, D.Lgs. n. 151/2001, secondo cui il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo all’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro in questione sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582. A questo si aggiunge, tuttavia, l’ulteriore previsione secondo cui, ove rilevate nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all’art. 46-bis, D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti, tali condotte impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
L’art. 3, D.Lgs. n. 105/2022 apporta modifica anche all’art. 33, commi 2 e 3, della L. n. 104/1992, prevedendo, fra le altre cose che la fruizione, da parte del lavoratore di 3 giorni di permesso mensile retribuito per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità, competa al coniuge, a chi è parte di un’unione civile, al convivente di fatto, nonché al parente o affine entro il secondo grado.
Nelle ipotesi di rifiuto, opposizione o ostacolo all’esercizio dei diritti, rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all’art. 46-bis, D.Lgs. n. 198/2006, trova applicazione la misura interdittiva del mancato conseguimento delle certificazioni stesse da parte del datore di lavoro.
Infine, a decorrere dal 13 agosto 2022, la priorità di accesso allo smart working è estesa:
(i) alle lavoratrici e ai lavoratori con figli fino a dodici anni di età o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità ai sensi dell’art. 3, comma 3, L. n. 104/1992;
(ii) ai lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 104/1992 o che siano caregivers ai sensi dell’art. 1, comma 255, L. n. 205/2017.
Al fine di prevenire condotte discriminatorie, è fatto divieto di sanzionare, demansionare, licenziare, trasferire o sottoporre a modalità organizzativa con effetti negativi (diretti o indiretti) sulle condizioni di lavoro i lavoratori che intendano ricorrere al lavoro agile, tant’è che ogni misura adottata in violazione della nuova disciplina è nulla.
Decontribuzione Sud prorogata fino al 31 dicembre 2023
Con un comunicato stampa del 7 dicembre, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha reso noto che la Commissione europea ha approvato, con decisione del 6 dicembre 2022, la richiesta del Ministero medesimo di autorizzare l’estensione per ulteriori 12 mesi della durata dell’esonero contributivo per sostenere le imprese dell’Italia Meridionale nel contesto della guerra con l’Ucraina (cd. “decontribuzione Sud”), nonché di aumentare il budget di 5,7 milioni di euro e i massimali per impresa fino a 2 milioni.
È importante premettere che la decontribuzione Sud (art. 1, commi da 161 a 168, della legge n. 178/2022) è un esonero contributivo parziale, pari al 30%, dei contributi previdenziali complessivamente dovuti dai datori di lavoro, con esclusione di quelli del settore agricolo, e con esclusione dei premi e contributi INAIL, applicabile a tutti i contratti di lavoro dipendente, salvo quelli di lavoro domestico, in relazione ai rapporti di lavoro dipendente nelle seguenti regioni considerate aree svantaggiate: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia. A tal fine, assume rilevanza la sede di lavoro in cui risulta occupato il lavoratore.
La Circolare INPS n. 122/2020 ha chiarito a tal fine che occorre fare riferimento all’unità operativa nella quale risultano denunciati nel flusso Uniemens i lavoratori.
Inoltre, l’esonero contributivo si applica esclusivamente ai datori di lavoro privati con esclusione dei seguenti soggetti:
- enti pubblici economici;
- istituti autonomi case popolari trasformati in enti pubblici economici ai sensi della legislazione regionale;
- enti trasformati in società di capitali, ancorché a capitale interamente pubblico, per effetto di procedimenti di privatizzazione;
- ex istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato, in quanto prive dei requisiti per la trasformazione in aziende di servizi alla persona (ASP), e iscritte nel registro delle persone giuridiche;
- aziende speciali costituite anche in consorzio ai sensi degli articoli 31 e 114 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267;
- consorzi di bonifica;
- consorzi industriali;
- enti morali;
- enti ecclesiastici.
Rientrano anche i datori di lavoro che non hanno natura imprenditoriale.
Oltre alle condizioni comunitarie dappresso indicate, si applicano le condizioni generali disciplinate dall’art. 1, commi 1175 e 1176, della legge n. 296/2006. Tale norma, prevede che la fruizione delle agevolazioni sono subordinate al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
L’esonero contributivo parziale in commento è stato introdotto dall’art. 1, commi da 161 a 168, della legge n. 178/2020 in misura decrescente fino al 31 dicembre 2029, ma l’effettiva utilizzabilità del beneficio è condizionata all’adozione della decisione di autorizzazione della Commissione UE, ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e nel rispetto delle condizioni previste dalla normativa applicabile in materia di aiuti di Stato.
Fino al 30 giugno 2022, l’agevolazione è stata concessa nel rispetto delle condizioni previste dalla comunicazione della Commissione UE C(2020) 1863 final, del 19 marzo 2020, recante un «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19» e successive modificazioni.
Dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022, invece, la Commissione UE ha autorizzato la fruizione con decisione C (2022) 4499 final del 24 giugno 2022, nel rispetto delle condizioni di cui alla sezione 2.1 del Temporary Crisis Framework.
L’ultima autorizzazione di cui alla decisione della Commissione UE del 6 dicembre 2022 di prorogare la misura fino al 31 dicembre 2023 è stata concessa anche questa volta nel rispetto del Temporary Crisis Framework.
Va ricordato, infatti, che tale quadro temporaneo di aiuti è stato di recente modificato e prorogato fino al 31 dicembre 2023 e ciò ha consentito evidentemente di poter proseguire l’utilizzo del regime derogatorio introdotto per far fronte alle conseguenze sull’economia del conflitto in Ucraina.
In tal modo, sarà dunque possibile continuare a fruire dell’esonero contributivo parziale dei contributi previdenziali complessivamente dovuti dai datori di lavoro in relazione ai rapporti di lavoro dipendente nelle seguenti regioni considerate aree svantaggiate: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia.
L’autorizzazione ai sensi del Temporary Crisis Framework comporta la necessità di rispettare le condizioni previste dal citato quadro di aiuti del 24 marzo 2022 e successive modificazioni. Tali aiuti, infatti, ove autorizzati dalla Commissione – come nel caso di specie – sono considerati aiuti di Stato compatibili con il mercato interno purché siano soddisfatte le condizioni previste dal citato quadro di aiuti del 24 marzo 2022.
Dopo le modifiche introdotte il 20 luglio 2022, la Commissione UE ha apportato ulteriori modifiche il 28 ottobre 2022 scorso (G.U.U.E. C/426 del 9 novembre 2022), tra le quali l’incremento dei massimali rispetto a quelli previsti in precedenza.
In particolare, l’importo massimo complessivo dell’aiuto non deve superare, in alcun momento:
(i) 250.000 euro per impresa operante nella produzione primaria di prodotti agricoli (prima il limite era di 62.000 euro);
(ii) 300.000 euro nel settore della pesca e dell’acquacoltura (prima il limite era di 75.000 euro);
(iii) 2.000.000 euro per le imprese in tutti gli altri settori (prima il limite era di 500.000 euro).
Il calcolo del massimale dovrà essere effettuato prendendo in considerazione tutti gli aiuti concessi richiamando il medesimo quadro di aiuti.
È utile ricordare che, differenza di quanto previsto dal Temporary Framework Covid-19, col Temporary Crisis Framework, in considerazione della situazione specifica di due crisi successive che si sono ripercosse in vari modi sulle imprese, è stato consentito agli Stati membri di concedere aiuti anche alle imprese in difficoltà.
Venendo alle ultime modifiche, la comunicazione della Commissione 2022/C 426/01 si applica a partire dal 28 ottobre 2022 a tutte le misure notificate a decorrere dal 28 ottobre 2022 e alle misure notificate prima di tale data e sostituisce il quadro temporaneo di crisi adottato il 23 marzo 2022 come modificato il 20 luglio 2022.
Il precedente quadro temporaneo di crisi è revocato a decorrere dal 27 ottobre 2022.
Con riguardo alla condizione prevista dal Temporary Crisis Framework che l’aiuto sia concesso a imprese colpite dalla crisi, la circolare INPS n. 90 del 27 luglio 2022 ha chiarito che le imprese destinatarie siano state colpite direttamente o indirettamente dalla crisi attuale, ingenerata dall’aggressione russa all’Ucraina. Pertanto, secondo l’istituto, ai fini della legittima fruizione dell’aiuto, quest’ultimo non deve necessariamente essere ricollegato a un aumento dei prezzi dell’energia in quanto la crisi e le misure restrittive nei confronti della Russia hanno determinato a vario titolo ripercussioni negative sull’economia nazionale nel suo complesso, ad esempio provocando una perturbazione delle catene di approvvigionamento fisiche, con una particolare accentuazione nelle regioni meridionali italiane che si trovano già in una situazione di svantaggio.
La registrazione nel Registro Nazionale degli aiuti di Stato verrà effettuata, come di consueto per gli aiuti di natura contributiva, a cura dell’INPS.
Sentenza Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa C-607/20: assegnazione di buoni acquisto ai dipendenti nell’ambito di un programma premiale esclusa da IVA
Con la sentenza relativa alla causa C-607/20, la Corte di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi sull’ambito applicativo dell’art. 26, par. 1, lett. b), Dir. n. 2006/112/CE, che assimila alle prestazioni di servizi a titolo oneroso “la prestazione di servizi a titolo gratuito effettuata dal soggetto passivo per il proprio uso privato o per l’uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa”.
In particolare, il caso affrontato dai giudici europei traeva origine da un accertamento fiscale per l’IVA non dichiarata sul valore di buoni acquisto offerti da una impresa ai suoi dipendenti, nell’ambito di un programma di riconoscimento dei meriti e di premiazione istituito dalla medesima, volto a incrementare il rendimento degli stessi e, quindi, al buon funzionamento e alla redditività dell’impresa. Nel caso di un premio consistente in buoni acquisto, il dipendente doveva recarsi su un sito Internet contenente un elenco di rivenditori al dettaglio debitamente menzionati, per sceglierne uno presso il quale egli avrebbe potuto utilizzare il suo buono acquisto.
Al momento della spendita del buono da parte del dipendente per l’acquisto di beni o servizi, il rivenditore applicava l’imposta sul valore del buono; mentre l’impresa non aveva applicato l’imposta sul valore del buono al momento dell’attribuzione al dipendente.
È risultato controverso tra le parti se tale attribuzione a titolo gratuito dei buoni acquisto ai dipendenti da parte del datore di lavoro costituisca un’operazione da assimilare a una prestazione di servizi a titolo oneroso, ai sensi dell’art. 26, par, 1, lett. b), Dir. IVA, e se detta operazione debba pertanto essere assoggettata a IVA.
L’art. 26, par. 1, Dir. IVA, che, come accennato, assimila talune operazioni nelle quali il soggetto passivo non percepisce alcun corrispettivo effettivo a prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso, ha lo scopo di garantire la parità di trattamento fra il soggetto passivo che prelevi un bene o che fornisca servizi per il proprio uso privato o per l’uso del suo personale, da un lato, e, dall’altro, il consumatore finale che si procuri un bene o un servizio dello stesso tipo.
Ai fini del conseguimento di tale obiettivo, l’art. 26, par. 1, lett. a), di detta direttiva impedisce che un soggetto passivo che abbia potuto detrarre l’IVA sull’acquisto di un bene destinato alla propria impresa possa sottrarsi al pagamento di tale imposta prelevando il bene stesso dal patrimonio della propria impresa per il proprio uso privato o per l’uso del suo personale, godendo in tal modo di indebiti vantaggi rispetto al consumatore finale che acquisti il bene pagando l’IVA.
Parimenti, l’art. 26, par. 1, lett. b) impedisce che un soggetto passivo o il personale del medesimo ottengano in esenzione dall’imposta prestazioni di servizi fornite dal soggetto passivo stesso per le quali un singolo avrebbe dovuto pagare l’IVA.
Per quanto concerne il caso oggetto della pronuncia in commento, i Giudici europei hanno rilevato come l’assegnazione dei buoni acquisto avrebbe lo scopo di incrementare il rendimento dei suoi dipendenti e, pertanto, di contribuire a una migliore redditività dell’impresa. L’istituzione del programma in parola sarebbe stata, dunque, dettata da considerazioni relative al corretto svolgimento delle attività commerciali di tale impresa e alla ricerca di profitti aggiuntivi, essendo il vantaggio che ne derivava per i dipendenti solo accessorio rispetto alle esigenze dell’impresa.
Infatti, contribuendo a rafforzare la motivazione dei dipendenti, detto programma comporterebbe effetti positivi in termini di rendimento e di redditività. Il vantaggio personale che il dipendente ne trae risulta dunque soltanto accessorio rispetto alle esigenze dell’impresa.
Pertanto, la Corte di Giustizia ha affermato che l’attribuzione a titolo gratuito, da parte dell’impresa, dei buoni acquisto ai dipendenti designati nell’ambito del programma volto a incrementare il rendimento dei degli stessi e, quindi, il buon funzionamento e la redditività dell’impresa, costituisca una prestazione di servizi effettuata per fini propri e non estranei all’impresa; essa, pertanto, non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 26, par. 1, lett. b), della direttiva IVA.
I Giudici europei hanno concluso, quindi, che non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 26, par. 1, lett. b), Dir. 2006/112/CE una prestazione di servizi consistente, per un’impresa, nell’offrire buoni acquisto ai suoi dipendenti, nell’ambito di un programma da essa istituito, volto a gratificare e a premiare i dipendenti più meritevoli ed efficienti. In altre parole, è prevalente lo scopo imprenditoriale perseguito dal datore di lavoro, con la conseguente irrilevanza ai fini dell’IVA della fornitura a titolo gratuito dei buoni nell’ambito del programma promozionale.
Novità in materia di IVA
Agenzia delle entrate, Risposta ad interpello 7 dicembre 2022 n. 583
Lo svolgimento “esternalizzato” delle funzioni di revisione interna e di gestione dei rischi di un fondo pensione beneficia dell’esenzione IVA di cui all’art. 10 co. 1 n. 1 del DPR 633/72. Infatti, sussiste la libertà di scelta/organizzazione tra soluzione interna e outsourcing, a parità di condizioni e responsabilità.
Nel caso di specie, peraltro, spetta comunque alla società interpellante verificare se i contratti stipulati abbiano per oggetto l’esternalizzazione dell’intera funzione oppure riguardino lo svolgimento di servizi di consulenza relativi alle medesime funzioni. In quest’ultimo caso, è onere del soggetto passivo individuare il regime IVA applicabile, tenendo conto delle caratteristiche oggettive del servizio reso, nonché del grado di responsabilità del prestatore.
Agenzia delle entrate, Risposta ad interpello 15 dicembre 2022, n. 588
Per stabilire il trattamento ai fini IVA da attribuire alla somma che una parte, inadempiente alle pattuizioni contrattuali, deve corrispondere a titolo di risarcimento del danno subito alle altre nell’ambito di un “Accordo Trilatero”, occorre verificare se la stessa possa costituire il corrispettivo di una prestazione individuabile.
In assenza di correlazione tra l’elargizione di denaro e la realizzazione di un’operazione, viene, infatti, a mancare il presupposto oggettivo di applicazione dell’imposta.
La somma di denaro che non sia causalmente collegata ad alcuna cessione di beni o prestazione di servizi ed abbia esclusivamente natura risarcitoria, deve quindi ritenersi esclusa dal campo di applicazione dell’imposta ai sensi dell’art. 15 del DPR 633/72.
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Nel restare a Vs. disposizione per eventuali approfondimenti e/o chiarimenti, porgiamo
Cordiali saluti,
e-IUS Tax & Legal