Newsletter Studio e-IUS – Tax&Legal – “Le novità fiscali del mese” – Venerdì 2 Dicembre 2022

con la presente siamo lieti di sottoporre alla Vostra attenzione le principali novità in materia fiscale del mese, disponibili anche sul sito dello Studio www.e-ius.it.

Attività legislativa

Decreto “Aiuti-ter” convertito in L. n. 175 del 2022

Conversionein legge (L. n. 175/2022), con modificazioni, del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144 (Decreto “Aiuti-ter”), recante “Ulteriori misure urgenti in materia di politica energetica nazionale, produttività delle imprese, politiche sociali e per la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” (GU Serie Generale n. 269 del 17 novembre 2022).

Legge di bilancio 2023 approvata dal Consiglio dei ministri

Il Consiglio dei ministri ha approvato il D.D.L. recante il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023, il bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025 e l’aggiornamento del Documento programmatico di bilancio (la cd. Legge di Bilancio 2023).

Le principali misure introdotte:

“Caro energia”:

  1. Viene confermata l’eliminazione degli oneri impropri delle bollette;
  2. È stato rifinanziato fino al 30 marzo 2023 il credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale che per bar, ristoranti ed esercizi commerciali salirà dal 30% al 35% mentre per le imprese energivore e gasivore dal 40% al 45%.

Famiglia:

  1. Bonus sociale bollette: per le famiglie più fragili confermato e rafforzato il meccanismo che consente di ricevere il bonus sociale bollette, con un innalzamento della soglia Isee da 12.000 euro a 15.000 euro;
  2. Misure contro inflazione: riduzione dell’Iva dal 10 al 5% per i prodotti per l’infanzia e per l’igiene intima femminile e istituito un fondo di 500 milioni di euro destinato alla realizzazione di una “Carta Risparmio Spesa” per redditi bassi fino a 15mila gestita dai comuni e volta all’acquisto di beni di prima necessità;
  3. Assegno unico per le famiglie con 3 o più figli (610 milioni): maggiorato del 50% per il primo anno, e di un ulteriore 50% per le famiglie composte da 3 o più figli;
  4. Agevolazioni per acquisto prima casa: proroga per il 2023 delle agevolazioni per acquisto prima casa per i giovani under 36

Lavoro e imprese:

  1. Premi di produttività detassati: per i dipendenti aliquota al 5% per premi di produttività fino a 3.000 euro;
  2. Agevolazioni assunzioni a tempo indeterminato;
  3. Flat tax incrementale per i lavoratori al 15%;
  4. riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori del 2 per cento per i percettori di redditi fino a 35mila euro lordi annui e del 3 per cento per chi ha redditi fino a 20mila euro;
  5. Sospensione plastic e sugar tax;
  6. Fondo garanzia Pmi

Previdenza:

  1. Quota 103: schema di anticipo pensionistico per il 2023 che consente di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica;
  2. Prorogata per il 2023 Opzione donna con modifiche: in pensione a 58 con due figli o più, 59 con un figlio, 60 negli altri casi;
  3. Ape sociale per i lavori usuranti

Reddito di cittadinanza:

  1. Dal 1° gennaio 2023 alle persone tra 18 e 59 anni è riconosciuto il reddito nel limite massimo di 7/8 mensilità invece delle attuali 18 rinnovabili;
  2. previsto un periodo di almeno sei mesi di partecipazione a un corso di formazione o riqualificazione professionale, pena decadenza il beneficio del reddito;
  3. decade il reddito di cittadinanza anche nel caso in cui si rifiuti la prima offerta congrua.

Tetto al contante:

  1. Dal 1° gennaio 2023 la soglia per l’uso del contante salirà da 1.000 a 5.000 euro.

Decreto-legge “Aiuti-quater” pubblicato in Gazzetta Ufficiale

È stato pubblicato nella G.U. del 18 novembre 2022, n. 270, il Decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, recante “Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica”.

Tra le principali novità del decreto Aiuti-quater si segnalano:

  • ridefinizione di termini e percentuali per l’utilizzo del superbonus (art. 9, D.L. 18/11/2022, n. 176);
  • modifiche alle modalità di utilizzo della cessione dei crediti fiscali (art. 9 D.L. 18/11/2022, n. 176);
  • incremento a 3.000 euro della soglia di non imponibilità dei fringe benefit erogati ai dipendenti (art. 3, D.L. 18/11/2022, n. 176);
  • proroga al 31 dicembre 2022 della riduzione delle imposte su taluni prodotti energetici usati come carburanti (D.L. 20 ottobre 2022, n. 153, art. 4; D.L. n. 144/2022, art. 2; D.L. 18 novembre 2022, n. 176);
  • estensione anche al mese di dicembre 2022, nelle medesime misure, dei crediti di imposta riconosciuti dal decreto “aiuti-ter” alle imprese a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti per l’acquisito di energia elettrica e gas naturale (D.L. 18 novembre 2022, n. 176, art. 1);
  • esenzione da imposta di bollo per le domande di contributi, comunque denominati, destinati a favore di soggetti colpiti da eventi calamitosi o eccezionali oggetto di dichiarazione di stato di emergenza effettuato dalla competente autorità, per i quali vi sia un nesso di causalità con l’evento (art. 12, comma 3, D.L. n. 176/2022).

Novità in materia di Terzo Settore

Le novità per il terzo settore contenute nel decreto aiuti-quater.

Con il Decreto-legge n. 176/2022 (cd. Aiuti-quater) pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 18 novembre, il legislatore ha introdotto una serie di misure di sostegno volte a contrastare gli effetti della crisi energetica i rincari sui prezzi del carburante nonché la crescita dell’inflazione.

Più nello specifico, il D.l. Aiuti quater è intervenuto a modificare l’art. 8 dell’Aiuti ter, da un lato, incrementando i fondi previsti rispettivamente nel comma 1 e 2, e dall’altro, ad ampliare la platea dei soggetti beneficiari che erogano servizi sociosanitari e socioassistenziali del contributo contro il caro energia.

L’articolo 8, comma 1 del Decreto aiuti-ter, così come modificato in sede di conversione, aveva infatti previsto un contributo straordinario in favore degli enti del Terzo settore (ETS) e religiosi che gestiscono servizi sociosanitari e socioassistenziali svolti in regime residenziale o semiresidenziale e rivolti a favore di persone con disabilità. Il fondo, istituito presso il Ministero dell’Economia e delle finanze, aveva una consistenza iniziale pari a 120 milioni di euro.

Con il Decreto aiuti-quater, il legislatore ha previsto un incremento di tale fondo che passa da 120 a 170 milioni di euro. Viene inoltre previsto che 50 dei 170 milioni messi a disposizione siano erogati unicamente a favore di ETS, associazioni, fondazioni ed ex IPAB che gestiscono servizi sociosanitari e socioassistenziali svolti in regime residenziale o semiresidenziale a favore di anziani. In questo caso, il contributo è riconosciuto in proporzione all’incremento dei costi sostenuti rispetto allo stesso periodo dell’anno 2021.

Per tutti gli altri ETS operanti in settori diversi da quello socioassistenziale, il legislatore ha previsto al successivo comma 2 dell’art.8 un contributo straordinario in proporzione alla differenza tra l’incremento dei costi sostenuti nel 2022 per la fruizione di energia e di gas naturale e i costi sostenuti nel 2021. Con l’aiuti quater la dotazione del Fondo passa da 50 a 100milioni di euro.

Per quanto concerne, invece, il mondo sportivo vengono stanziati ulteriori 10 milioni di euro per i contributi a fondo perduto di cui all’art.7, comma 1 del Decreto Aiuti-ter a favore associazioni e società sportive dilettantistiche, discipline sportive, enti di promozione sportiva e federazioni sportive nazionali che gestiscono impianti sportivi e piscine. Il decreto amplia infine l’ambito soggettivo di accesso al beneficio prevedendo l’erogazione di contributi anche a favore di Coni, Cip e Sport e salute Spa.

Slitta al 22 dicembre 2022 il termine per effettuare, senza applicazione di sanzioni o interessi, i versamenti tributari e contributivi (Iva, ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, imposte sui redditi, contributi previdenziali e assistenziali, premi per l’assicurazione obbligatoria), comprensivi delle addizionali regionali e comunali, dovuti dalle federazioni sportive nazionali, dagli enti di promozione sportiva e dalle associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche, con domicilio fiscale, sede legale od operativa in Italia e attive nell’ambito di competizioni sportive in corso di svolgimento, e già sospesi dalla legge di bilancio 2022.

Ulteriori modifiche riguardano, invece, il superbonus in tema di proroga sino al 2025. ONLUS, ODV e APS potranno fruire della detrazione del 110% per le sole spese sostenute entro il 31 dicembre 2022, per poi scendere rispettivamente del 90%, 70% e 65% per quelle rimaste a carico nel 2023, 2024 e 2025. Tali realtà però possono continuare a beneficiare della maxi-detrazione del 110% nel caso in cui per i lavori in corso, si sia in possesso di una Cila alla data del 25 novembre prossimo. Analoga agevolazione resta in piedi per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, per i quali sia stata presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo entro il 25 novembre.

I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sui compensi erogati ad agenti sportivi.

Con la risoluzione n. 69/E/2022 l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito al trattamento da riservare ai compensi erogati ad agenti sportivi.

La figura dell’agente sportivo, così come delineata dall’art. 3 del D.lgs. 37/2021, si caratterizza per la professionalizzazione della figura, giustificata dalle specifiche competenze richieste nonché dalla necessità di iscriversi in un apposito albo tenuto presso il CONI al fine di operare in tale settore.

L’Agenzia ritiene, dunque, di dover inquadrare i compensi corrisposti agli agenti sportivi nell’ambito dei redditi di lavoro autonomo (con conseguente necessità di assoggettare le somme a ritenuta alla fonte) e non, come prospettato dall’associazione istante, nei redditi d’impresa.

Discorso diverso, invece, se l’agente sportivo esercita la propria attività in forma societaria. In tal caso, infatti, tali compensi potranno rientrare tra quelli derivanti da reddito di impresa senza la necessità di doverli assoggettare a ritenuta. Orientamento questo confermato anche dalla stessa Agenzia delle Entrate (risoluzione 35/E del 2018).

Pubblicato il decreto interministeriale in materia di obbligo assicurativo per i lavoratori sportivi

Con il decreto interministeriale emanato dal Ministero del Lavoro e dal Ministero dell’Economia sono stati forniti chiarimenti in merito al trattamento assicurativo da riservare ai lavoratori sportivi.

Nel decreto vengono, infatti, individuati i riferimenti tariffari da seguire per la determinazione del premio assicurativo. Più nel dettaglio, l’attività di atleti, allenatori, direttori tecnico sportivi, preparatori atletici e direttori di gara è classificata alla voce 0590 della gestione Industria delle tariffe dei premi, approvate con il decreto interministeriale 27 febbraio 2019 mentre l’attività degli istruttori sportivi è invece classificata alla voce 0610 della gestione Industria delle tariffe dei premi.

In virtù di tale scelta, il decreto dispone inoltre che la voce 0590 della suddetta gestione cambierà declaratoria in “attività dei lavoratori sportivi”.

Viene infine chiarito che l’obbligo assicurativo di cui all’art. 34 del D.lgs. 36/2021 avrà decorrenza a partire dal 1° gennaio 2023.

Decorsi i termini per verificare la sussistenza dei requisiti per l’iscrizione di APS e ODV al RUNTS

Con un comunicato pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro, viene data evidenzia del fatto che sono c scaduti i termini di cui al DM 106/2020 entro cui gli uffici del RUNTS hanno avuto modo di verificare la sussistenza dei requisiti per l’iscrizione al Registro di APS e ODV coinvolte nel procedimento di trasmigrazione automatica dai precedenti registri.

La scadenza del suddetto termine decorso lo scorso 7 novembre, comporta dunque che sono automaticamente iscritte al RUNTS tutte quelle realtà nei confronti delle quali l’ufficio del RUNTS non abbia adottato un provvedimento espresso, in applicazione del principio generale del silenzio-assenso ex art. 20 della L. 241/1990.

L’avvenuta iscrizione sarà comunicata agli enti tramite l’indirizzo mail o PEC risultante dai dati in possesso dell’ufficio.

Novità in materia di contenzioso

Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 15 novembre 2022, n. 33568

Secondo quanto statuito dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 33568 del 2022, il principio di inerenza dei costi deducibili, esprimendo una concreta correlazione tra costi e attività d’impresa, si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde da valutazioni di natura quantitativa.

Tuttavia, l’antieconomicità di un costo (intesa come sproporzione fra la spesa e l’utilità che ne deriva, avuto riguardo agli ulteriori dati contabili dell’impresa) può fungere da elemento sintomatico del difetto di inerenza.

Dunque, ove il contribuente indichi i fatti che consentano di ricondurre il costo all’attività d’impresa, l’Amministrazione è tenuta a dimostrare, anche con ricorso ad indizi (purché provvisti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza), gli ulteriori elementi addotti in senso contrario, evidenziando l’inattendibilità della condotta del contribuente.

Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 16 novembre 2022, n. 33832

Per consolidato orientamento della Suprema Corte, la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente.

La stessa sentenza, invece, non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto relativi a tributi differenti e a diverse annualità.

Ne consegue che ove il giudicato esterno investa una situazione di fatto, come la residenza (che può cambiare nel tempo, e che quindi va accertata anno per anno in relazione al periodo di imposta contestato) le sentenze che abbiano annullato gli accertamenti su alcune annualità, sulla scorta dell’assenza del requisito della residenza in Italia del contribuente, benché passate in giudicato, non possono fare stato rispetto ad altri periodi di imposta.

Cass. civ., Sez. VI – 5, Ordinanza, 16 novembre 2022, n. 33702

Il subappalto è un contratto derivato, in quanto con esso l’appaltatore incarica un terzo (subappaltatore) di eseguire, in tutto o in parte, l’opera o il servizio che egli ha assunto. Ne consegue che, in genere, al contratto “derivato” si applica la stessa disciplina del contratto base, ad esclusione di quelle disposizioni che fanno eccezione alla regola e che concedono particolari benefici.

Dunque, anche tale tipologia contrattuale deve ritenersi a forma libera, non ostando in senso contrario la necessità, imposta dall’art. 1656 c.c.., dell’autorizzazione (o della successiva adesione) del committente. Questa autorizzazione (o adesione), infatti:

Nonostante tale autorizzazione, dunque, il subappalto resta un rapporto obbligatorio intercorrente tra appaltatore e subappaltatore, al quale il committente è estraneo, non acquistando diritti né assumendo obblighi verso il subappaltatore.

Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 17 novembre 2022, n. 33978

In tema di accertamento delle imposte dirette, la Suprema Corte afferma che, nelle società di capitali a ristretta base partecipativa, in caso di accertamento di utili non contabilizzati (c.d. utili “in nero”) a carico della società, opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria, il cui onere incombe sul contribuente.

Cass. civ., Sez. VI – 5, Ordinanza, 21 novembre 2022, n. 34151

Secondo quanto statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 34151 del 2022, l’omessa comunicazione preventiva all’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) costituisce una causa ostativa alla concessione delle agevolazioni relative agli interventi di riqualificazione energetica (agevolazioni previste dall’art. 1, commi 344 e seguenti, della legge n. 296/2006).

L’assolvimento di detto onere, infatti, costituisce adempimento inderogabile per ottenere l’agevolazione stessa in ragione del doveroso onere del contribuente di osservare una diligenza media, adeguata al compimento della richiesta in questione.

Sempre secondo quando disposto dalla Suprema Corte, il riconoscimento dell’agevolazione oltre i confini tracciati dalle norme costituirebbe una illegittima deroga ai principi di certezza giuridica e di capacità contributiva, in quanto le norme che prevedono agevolazioni fiscali sono “di stretta interpretazione”.

Cass. Civ., Sez. VI – 5, Ordinanza, 22 novembre 2022, n. 34273

A seguito dell’estinzione della società, le sanzioni amministrative a carico di quest’ultima per la violazione di norme tributarie non sono trasmissibili ai soci ed al liquidatore.

Trova infatti applicazione l’art. 8 del D.lgs. n. 472/1997, che sancisce l’intrasmissibilità delle stesse agli eredi, in armonia:

Novità per le imprese

INDUSTRIA 4.0 E ALTRI INCENTIVI ALLE IMPRESE


Accordi per l’innovazione – Domande dal 31 gennaio 2023

Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha destinato 500 milioni di euro, a valere sul Fondo nazionale complementare al PNRR, al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo nell’ambito del secondo sportello dedicato agli Accordi per l’innovazione, la cui apertura è prevista il 31 gennaio 2023.

Con decreto direttoriale 14 novembre 2022 sono stati stabiliti i termini e le modalità per la presentazione delle domande di agevolazione. Dalle ore 10.00 del giorno 31 gennaio 2023 le imprese possono presentare, anche in forma congiunta, le domande di agevolazione per progetti riguardanti attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale d’importo superiore a 5 milioni di euro.

La procedura di compilazione della domanda di agevolazione e della ulteriore documentazione allegata è resa disponibile nel sito internet del Soggetto gestore a partire dal 17 gennaio 2023.

Possono beneficiare delle agevolazioni le imprese di qualsiasi dimensione, con almeno due bilanci approvati, che esercitano attività industriali, agroindustriali, artigiane o di servizi all’industria (attività di cui all’art. 2195 del codice civile, numeri 1, 3 e 5) nonché attività di ricerca.

Le imprese proponenti possono presentare progetti anche in forma congiunta tra loro, fino a un massimo di cinque soggetti co-proponenti. Possono essere soggetti co-proponenti di un progetto congiunto anche gli Organismi di ricerca e, limitatamente ai progetti afferenti alle linee di intervento “Sistemi alimentari”, “Sistemi di bioinnovazione nella bioeconomia dell’Unione” e “Sistemi circolari”, anche le imprese agricole che esercitano le attività di cui all’art. 2135 c.c.

Un soggetto proponente può presentare una sola domanda di agevolazione in qualità di singolo proponente o in qualità di soggetto capofila di un progetto congiunto.

Il finanziamento ha ad oggetto progetti riguardanti attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale finalizzate alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi o al notevole miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti, tramite lo sviluppo delle tecnologie abilitanti fondamentali (KETs) nell’ambito delle aree di intervento riconducibili al secondo Pilastro del Programma quadro di ricerca e innovazione “Orizzonte Europa”, di cui al Regolamento (UE) 2021/695 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 aprile 2021 e, in particolare, tecnologie di fabbricazione, tecnologie digitali fondamentali, comprese le tecnologie quantistiche, tecnologie abilitanti emergenti, materiali avanzati, intelligenza artificiale e robotica, industrie circolari, industria pulita a basse emissioni di carbonio, malattie rare e non trasmissibili, impianti industriali nella transizione energetica, competitività industriale nel settore dei trasporti, mobilità e trasporti puliti, sicuri e accessibili, mobilità intelligente, stoccaggio dell’energia, sistemi alimentari, sistemi di bioinnovazione nella bioeconomia dell’Unione e sistemi circolari.

I progetti di ricerca e sviluppo devono prevedere spese e costi ammissibili non inferiori a 5 milioni di euro, avere una durata non superiore a 36 mesi ed essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di agevolazioni al Ministero.

Le agevolazioni sono concesse nella forma del contributo diretto alla spesa e, eventualmente, del finanziamento agevolato a valere sulle risorse messe a disposizione dalle amministrazioni sottoscrittrici dell’Accordo per l’innovazione, nel rispetto dei seguenti limiti e criteri:

Nel caso in cui il progetto sia realizzato in forma congiunta attraverso una collaborazione effettiva tra almeno una impresa e uno o più Organismi di ricerca, il Ministero riconosce a ciascuno dei soggetti proponenti, nel limite dell’intensità massima di aiuto stabilita dall’articolo 25, paragrafo 6, del regolamento (UE) 651/2014, una maggiorazione del contributo diretto fino a 10 punti percentuali per le piccole e medie imprese e gli Organismi di ricerca e fino a 5 punti percentuali per le grandi imprese.

Fermo restando l’ammontare massimo delle agevolazioni, le regioni e le altre amministrazioni pubbliche possono cofinanziare l’Accordo per l’innovazione mettendo a disposizione le risorse finanziarie necessarie alla concessione di un contributo diretto alla spesa ovvero, in alternativa, di un finanziamento agevolato, per una percentuale almeno pari al 5% dei costi e delle spese ammissibili complessivi.

Contributi a fondo perduto a ristoranti, bar, piscine, catering e organizzazione di eventi – Domande dal 22 novembre al 6 dicembre 2022

Da martedì 22 novembre, e fino al 6 dicembre i titolari di ristoranti, bar, piscine, attività di catering e organizzazione di eventi che hanno subito danni economici a causa dell’emergenza Covid potranno richiedere i contributi a fondo perduto presentando domanda online all’Agenzia delle entrate.

La misura, introdotta dal decreto “Sostegni-bis”, prevede lo stanziamento di 40 milioni di euro per il 2022 che saranno ripartiti, secondo la modalità fissata dal decreto interministeriale del 19 agosto 2022, nella misura del 70% a tutti i richiedenti che presenteranno istanza, per il 20% alle imprese con ricavi superiori a 400mila euro e per il 10% a quelle con ricavi superiori a 1 milione di euro.

Le imprese che possono accedere all’agevolazione sono individuate mediante i seguenti codici della classificazione delle attività economiche ATECO 2007:

Tra i requisiti di accesso è necessario che le imprese abbiano subito nel 2021 una riduzione dei ricavi non inferiore al 40% rispetto a quelli del 2019.

Per le imprese costituite nel 2020, invece, il meccanismo di quantificazione del danno è differente e terrà conto della riduzione del fatturato mensile del 2020 confrontato con quello del 2021.

Le modalità di presentazione delle domande sono indicate nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 18 novembre 2022.

Investimenti in Rinnovabili e Batterie – Domande dal 28 novembre 2022 al 28 febbraio 2023

A partire dalle ore 12 di lunedì 28 novembre e fino alle ore 17 del 28 febbraio 2023 le imprese potranno presentare domanda per gli investimenti nei settori delle rinnovabili e delle batterie attraverso lo strumento dei Contratti di sviluppo.

 Le risorse a disposizione, stanziate nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), sono pari a circa 360 milioni di euro.

 Saranno finanziati programmi di sviluppo relativi ai seguenti ambiti:

I Contratti di sviluppo sostengono programmi di investimento di grandi dimensioni, che possono essere realizzati da una o più imprese, anche in forma congiunta.

 Le domande di agevolazione dovranno essere presentate a Invitalia, soggetto gestore della misura, entro il 28 febbraio 2023.

Credito d’imposta per la riqualificazione e il miglioramento delle strutture ricettive turistico-alberghiere, agrituristiche, termali e all’aria aperta – Istituito il codice tributo per l’utilizzo in compensazione

Con la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 23.11.2022 n. 70 è stato istituito il codice tributo “6991” per l’utilizzo in compensazione, tramite il modello F24, del credito d’imposta per la riqualificazione e il miglioramento delle strutture ricettive turistico-alberghiere, agrituristiche, termali e all’aria aperta di cui all’art. 79 del DL 104/2020 e al DM 17.3.2022.

In sede di compilazione del modello di pagamento F24:

L’Agenzia delle Entrate, in fase di elaborazione dei modelli F24 presentati, verifica che i contribuenti siano presenti nell’elenco dei beneficiari trasmesso dal Ministero del Turismo e che l’ammontare del credito d’imposta utilizzato in compensazione non ecceda l’importo indicato in tale elenco, pena lo scarto del modello F24.

Bilancio di esercizio


Informativa ESG (Environmental, Social and Governance) – Approvata la direttiva sulla comunicazione societaria sulla sostenibilità

Con l’approvazione, avvenuta lo scorso 10 novembre da parte del Parlamento europeo, delle nuove regole sul reporting di sostenibilità (Corporate sustainability reporting directive o Csrd), l’Unione Europea ha esteso l’obbligo di rendicontazione, con l’obiettivo è quello di aumentare la trasparenza in materia ambientale, sociale e di governance.

Con la nuova direttiva, si amplia il perimetro di rendicontazione con l’introduzione del c.d. principio di doppia materialità, che impone sia la rappresentazione dell’impatto delle attività aziendali sull’ambiente e la società che sia quella degli effetti dei fattori di sostenibilità (ESG) sulla situazione economica e finanziaria dell’impresa. Si evidenzia, inoltre, come l’informativa dovrà essere assoggettata a un controllo e a una certificazione indipendenti al fine di garantire l’affidabilità dei dati.

Il Consiglio dovrebbe adottare la proposta il prossimo 28 novembre; la direttiva entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, mentre le regole avranno un’applicazione progressiva dal 2024 al 2028.

Novità in materia di welfare aziendale

Decreto Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 20 ottobre 2022: esonero contributivo e certificazione di parità di genere parità di genere

Con il comunicato stampa del 28 novembre, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha reso noto il D.M. 20 ottobre 2022 che disciplina i criteri e le modalità di fruizione dell’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali per i datori di lavoro del settore privato che conseguano la certificazione della parità di genere.

In particolare, l’art. 5, l. n. 162/2021 ha previsto, a decorrere dall’anno 2022, un esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro che consegua la certificazione menzionata, determinato in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per datore di lavoro.

La certificazione di parità di genere è stata istituita dal 1° gennaio 2022 al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.

Il Decreto, adottato il 20 ottobre 2022 dal Ministro del Lavoro, di concerto con i Ministri per le Pari Opportunità e la Famiglia e dell’Economia e delle Finanze, definisce criteri e modalità di concessione di tali esoneri e stabilisce che per essere ammessi all’esonero i datori di lavoro in possesso della certificazione devono presentare apposita domanda telematica all’INPS, con l’indicazione dei dati precisati al comma 2 dell’art. 3 del decreto. L’Istituto dovrà specificare i termini e le modalità di inoltro delle domande.

I datori di lavoro saranno autorizzati dall’INPS alla fruizione dell’esonero nella misura dell’1% dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, fermo restando il limite massimo di 50.000 euro annui e l’eventuale riduzione proporzionale del beneficio nel caso in cui le risorse siano insufficienti rispetto al numero delle domande che risultino ammissibili.

Il beneficio, parametrato su base mensile, è fruito dai datori di lavoro in riduzione dei contributi previdenziali a loro carico e in relazione alle mensilità di validità della certificazione della parità di genere. Pertanto, in caso di revoca della certificazione, i datori di lavoro devono darne tempestiva comunicazione sia all’INPS sia al Dipartimento per le Pari opportunità.

Si ricorda che la fruizione dell’esonero è subordinata al rispetto delle condizioni di cui all’art. 1, comma 1175, L. n. 296/2006 (quindi il possesso del DURC e il rispetto degli altri obblighi di legge e degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale), nonché all’assenza di provvedimenti di sospensione dei benefici contributivi adottati dall’Ispettorato nazionale del lavoro ai sensi dell’art. 46, comma 4, D.Lgs. n. 198/2006.

Oltre all’esonero contributivo, il decreto prevede poi che gli interventi volti al sostegno e al riconoscimento del valore sociale ed economico della parità salariale di genere e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro nonché al sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro siano coperti dal Fondo per il sostegno della parità salariale di genere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nel limite di 2 milioni di euro annui, in attuazione dell’art. 1, comma 276, L. n. 178/2020 (come modificato dall’art. 1, comma 138, L. n. 234/2021 e in coerenza con gli interventi previsti dal PNRR in favore della parità di genere nel mondo del lavoro); per il 2022 viene previsto che per tali attività il Ministero del Lavoro si avvalga dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP) in accordo con il Dipartimento per le Pari opportunità e in coerenza rispetto al Piano strategico nazionale per la parità di genere.

Per tali interventi, a decorrere dall’anno 2022, si provvede mediante 2 milioni di euro a valere sul capitolo di spesa 2820 (Fondo per il sostegno della parità salariale di genere) dello stato di previsione della spesa del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

Nuovo differimento per l’adempimento delle comunicazioni di lavoro agile al 1° gennaio 2023

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con un avviso pubblicato sul sito istituzionale del 24 novembre 2022, ha differito dal 1° dicembre 2022 al 1° gennaio 2023 il termine per l’adempimento delle comunicazioni di lavoro agile secondo le modalità “ordinarie” definite dal D.M. n. 149/2022.

Si ricorda che con il D.M. menzionato è stato adottato il modello concernente le informazioni relative all’accordo di lavoro agile (art. 19, l. n. 81/2017) e sono state fornite le istruzioni circa le modalità telematiche di trasmissione dello stesso. Il modulo viene messo a disposizione dal Ministero del Lavoro attraverso il portale dei servizi on line, accessibile dai datori di lavoro tramite autenticazione SPID e CIE. In alternativa alla trasmissione tramite applicativo web, è disponibile una modalità di invio massivo delle comunicazioni attraverso i servizi Api Rest, utili soprattutto in caso di una elevata numerosità di periodi di lavoro agile da comunicare. L’attivazione della modalità massiva Rest richiede che il datore di lavoro o il soggetto abilitato debbano inviare una richiesta di contatto tramite un form online disponibile nell’URP Online del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

La proroga per l’invio delle comunicazioni secondo le modalità “ordinarie” si è resa necessaria proprio in considerazione del ritardo della piena operatività dei servizi Api Rest, necessari ai fini dell’invio massivo delle comunicazioni, dal momento che tali servizi presuppongono il colloquio dei sistemi informatici con quelli del Ministero.

Il Ministero rende noto, inoltre, che dal 15 dicembre 2022 sarà resa disponibile una modalità alternativa per l’inoltro massivo delle comunicazioni di lavoro agile mediante l’applicativo informatico, che consentirà, tramite un file Excel, di assolvere ai predetti obblighi in modo più semplice e veloce.

Detassazione premi di produttività: report con i dati aggiornati al 15 novembre 2022

A seguito della pubblicazione del D.M. 25 marzo 2016, relativo alla detassazione delle agevolazioni fiscali di cui alla l. n. 208/2015, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha reso disponibile i dati in merito alla detassazione dei premi di risultato aggiornato al 15 novembre 2022.

Alla data del 15 novembre 2022, 13.038 depositi di conformità si riferiscono a contratti tuttora attivi; di questi, 11.266 sono riferiti a contratti aziendali e 1.772 a contratti territoriali.

Degli 13.038 contratti attivi, 10.342 si propongono di raggiungere obiettivi di produttività, 8.025 di redditività, 6.590 di qualità, mentre 1.549 prevedono un piano di partecipazione e 7.878 prevedono misure di welfare aziendale.

Per gli 13.038 depositi che si riferiscono a contratti tuttora attivi la distribuzione geografica, per ITL competente, è la seguente 73% Nord, 18% Centro, 9% al Sud. Per settore di attività economica abbiamo 58% Servizi, 41% Industria, 1% Agricoltura. Per dimensione aziendale otteniamo 44% con numero di dipendenti inferiore a 50, 40% con numero di dipendenti maggiore uguale di 100, 16% con numero di dipendenti compreso fra 50 e 99.

Analizzando i depositi che si riferiscono a contratti tuttora attivi abbiamo che il numero di Lavoratori Beneficiari indicato è pari a 3.775.278, di cui 2.861.210 riferiti a contratti aziendali e 914.068 a contratti territoriali.

Il valore annuo medio del premio risulta pari a 1.503,64 euro, di cui 1.653,04 euro riferiti a contratti aziendali e 771,92 euro a contratti territoriali.

A seguito della pubblicazione del Decreto Interministeriale 12 settembre 2017, è possibile indicare all’atto del deposito telematico dei contratti aziendali la decontribuzione per le misure di conciliazione dei tempi di vita e lavoro dei dipendenti.

Alla data del 15 Novembre 2022 sono stati depositati 5.515 contratti di cui 3.700 corrispondenti a depositi validi anche ai fini della detassazione e 1.815 corrispondenti a depositi validi solo ai fini della decontribuzione. 1.180 depositi si riferiscono a contratti tuttora “attivi”, di cui 699 corrispondenti a depositi validi anche ai fini della detassazione e 481 corrispondenti a depositi validi solo ai fini della decontribuzione.

A seguito della pubblicazione del Decreto Interministeriale 4 maggio 2018, è possibile indicare all’atto del deposito telematico dei contratti aziendali, l’incentivo fiscale con procedura automatica introdotto, nella forma di credito d’imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione, per talune spese di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal “Piano Nazionale Industria 4.0”.

Alla data del 15 Novembre 2022 sono stati depositati 4.383 contratti. Prendendo in considerazione la distribuzione geografica, per ITL competente, delle aziende che hanno depositato i 4.383 contratti, la percentuale maggiore, pari al 39% è concentrata al Nord, il 27% al Centro, il 34% al Sud dove emergono i dati della Campania che presenta il numero maggiore di contratti depositati su tutto il territorio nazionale. Relativamente al settore di attività economica, il maggior numero dei contratti depositati riguarda aziende operanti nel settore Servizi 61%, a seguire Industria 38% e Agricoltura con 1% contratti depositati.

L’articolo 14 del D.L.104/2020, cd. Decreto Agosto, recante misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia, disciplina la proroga delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi ed individuali per giustificato motivo oggettivo. Il co.3 dispone che le preclusioni e le sospensioni previste dall’articolo non si applichino, tra l’altro, nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A questi lavoratori viene comunque riconosciuto il trattamento di cui all’art.1 del D.Lgs.4.3.2015,n.22 (Naspi).

Alla data del 15 Novembre 2022 sono stati depositati 977 contratti. Prendendo in considerazione la distribuzione geografica, per ITL competente, delle aziende che hanno depositato i 977 contratti, la percentuale maggiore, pari al 60% è concentrata al Nord, il 24% al Centro, il 16% al Sud. Il numero maggiore di contratti depositati si registra in Lombardia. Riguardo al settore di attività economica, il maggior numero dei contratti depositati riguarda aziende operanti nel settore Servizi 54%, a seguire Industria 45% e Agricoltura con 1% contratti depositati.

Direttiva (UE) 2022/2041 del 19 ottobre 2022 sui salari minimi adeguati

È stata pubblicata in data 25 ottobre 2022 la Direttiva (UE) 2022/2041 del 19 ottobre 2022 sui salari minimi adeguati. L’iter di approvazione era giunto a conclusone lo scorso 4 ottobre. Iniziato nel gennaio del 2020 con un percorso di consultazioni che ha visto protagoniste le parti sociali a livello europeo (v. D. Porcheddu, La proposta di un salario minimo: le possibili iniziative comunitarie e le posizioni delle parti sociali europee, in Bollettino ADAPT, 21 settembre 2020, n. 34), proseguito con la presentazione da parte della Commissione Europea il 28 ottobre del 2020 di una proposta di direttiva e successivamente con negoziazioni tra il Consiglio e il Parlamento europeo per raggiungere l’accordo su una posizione comune, infine si è concluso con l’adozione della posizione del Parlamento europeo del 14 settembre 2022 e la decisione del Consiglio del 4 ottobre 2022.

L’obiettivo della direttiva è di promuovere e creare condizioni favorevoli al fine di garantire ai lavoratori degli Stati Membri una retribuzione minima adeguata, che può essere assicurata mediante contratto collettivo oppure per legge. Con questo fine, sono stabilite procedure per l’adeguatezza dei salari minimi legali, per la promozione della contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari e per migliorare l’effettività dell’applicazione dei salari minimi, indipendentemente dalla modalità della loro fissazione, legale o contrattuale.

Rispetto alla prima versione della direttiva proposta dalla Commissione europea, il testo definitivo parifica le due modalità per garantire l’adeguatezza dei salari minimi. Inoltre, evidenzia l’autonomia delle parti sociali, nonché il loro diritto a negoziare e concludere contratti collettivi, così come sottolinea che la direttiva non prevede obblighi di introduzione di un salario minimo legale o di dichiarare un contratto collettivo applicabile erga omnes.

A prescindere dalla modalità di determinazione delle retribuzioni minime adeguate, la direttiva promuove (art. 4) la contrattazione collettiva, in particolare a livello settoriale o intersettoriale, con riferimento alla determinazione dei salari, per estenderne il tasso di copertura, poiché si ritiene che sia «un fattore essenziale per conseguire una tutela garantita dai salari minimi» (v. considerando 16 della direttiva), avendo verificato che dove è presente una elevata copertura della contrattazione collettiva è tendenzialmente limitata la quota di lavoratori a basso salario, oltre a rilevarsi salari minimi elevati rispetto al salario medio.

In particolare, gli Stati membri con un tasso di copertura della contrattazione collettiva inferiore all’80% devono prevedere condizioni favorevoli alla contrattazione collettiva, anche attraverso la definizione di un piano d’azione per promuovere la contrattazione collettiva e incrementare progressivamente il tasso di copertura.

Tuttavia, non solo ogni iniziativa sul tema deve essere presa previa consultazione delle parti sociali o mediante un accordo con le stesse o tra le stesse, ma si specifica che la soglia dell’80% della copertura della contrattazione collettiva deve essere considerata solo come un indicatore per l’obbligo di elaborare un piano d’azione, senza che tale soglia debba essere poi obbligatoriamente raggiunta dagli Stati membri, dal momento in cui l’autonomia collettiva esclude la possibilità di obbligare le parti sociali a concludere contratti collettivi (considerando 25).

Il Capo II della direttiva è dedicato ai salari minimi legali e rivolto agli Stati membri che hanno adottato tale strumento. In particolare, si prevede la definizione di una procedura per fissare e aggiornare i salari minimi legali (con il coinvolgimento delle parti sociali, art. 7) per garantire nel tempo la loro adeguatezza e si individuano come valori di riferimento indicativi, quelli comunemente utilizzati a livello internazionale: il 60 % del salario lordo mediano e il 50% del salario lordo medio.

Messaggio INPS messaggio n. 4135 del 2022: sgravio contratti di solidarietà da fruire entro febbraio

L’INPS, con il messaggio n. 4135 del 16 novembre 2022, è intervenuto con riferimento alla riduzione contributiva collegata ai contratti di solidarietà, prevista dall’art. 6, comma 4, D.L. n. 510/1996, fornendo le istruzioni operative per consentire ai datori di lavoro autorizzati la fruizione relativa ai periodi di CIGS per solidarietà conclusi entro il 31 marzo 2022.

Lo sgravio è pari al 35% della contribuzione a carico del datore di lavoro, dovuta sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori interessati alla riduzione di orario in misura superiore al 20%, ed è riconosciuto per la durata del contratto di solidarietà (per un periodo, comunque, non superiore a 24 mesi nel quinquennio mobile).

Le imprese interessate – destinatarie dei decreti direttoriali di ammissione ed indicate in un apposito elenco allegato al messaggio in parola – usufruiranno delle riduzioni contributive mediante le operazioni di conguaglio.

L’INPS afferma che, in riferimento all’effettiva misura della riduzione contributiva da conguagliare, gli importi contenuti nei decreti direttoriali e comunicati alle imprese interessate costituiscono la misura massima dell’agevolazione fruibile.

Fermo il menzionato limite massimo, potranno essere conguagliate solo le somme effettivamente spettanti, calcolate sulla base delle indicazioni fornite in precedenza dal medesimo Istituto previdenziale con la Circ. n. 55/2022. In pratica, la riduzione contributiva deve essere applicata sui contributi versati per ciascun dipendente interessato dall’abbattimento dell’orario di lavoro, come stabilito nel contratto di solidarietà.

Il beneficio della riduzione contributiva deve essere rapportato a ciascun periodo di paga ricompreso nell’arco temporale di autorizzazione alla fruizione del beneficio stesso.

Considerato che l’obbligazione contributiva sorge alla scadenza del periodo di paga, le riduzioni contributive sono applicabili nel periodo cui si riferisce la denuncia contributiva, in relazione all’orario di lavoro effettuato da ogni lavoratore. Conseguentemente, per ogni mese i datori di lavoro hanno diritto alla riduzione del 35% sulla parte dei contributi a loro carico per ogni lavoratore che, in detto mese, abbia un orario ridotto in misura superiore al 20% rispetto a quello contrattuale.

Non sono soggetti alla riduzione contributiva in argomento il contributo previsto dall’art. 25, comma 4, L. n. 845/1978, in misura pari allo 0,30% della retribuzione imponibile, nonché il contributo di solidarietà sui versamenti destinati alla previdenza complementare e/o ai fondi di assistenza sanitaria di cui al D.L. n. 103/1991.

Non è altresì ricompreso il contributo di solidarietà per i lavoratori dello spettacolo di cui all’art. 1, commi 8 e 14, D.Lgs. n. 182/1997.

L’applicazione del beneficio in parola rimane subordinata al rispetto delle condizioni previste dall’art. 1, comma 1175, L. n. 296/2006 (Legge finanziaria 2007), in materia di regolarità contributiva e di rispetto della parte economica degli accordi e contratti collettivi.

Operativamente, la procedura per il conseguimento dello sgravio in oggetto deve essere attivata su iniziativa del datore di lavoro, esponendo nel flusso UniEmens le quote di sgravio spettanti per il periodo autorizzato. Le operazioni di conguaglio dovranno essere effettuate entro il giorno 16 del terzo mese successivo a quello di pubblicazione del messaggio n. 4135/2022 (ossia il 16 febbraio 2023).

Risposta a interpello n. 579 del 2022: buoni corrispettivo multiuso e irrilevanza dell’acquisto ai fini dell’esterometro

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta a interpello n. 579 del 30 novembre 2022, ha fornito indicazioni in tema di buoni corrispettivo multiuso e irrilevanza dell’acquisto ai fini dell’esterometro.

Il caso sottoposto all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria ha riguardato una società che, operando nel settore del welfare aziendale, è solita effettuare, da fornitori esteri, acquisti qualificabili come buoni corrispettivo “multiuso”, ai sensi dell’art. 6-quater, D.P.R. n. 633/1972, quali ad esempio cofanetti regalo (smart box), rivenduti sulla base di un mandato senza rappresentanza ai clienti che hanno attivato piani di welfare aziendale per i propri dipendenti.

Secondo l’Istante, le operazioni in esame non costituiscono né operazioni di cessione di beni, né prestazioni di servizi; gli acquisti di smart box costituiscono dei buoni corrispettivo multiuso, e il loro successivo trasferimento sul territorio nazionale è assimilabile a quelli di denaro o di crediti in denaro, sino a quando il buono non viene riscattato. Pertanto, si potrebbe ritenere che i dati di tali acquisti da soggetti esteri non siano soggetti all’obbligo di comunicazione ai fini dell’esterometro, di cui dall’art. 1, comma 3-bis, D.Lgs. n. 127/2015, come sostituito dall’art. 12, comma 1, D.L. n. 73/2022.

L’Amministrazione finanziaria, facendo riferimento alla Circolare n. 26/E del 13 luglio 2022, afferma di aver già chiarito che l’evoluzione normativa del cd. “esterometro” dimostra come la ratio dell’adempimento dell’obbligo comunicativo non sia il mero controllo delle operazioni rilevanti ai fini IVA effettuate tra soggetti passivi, ma nel monitoraggio di tutte quelle in cui una delle parti è “estera”.

Infatti, ai fini dell’adempimento dell’obbligo comunicativo, (i) è rilevante solo la circostanza che il soggetto non sia stabilito in Italia, indipendentemente dalla natura dello stesso; (ii) non è significativo il fatto che l’operazione sia o meno rilevante, ai fini IVA, nel territorio nazionale.

L’Amministrazione finanziaria afferma, altresì, che, alla luce delle modifiche in ultimo recate dall’art. 12 D.L. n. 73/2022, gli acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia (ai sensi degli artt. da 7 a 7­octies D.P.R. n. 633/1972) costituiscono oggetto di comunicazione solo quando di importo superiore ad euro 5.000 (ammontare che, in assenza di specificazioni da parte del legislatore, si ritiene comprensivo dell’eventuale imposta).

Seppure l’assenza di rilevanza territoriale dell’operazione non costituisca elemento escludente ai fini dell’esterometro (salvo si tratti di acquisti di valore inferiore a 5.000 euro), un’operazione deve comunque sussistere. È necessario, quindi, essere in presenza di una cessione di beni o di una prestazione di servizi (di cui sia parte un soggetto passivo d’imposta residente o stabilito in Italia).

Il mero trasferimento di buoni corrispettivo multiuso precedente al suo utilizzo, ossia alla sua accettazione come corrispettivo o parziale corrispettivo della cessione dei beni o della prestazione dei servizi a cui il buono dà diritto, non costituisce effettuazione di detta cessione o prestazione, così come disposto dall’art. 6-quater, comma 2, D.P.R. n. 633/72.

Il mero trasferimento (acquisto, nel caso di specie) del buono multiuso non costituisce, al pari di una cessione di denaro o di crediti in denaro ex art. 2, comma 3, lett. a), D.P.R. n. 633/1972, un’operazione oggettivamente rilevante ai fini IVA.

Non sussiste, pertanto, per gli acquisti di buoni corrispettivo multiuso effettuati presso fornitori non stabiliti in Italia, l’obbligo di comunicazione ai fini dell’esterometro.

Sentenza Corte Costituzionale n. 234 del 24 novembre 2022: legittima l’incumulabilità differenziata per la pensione Quota 100

Con la sentenza n. 234, depositata il 24 novembre 2022, la Corte Costituzionale è intervenuta in merito alla disciplina dell’anticipo pensionistico “Quota 100”, dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Trento con riferimento all’art. 14, comma 3, D.L. n. 4/2019. Secondo il Giudice trentino, la disposizione menzionata avrebbe violato l’art. 3, comma 1, Cost laddove prevede la non cumulabilità della pensione anticipata “Quota 100” con i redditi da lavoro, fatta eccezione per quelli da lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5.000 euro lordi annui..

Il caso in esame ha riguardato un pensionato in Quota 100 a far data dal 1° maggio 2019 che, in seguito, ha svolto prestazioni di lavoro di tipo intermittente senza obbligo di disponibilità, percependo redditi per complessivi 1.472,47 euro lordi. In conseguenza di ciò, l’INPS, dando esecuzione al divieto assoluto di cumulo della pensione anticipata Quota 100 con redditi da lavoro dipendente, di cui all’art. 14, comma 3, D.L. n. 4/2019, ha chiesto il rimborso dei ratei di pensione erogati da maggio 2019 ad agosto 2020 e non ha più corrisposto quelli da settembre a dicembre 2020.

Nel sottoporre la questione di legittimità alla Consulta per violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., il Tribunale di Trento, da un lato, ha ritenuto non giustificato il trattamento differenziato del divieto di cumulo a seconda che i redditi percepiti dal pensionato derivassero da attività di lavoro dipendente o di lavoro autonomo occasionale e, in seconda battuta, ha dubitato che il lavoro intermittente senza obbligo di rispondere alla chiamata potesse essere ricondotto nell’alveo del lavoro subordinato, in ragione della natura flessibile della prestazione richiesta.

Nel ritenere infondata la questione di legittimità costituzionale, la Consulta ha osservato che la comparazione proposta dal rimettente, fra redditi da lavoro autonomo occasionale entro la soglia di 5.000 euro lordi annui e redditi da lavoro intermittente, non ha fondamento, poiché non sono omogenee le situazioni poste a raffronto.

In primo luogo, il lavoro intermittente va ricondotto all’ampia categoria del lavoro flessibile, puntualmente normato con il D.Lgs. n. 81/2015. In particolare, sia la disposizione che consente al lavoratore di non obbligarsi a rispondere alla chiamata del datore di lavoro (art. 13, D.Lgs. n. 81/2015), come nella fattispecie oggetto del giudizio principale, sia quella in cui è prevista la corresponsione di un’indennità, commisurata alla retribuzione, che compensa i tempi di attesa di quanti optano per una disponibilità costante (art. 16, D.Lgs. n. 81/2015), costituiscono entrambe prestazioni di lavoro flessibile, che rispondono a esigenze organizzative del datore di lavoro.

Al contrario, l’eterodirezione è del tutto assente nel lavoro autonomo occasionale. Quest’ultimo costituisce, infatti, un’area residuale del lavoro autonomo (art. 2222 c.c.) e l’occasionalità caratterizza una prestazione non abituale, sottratta a qualunque vincolo di subordinazione. Tale differenza tra le tipologie di attività si riflette coerentemente sulla diversa disciplina del divieto di cumulo.

Inoltre, mentre al lavoro intermittente, proprio perché subordinato, si accompagna l’obbligo di contribuzione, così non accade per il lavoro autonomo occasionale produttivo di redditi entro la soglia dei 5.000 euro lordi annui (art. 44, comma 2, D.L. n. 269/2003).

In ragione della diversità delle situazioni lavorative poste a raffronto, la Consulta ha escluso che sia costituzionalmente illegittimo il difforme trattamento riservato, ai fini del divieto di cumulo con la pensione anticipata a “Quota 100”, ai redditi da esse derivanti. L’assenza di omogeneità fra le prestazioni di lavoro in esame ha portato i Giudici costituzionali alla conclusione che non risulta violato il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

La Corte Costituzionale ha osservato, inoltre, che la prevista sospensione del trattamento di quiescenza in caso di violazione del divieto di cumulo è rivolta a garantire un’effettiva uscita del pensionato che ha raggiunto la cosiddetta Quota 100 dal mercato del lavoro, anche al fine di creare nuova occupazione e favorire il ricambio generazionale, all’interno di un sistema previdenziale sostenibile.

Nel regime ora descritto, la percezione da parte del pensionato di redditi da lavoro, qualunque ne sia l’entità, costituisce elemento fattuale che contraddice il presupposto richiesto dal Legislatore per usufruire di tale favorevole trattamento pensionistico anticipato e mette a rischio l’obiettivo occupazionale.

Anche in questa prospettiva, l’assenza di omogeneità fra le situazioni lavorative poste a raffronto dal rimettente risulta decisiva per escludere la fondatezza della questione.

Il lavoro autonomo occasionale, per la sua natura residuale, non incide in modo diretto e significativo sulle dinamiche occupazionali, né su quelle previdenziali e si differenzia per questo dal lavoro subordinato, sia pure nella modalità flessibile del lavoro intermittente.

Sentenza Corte di Cassazione n. 43238 del 2022: omesso versamento di ritenute dovute o certificate, Modello 770 e altri elementi di prova

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43238 del 15 novembre 2022, applicando per la prima volta i principi espressi dalla Corte Costituzionale nella pronuncia n. 175 del 2022, ha stabilito che il reato di omesso versamento delle ritenute dovute o certificate, di cui all’art. 10-bis, D.Lgs. n. 74/2000, si perfeziona solo se l’omesso versamento risulti, oltreché dal Modello 770, anche da altri elementi. Grava, infatti, sul Pubblico Ministero l’onere di ricercare, al fine del raggiungimento della prova richiesta per la configurabilità della fattispecie, elementi ulteriori e diversi, orali, come, ad esempio, le dichiarazioni dei sostituiti, o documentali, rispetto alla sola dichiarazione.

L’art. 10-bis, D.Lgs. n. 74/2000 – nella versione precedente alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 158 del 2015 – puniva chiunque non versava, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per importi superiori a 50.000 euro per ciascun periodo di imposta.

La fattispecie di reato ha subito delle rilevanti modifiche a seguito del D.Lgs. n. 158 del 2015, il quale non solo ha innalzato la soglia di punibilità da 50.000 a 150.000 euro, ma ha, altresì, previsto che l’omesso versamento delle ritenute potesse risultare anche dalla dichiarazione del sostituto d’imposta (Modello 770), oltreché dalle certificazioni.

Ne è derivato che, a partire dall’entrata in vigore delle modifiche, per provare la commissione del reato, non sono state più necessarie le certificazioni rilasciate al sostituito, ma è stato sufficiente l’indicazione nel Modello 770 dell’importo poi non versato.

In realtà, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 175 del 14 luglio 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del menzionato art. 10-bis. La Consulta ha rilevato che il Legislatore delegato aveva, di fatto, introdotto nell’art. 10-bis una nuova fattispecie penale, ovvero l’omesso versamento di ritenute dovute sulla base del Modello 770, affiancandola a quella già esistente di omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, senza, tuttavia, essere autorizzato dalla legge delega.

La riforma aveva previsto, come condotta penalmente perseguibile, ciò che prima costituiva un illecito amministrativo tributario: l’omesso versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione, per un ammontare superiore a una determinata soglia di punibilità.

Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale, è stato ripristinato il regime vigente prima del D.Lgs. n. 158 del 2015, secondo cui l’integrazione della fattispecie penale dell’art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000 richiede che il mancato versamento da parte del sostituto, per un importo superiore alla soglia di punibilità, risulti dalle ritenute certificate. Il reato si perfeziona solo se vi è stata l’acquisizione delle certificazioni rilasciate ai sostituiti.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha preso atto della pronuncia della Corte Costituzionale, annullando con rinvio la sentenza con cui la Corte di Appello aveva condannato il legale rappresentante di una s.r.l. per non aver versato le ritenute nell’anno 2015 per un importo di quasi 600.000 euro e aveva considerato il reato di cui all’art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000 consumato il 15 settembre 2016, termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta (Modello 770) relativo all’anno 2015.

Il Giudice di secondo grado è stato chiamato a verificare l’effettiva configurabilità del reato utilizzando i principi interpretativi affermati dalla Corte Costituzionale, la quale ha sostanzialmente “sterilizzato” la modifica della norma incriminatrice introdotta con il D.Lgs. n. 158/2015, che, come ricordato, aveva previsto la possibilità di ricavare la prova dell’avvenuta consumazione del reato anche sulla base di quanto fosse risultato dal Modello 770.

In particolare, secondo i Giudici di legittimità, deve nuovamente essere tenuto in considerazione il principio enunciato dalle Sezioni Unite n. 24782/2018 (enunciato con riferimento alle condotte antecedenti al 2015), secondo cui la dichiarazione proveniente dal sostituto di imposta non può essere ritenuta di per sé sola sufficiente a integrare la prova della avvenuta consegna al sostituito della certificazione fiscale. È, pertanto, necessario che il pubblico ministero alleghi elementi ulteriori e diversi rispetto alla dichiarazione, comprese fonti orali, quali ad esempio le dichiarazioni testimoniali dei sostituti di imposta.

Per queste ragioni, la Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento della sentenza di appello, con rinvio alla Corte del merito per verificare se, nella specie, l’omesso versamento risulti da ulteriori elementi rispetto al Modello 770.

Sentenza Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa C-637/20: city card qualificata come buono multiuso ai fini IVA

Con la sentenza relativa alla causa C-637/20 (DSAB Destination Stockholm AB), la Corte di Giustizia si è pronunciata sull’interpretazione della disciplina IVA in materia di voucher, di cui all’art. 30-bis Dir. 2006/112/CE, e, in particolare, sull’assoggettamento a tale disciplina di una city card che consente di fruire di varie prestazioni di servizi turistici nella città di Stoccolma.

Il problema della qualificazione delle citycard come voucher o come prestazioni di servizi diverse era già stato oggetto di analisi da parte del Comitato IVA (come si evince dalla riflessioni riportate nel working paper n. 983 del 13 novembre 2019).

Uno degli aspetti critici riguarda il fatto che tali strumenti, normalmente, includono quelli che potrebbero essere considerati come biglietti di ingresso e di trasporto, ossia titoli che, in base alla Dir. 2016/1065/UE (cd. Direttiva voucher), non dovrebbero essere ricompresi nella disciplina sui voucher.

L’analisi del Comitato IVA, però, non aveva condotto a una soluzione univoca, avendo il Comitato concluso per la necessità di un’analisi caso per caso degli elementi caratterizzanti ciascuna city card.

Nella sentenza in commento, i Giudici europei hanno esaminato, in particolare, il trattamento IVA di una carta che conferiva al titolare il diritto di accedere, per un tempo limitato e fino a un certo importo, a circa sessanta attrazioni turistiche (es. musei), a vari servizi di trasporto (tour in autobus o in battello) e a visite organizzate da vari prestatori, senza che fosse previsto il versamento di alcun supplemento al momento del relativo utilizzo. La società venditrice versava ai singoli prestatori, per ogni accesso o utilizzo, un corrispettivo pari a una percentuale del prezzo normalmente previsto.

Poiché tale carta includeva servizi soggetti a diverse aliquote IVA, nonché prestazioni qualificate come esenti, la società venditrice riteneva che la stessa dovesse qualificarsi come buono multiuso.

Di diverso avviso, invece, l’Amministrazione tributaria svedese, secondo la quale la city card in parola non poteva qualificarsi come “buono”, ai sensi dell’art. 30-bis Dir. n. 2006/112/CE, in quanto, stante la durata limitata della sua validità, in rapporto al numero di servizi cui essa dà accesso, un consumatore medio non sarebbe stato in grado di fruire di tutte le possibilità offerte dalla carta.

Secondo quanto osservato dai Giudici unionali, in base al citato art. 30-bis, affinché uno strumento possa essere considerato come “buono” ai fini IVA, occorre che lo stesso soddisfi, congiuntamente, due condizioni, ossia (i) esso deve contenere l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e (ii) i beni o i servizi da cedere o prestare o, in alternativa, le identità dei potenziali cedenti o prestatori, devono essere indicati sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione.

Stando alla definizione fornita dalla disposizione, non rileva, invece, per la qualificazione di uno strumento come voucher, la relativa validità temporale o il fatto che lo stesso consenta o meno di usufruire di tutti i servizi in essa “inclusi”.

I Giudici escludono, inoltre, che la city card in esame possa qualificarsi come “fornitura di un servizio unitario”. Occorre, infatti, tenere conto del fatto che essa offre diversi servizi e che questi sono forniti da operatori economici diversi. Una conclusione di questo genere, argomenta la Corte, porterebbe a imporre un’aliquota di imposta unica a servizi quali trasporti o ingressi a musei, che sono soggetti ad aliquote diverse o che sono esenti da IVA, e potrebbe esporre anche al rischio di una doppia imposizione, ponendosi quindi in contrasto con gli obiettivi individuati, rispettivamente, dai considerando 5 e 2 della Dir. 2016/1065/UE.

Tanto premesso, una carta, come quella sottoposta all’analisi della Corte di Giustizia, può essere qualificata come “buono” ai sensi dell’art. 30-bis Dir. 2006/112/CE, purché rispetti entrambe le condizioni menzionate previste dalla disposizione (circostanza che spetta comunque al giudice del rinvio verificare).

Inoltre, la city card oggetto della pronuncia non può essere ricondotta, secondo i Giudici europei, alla categoria dei buoni monouso, di cui all’art. 30-bis, n. 1), Dir. 2006/112/CE; essa, difatti, consente l’accesso a diverse prestazioni di servizi, che sono soggette ad aliquote IVA diverse o esenti da IVA, ed è impossibile individuare in anticipo le prestazioni che saranno scelte dal titolare di tale city card.

Pertanto, poiché il trattamento IVA dei servizi ottenuti dal titolare della carta di cui trattasi non è nota al momento dell’emissione di quest’ultima, deve essere esclusa la qualificazione della city card come buono monouso. La stessa è, difatti, nella categoria residuale dei buoni multiuso, di cui all’art. 30-bis, n. 3), Dir. 2006/112/CE. Di conseguenza, i servizi ottenuti dal titolare della carta dovrebbero essere assoggettati ad IVA non al momento dell’emissione della city card, ma al momento della loro concreta prestazione effettuata dietro presentazione della carta medesima

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Novità in materia di IVA

Agenzia delle Entrate, risposta ad interpello del 22 novembre 2022, n. 567

Qualora l’identità del locatore di un immobile sia rimessa alla decisione di un Giudice, la detrazione dell’IVA da parte del conduttore rimane sospesa.

Solo con l’accertamento del legittimo proprietario, l’operazione potrà dirsi effettuata e quest’ultimo sarà obbligato ad emettere fattura, consentendo alla controparte la possibilità di detrarre l’imposta.

Nel caso di specie una società, dopo aver stipulato un contratto di locazione, si vedeva richiedere la restituzione dell’immobile da un terzo soggetto, diverso dal contraente, che si dichiarava proprietario dello stesso, pretendendo la corresponsione di un’indennità di occupazione.

Vista l’impossibilità di identificare il locatore, il conduttore otteneva dal Tribunale che le somme relative ai canoni “contesi” (comprensive di imponibile ed IVA) venissero depositate in un conto corrente bancario intestato alla procedura di sequestro liberatorio (art. 687 del c.p.c.).

Il conduttore non può procedere alla detrazione dell’IVA sui canoni depositati nel conto intestato alla procedura, posto che, in assenza del proprietario, mancherebbero:

  • sia la condizione sostanziale dell’esigibilità dell’imposta;
  • sia la condizione formale del possesso della fattura (circ. 1/E/2018).

Per lo stesso motivo, il committente non potrebbe far ricorso alla regolarizzazione mediante emissione di autofattura ai sensi dell’art. 6 comma 8 del D.lgs. 471/97.

Il momento di effettuazione dell’operazione, quindi, deve coincidere con la data in cui, all’esito della vicenda processuale, verrà accertato il legittimo proprietario/locatore dell’immobile.

Agenzia delle Entrate, risposta ad interpello del 22 novembre 2022, n. 569

In merito all’ipotesi in cui un intermediario commerciale si riveli un “missing trader” (definibile come l’interposto, la società cartiera o il prestanome introdotto nel ciclo distributivo tramite la costituzione, nel territorio nazionale, di una o più società fittizie), è stato chiarito che:

  • il fornitore che ha pagato l’IVA accertata può esercitare la rivalsa direttamente nei confronti dell’effettivo cessionario dei beni;
  • l’effettivo cessionario può detrarre l’imposta assolta, nel rispetto delle condizioni generali (i.e. diritto pieno alla detrazione e inerenza).

Il caso esaminato riguarda forniture di banda stagnata (latta) effettuate da alcune ferriere nei confronti di intermediari commerciali (traders) i quali, a loro volta, avevano rivenduto i beni a imprese manifatturiere.

e.