Newsletter Studio e-IUS – Tax&Legal – “Le novità fiscali del mese”- Lunedì 17 Ottobre 2022

con la presente siamo lieti di sottoporre alla Vostra attenzione le
principali novità in materia fiscale del mese disponibili anche sul sito
dello Studio www.e-ius.it.
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1 ATTIVITÀ LEGISLATIVA …………………………………………………………………………..2
2 NOVITÀ IN MATERIA DI TERZO SETTORE………………………………………………….3
3 NOVITÀ IN MATERIA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO ………………………………..6
4 NOVITÀ PER LE IMPRESE ……………………………………………………………………..10
5 NOVITÀ IN MATERIA DI WELFARE E LAVORO DIPENDENTE ………………………17
6 NOVITÀ IN MATERIA IVA ………………………………………………………………………35
7 ALTRE NOVITÀ…………………………………………………………………………………….43
1 ATTIVITÀ LEGISLATIVA
1.1 Decreto “Aiuti-ter”: d.l. 23 settembre 2022, n. 144
In G.U. n. 223 del 23 settembre 2022 è pubblicato il Decreto-legge 23 settembre
n. 144 “Ulteriori misure urgenti in materia di politica energetica nazionale,
produttività delle imprese, politiche sociali e per la realizzazione del Piano nazionale
di ripresa e resilienza (PNRR).”
1.2 Indennità una tantum lavoratori autonomi e professionisti – criteri e modalità
concessione
In G.U. n. 224 del 24 settembre 2022 è pubblicato il Decreto 19 agosto 2022 del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Criteri e modalità per la concessione
dell’indennità una tantum in favore dei lavoratori autonomi e dei professionisti iscritti
alle gestioni previdenziali dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dei
professionisti iscritti agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza.
1.3 Riforma della giustizia tributaria: Legge 31 Agosto 2022, n. 130
In G.U. n. 204 del 1° settembre 2022 è pubblicata la Legge 31 agosto 2022, n.
130: Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari.
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2 NOVITÀ IN MATERIA DI TERZO SETTORE
2.1 Definite modalità, tempistiche e contenuto dell’istanza per l’accesso al Bonus
per attività fisica adattata.
Con il provvedimento n. 382131/2022 dello scorso 11 ottobre, l’agenzia delle
entrate ha definito le regole da seguire in fase di presentazione delle istanze per
l’accesso al bonus introdotto con la legge di bilancio 2022.
Il bonus in questione consente di ottenere un credito d’imposta per le spese
sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 inerenti allo svolgimento di attività
fisica adattata. Per l’individuazione delle attività concretamente agevolabili va fatto
riferimento alla definizione fornita dall’art.2 del D.lgs. 36/2021. Rientreranno dunque
nell’abito oggettivo dell’agevolazione quelle attività fisiche svolte, anche in gruppo, da
soggetti con patologie croniche o disabilità fisiche sotto supervisione medica.
Per accedere al Bonus, il contribuente (o un suo intermediario) è tenuto a
presentare domanda dal 15 febbraio al 15 marzo 2023 tramite l’apposito servizio
attivato sul sito internet dell’agenzia.
Quanto all’ammontare, con successivo provvedimento l’agenzia provvederà a
chiarire la percentuale di credito spettante ad ogni singolo istante sulla base del
rapporto tra risorse messe a disposizione (1,5 milioni di euro) e la spesa agevolabile.
2.2 Fondazioni di origine bancaria, istituito il codice tributo per l’accesso al bonus
per l’inclusione digitale.
Con la risoluzione n. 55/E/2022 dello scorso 4 ottobre, l’agenzia delle entrate ha
istituito il codice tributo “6988” che le fondazioni di origine bancaria (FOB) dovranno
utilizzare per beneficiare del credito d’imposta introdotto per i versamenti effettuati
al Fondo per la repubblica digitale.
Si tratta di un fondo istituito nell’ambito del Pnrr per il sostegno di progetti
sull’inclusione digitale ed alimentato proprio dalle erogazioni effettuate dalle FOB.
Proprio per incentivare tale finanziamento, il legislatore ha previsto un credito
d’imposta pari al 65% per il 2022 e 2023 e 75% per il 2024, 2025 e 2026 da calcolare
sul totale delle somme versate.
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2.3 Il trattamento fiscale dei lavoratori distaccati presso una Fondazione e delle
erogazioni liberali
Con la risposta ad interpello n. 510 del 13 ottobre 2022, l’agenzia delle entrate
ha chiarito il trattamento fiscale da riservare ai lavoratori distaccati dal fondatore che
prestano concretamente la propria attività lavorativa presso la Fondazione.
Nello specifico, ricalcando una passata risposta ad interpello (cfr. risposta n.151
del 28 dicembre 2018), l’amministrazione finanziaria conferma l’obbligo di
ricomprendere nella base imponibile IRAP del soggetto distaccatario le retribuzioni
spettanti al personale in distacco.
Tale obbligo permane anche nel caso in cui la Fondazione sia configurabile
come ente non commerciale ai sensi dell’art. 73 del Tuir.
Nella richiamata risposta ad interpello dello scorso 13 ottobre, l’agenzia ha
inoltre chiarito i criteri da rispettare affinché le erogazioni liberali effettuate dal
fondatore siano deducibili ai sensi dell’art. 100, c.2 lett. A del Tuir.
Sul punto, l’agenzia chiarisce tali erogazioni sono deducibili se il beneficiario:
ha personalità giuridica;
persegue “esclusivamente” una o più finalità fra quelle di educazione, istruzione,
ricreazione, assistenza sociale e sanitaria, culto e ricerca scientifica. La deduzione è
ammessa per le imprese che effettuano erogazioni a soggetti con finalità di interesse
pubblico che il Legislatore ha valutato meritevoli di sostegno, mentre non può trovare
applicazione qualora il soggetto beneficiario svolga attività lucrativa.
La Fondazione beneficiaria può inoltre destinare parte delle somme ricevute a
soggetti terzi per lo svolgimento di specifici progetti di utilità sociale. A tal fine è però
necessario che anche il soggetto terzo beneficiario rispetti i requisiti di cui all’art. 100,
c.2 lett. A del Tuir e che si impegni a realizzare direttamente il progetto in questione
(non è infatti consentito il fenomeno delle erogazioni “a catena”).
2.4 Le agevolazioni per i lavoratori con disturbi dello spettro autistico impiegati
presso una startup a vocazione sociale.
Il ministro del Lavoro e delle politiche sociali ha firmato lo scorso 3 ottobre il
decreto recante misure di sostegno ai lavoratori con disturbi dello spettro autistico
impiegati presso startup a vocazione sociale.
Più nel dettaglio, il decreto prevede agevolazioni fiscali e contributive sia per i
lavoratori che per le startup che decidono di assumerli.
Per i lavoratori con disturbi dello spettro autistico impiegati presso startup a
vocazione sociale è previsto che la retribuzione non concorra alla formazione del
reddito imponibile complessivo ai fini fiscali e contributivi.
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Le startup che li assumono, invece, sono esonerate dal versamento dei
contributi. Resta comunque fermo l’obbligo di trasmettere regolarmente i flussi di
denuncia UNIEMENS al fine di consentire la corretta valorizzazione dell’estratto
contributivo dei lavoratori.
Per accedere a tale agevolazione è richiesto però che la startup rispetti i
seguenti requisiti:
residenza in Italia;
costituzione da non più di 60 mesi;
impiego di lavoratori con disturbi dello spettro autistico, quali dipendenti o
collaboratori, per un periodo di almeno un anno, in proporzione uguale o superiore
ai due terzi della forza lavoro complessiva.
Viene chiarito, inoltre, che qualora il lavoratore percepisca pensione o assegno
di invalidità, questo sarà sospeso per il periodo di assunzione a condizione che venga
superato il limite reddituale previsto dalla legge. Per attivare tale sospensione, il
lavoratore è tenuto a comunicare entro 30 giorni dall’assunzione la variazione della
propria posizione reddituale.
2.5 I chiarimenti forniti dall’agenzia delle entrate in materia di cessione del credito
da superbonus per una ONLUS
Lo scorso 12 ottobre, l’agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito alle
modalità di compilazione della comunicazione di cessione del credito derivante dal
superbonus per una ONLUS.
Più nel dettaglio, viene sottolineato che la disposizione di cui all’art. articolo 119,
comma 10-bis, del decreto-legge n. 34 del 2020 consente di applicare agli interventi
effettuati su un fabbricato accatastato come singola unità immobiliare un limite di
spesa maggiorato, pari a quello ordinariamente previsto per le singole unità
immobiliari moltiplicato per il numero di unità abitative “virtuali” di cui si compone il
fabbricato stesso. In tal caso, la comunicazione dell’opzione potrà essere effettuata
per ciascuna unità immobiliare distintamente accatastata, compilando e inviando
una serie di comunicazioni del tipo previsto per gli interventi sulle singole unità
immobiliari oppure, se la tipologia di intervento è compatibile, con una sola
comunicazione, del tipo previsto per il condominio minimo senza amministratore,
indicando nel frontespizio il codice fiscale dell’ente come condomino incaricato della
trasmissione.
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2.6 Approvato in Consiglio dei ministri il disegno di legge in materia di non
autosufficienza
Lo scorso 10 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di disegno
di legge delega in materia di assistenza agli anziani non autosufficienti.
Il Disegno di legge individua principi e criteri direttivi generali a cui il Governo
dovrà attenersi nell’esercizio della delega. A tal fine è prevista anche l’istituzione del
Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana
(CIPA) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con lo scopo di coordinare e
promuovere politiche a favore delle persone anziane.
La delega al governo riguarda principalmente l’attuazione di decreti legislativi
in materia di:
politiche per l’invecchiamento attivo
assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria per le persone anziane non
autosufficienti,
politiche per la sostenibilità economica e la flessibilità dei servizi di cura e
assistenza a lungo termine per le persone anziane e non autosufficienti
3 NOVITÀ IN MATERIA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO
3.1 Corte Costituzionale 13.10.2022 n. 209
Con la sentenza 13 ottobre 2022 n. 209, la Corte Costituzionale ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale della disciplina IMU in materia di abitazione principale
recata sia dal previgente art. 13 co. 2 del DL 201/2011 sia dal vigente dall’art. 1 co.
741 lett. b) della L. 160/2019.
La Consulta ha affermato la difformità di tali disposizioni rispetto agli artt. 3, 31
e 53 della Costituzione, laddove richiedono, ai fini della qualifica dell’immobile quale
abitazione principale (e delle agevolazioni IMU che ne discendono), il requisito della
residenza anagrafica e della dimora abituale non solo in capo possessore, ma anche
ai componenti del suo nucleo familiare.
In sostanza, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità delle norme
che, anche in base ad un orientamento della giurisprudenza, hanno precluso
l’esenzione IMU sugli immobili nel caso in cui i coniugi vivano separatamente (ad
esempio per esigenze lavorative). In forza di questa importante pronuncia, la Corte
apre la strada alla possibilità di chiedere il rimborso dell’IMU versata in questi casi e
opporsi validamente rispetto a pretese impositive attuali. In futuro, ciò che rileva ai
fini dell’esenzione è solamente che il possessore dell’immobile vi abbia stabilito la
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propria residenza anagrafica e dimora abituale, non rilevando invece la residenza
anagrafica e la dimora abituale dei componenti del suo nucleo familiare.
3.2 Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 07/10/2022, n. 29241
In materia di processo tributario, la Corte di Cassazione ha statuito che
(ordinanza n. 29241 del 7 ottobre 2022) le dichiarazioni rese da un terzo inserite,
anche per riassunto, nel processo verbale di constatazione e recepite nell’avviso di
accertamento, hanno valore indiziario e possono assurgere a fonte di prova
presuntiva, concorrendo a formare il convincimento del giudice anche se non rese in
contraddittorio con il contribuente e senza necessità di ulteriori indagini da parte
dell’Ufficio.
3.3 Cass. civ., Sez. V, 06/10/2022, n. 29117
Poiché la redazione del bilancio delle società di capitali deve rispondere ai criteri
di chiarezza, veridicità e correttezza ex art. 2423, comma 2, cod. civ. e, in particolare,
i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione in base
all’art. 2426 n. 8 cod. civ., è conforme ai citati principi l’imputazione a conto
economico dei crediti integralmente svalutati che, prescindendo dal criterio
quantitativo, poggi esclusivamente sulla riconosciuta sussistenza del rischio
d’inesigibilità ragionevolmente prevedibile, ma non ancora definitiva,
differentemente da quanto avviene per le perdite su crediti. Ne consegue la piena
deducibilità – quali componenti negativi – dei crediti integralmente svalutati, anche
in assenza della prova della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 101 TUIR.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 29117 del 6
ottobre 2022.
3.4 Corte giustizia Unione Europea, Sez. X, 06/10/2022, n. 293/21
La Corte di Giustizia UE, con sentenza 6.10.2022, relativa alla causa C-293/21,
ha affermato il principio secondo cui è richiesta la rettifica della detrazione dell’IVA
sugli acquisti effettuati per creare beni di investimento che non siano stati utilizzati
nell’ambito di attività economiche soggette ad imposta.
Il fatto di causa concerne una società di diritto lituano che ha acquisito beni e
servizi per la realizzazione e commercializzazione di un apparecchio medico. Detta
società, pur avendo creato licenze e prototipi, è stata posta in liquidazione, non
essendo riuscita ad ottenere alcun ordinativo.
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La Corte ribadisce che il diritto alla detrazione resta acquisito, in linea di
principio, anche se, successivamente, non è realizzata l’attività economica o il
soggetto passivo non ha potuto utilizzare i beni o i servizi relativamente ai quali l’IVA
è stata detratta nell’ambito di operazioni soggette ad imposta, per motivi estranei alla
sua volontà (causa C-249/17).
Nel caso di specie, tuttavia, secondo i giudici europei, la società, mediante la
cessione dell’attività mostra di non avere più intenzione, “in modo definitivo”, di
utilizzare i beni di investimento nell’ambito di attività economiche, rendendo
necessaria la rettifica della detrazione.
La situazione potrebbe essere differente – e la rettifica potrebbe essere evitata

  • nel caso in cui la messa in liquidazione del soggetto passivo abbia comportato “la
    realizzazione di operazioni soggette ad imposta” (causa C-293/21).
    3.5 Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 04/10/2022, n. 28740
    In materia di costi di impresa, la Corte di Cassazione afferma (ordinanza n.
    28740 del 4 ottobre 2022) che gli interessi passivi sono deducibili, ai fini della
    determinazione del reddito, esclusivamente se l’operazione cui accedono, per sua
    natura, sia rapportabile ai ricavi prodotti dall’attività aziendale, mentre siffatta
    deducibilità deve ritenersi esclusa nelle ipotesi in cui detti interessi non scaturiscano
    da un’operazione potenzialmente idonea a produrre utili, come nel caso in cui ci si
    trovi in presenza di interessi moratori dovuti in conseguenza dell’omesso o del
    tardivo versamento di somme dovute dall’impresa.
    3.6 Corte giustizia Unione Europea, Sez. VII, 29/09/2022, n. 235/21
    La Corte di Giustizia Ue ha affermato che può essere qualificato come fattura il
    documento che contiene le informazioni previste dalla normativa IVA (art. 203 della
    direttiva 2006/112/CE). Pertanto, il contratto che possegga le caratteristiche della
    fattura consente l’esercizio della detrazione per il cessionario o committente
    dell’operazione, anche laddove il fornitore non abbia provveduto a dichiarare e
    versare l’imposta.
    In tal modo, è ribadita la rilevanza del diritto alla detrazione che, nel sistema
    IVA, deve essere riconosciuto in ogni caso in cui gli obblighi sostanziali relativi al
    tributo sono soddisfatti, ancorché alcuni obblighi formali possano essere omessi.
    3.7 Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 28/09/2022, n. 28309
    In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla
    determinazione del reddito di impresa, la Corte di Cassazione afferma che (ordinanza
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    n. 28309 del 28 settembre 2022) l’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 fonda una
    presunzione relativa circa la natura di ricavi sia dei prelevamenti sia dei versamenti
    su conto corrente, superabile attraverso la prova, da parte del contribuente, che i
    versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare
    determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili. Pertanto, in virtù della
    disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare
    la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri
    deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su
    presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità.
    3.8 Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 28/09/2022, n. 28253
    In tema di imposte dirette, la Corte di Cassazione (ordinanza n. 28253 del 28
    settembre 2022) afferma che, poiché i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati
    secondo il principio di cassa e non di competenza ai sensi dell’art. 54, primo comma,
    del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, l’importo delle fatture emesse dal professionista
    nell’anno d’imposta oggetto di accertamento da parte dell’Ufficio, ove sia comprovato
    dal contribuente che l’incasso è avvenuto in epoca ad esso successiva, non concorre
    alla determinazione del reddito da lavoro autonomo del professionista ai fini IRPEF
    per l’anno oggetto di accertamento. Ne consegue che ove l’ufficio ritenga percepito
    l’importo di una fattura nel corso dell’anno di sua emissione, spetta al contribuente
    dimostrare che l’incasso non è avvenuto in quell’anno o non è mai avvenuto.
    3.9 Cass. pen., Sez. II, 27/09/2022, n. 36556
    Con riferimento alla categoria dei reati tributari, la Suprema Corte (sentenza n.
    36556 del 27 settembre 2022) evidenzia che, ai fini dell’attribuzione ad un soggetto
    della qualifica di amministratore “di fatto”, non occorre l’esercizio di “tutti” i poteri
    tipici dell’organo di gestione, ma è comunque necessaria una significativa e
    continuativa attività gestoria, svolta cioè in modo non episodico od occasionale.
    3.10 Cass. civ., Sez. V, 27/09/2022, n. 28116
    La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28116 del 27 settembre 2022, dichiara
    che, nell’ambito delle opere edilizie, è ravvisabile la ricostruzione allorché dell’edificio
    preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione,
    le relative componenti interne, e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle
    stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni
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    dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria, né delle superfici
    occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro. In presenza di tali aumenti,
    si verte, invece, in ipotesi di nuova costruzione alla quale è applicabile l’aliquota
    agevolata, come nel caso in cui ricorra un aumento volumetrico del bene, derivante
    dall’edificazione ex novo delle cantine e da una modifica della sagoma del fabbricato
    originario, oggetto di abbattimento e riedificazione, stante la realizzazione, in
    aggiunta, di un terrazzo tergale.
    4 NOVITÀ PER LE IMPRESE
    START-UP INNOVATIVE, INDUSTRIA 4.0. MARCHI E BREVETTI
    4.1 Iperammortamento e beni strumentali nuovi: precisazioni sul momento di
    effettuazione dell’investimento (risposta ad interpello n. 473 del 27 settembre 2022)
    Con la risposta ad interpello 27 settembre 2022 n. 473, l’Agenzia delle Entrate
    fornisce precisazioni in merito all’individuazione del momento di effettuazione
    dell’investimento nell’ipotesi in cui, nell’ambito di un contratto di appalto, le parti
    convengono che il passaggio di proprietà avviene alla consegna dei beni e non
    all’ultimazione delle ulteriori attività da eseguire successivamente.
    In merito all’”effettuazione” dell’investimento, la circolare 30 marzo 2017, n. 4/E
    precisa che l’imputazione degli investimenti al periodo di vigenza dell’agevolazione
    segue le regole generali della competenza previste dall’articolo 109, commi 1 e 2 del
    TUIR, secondo il quale le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, per
    i beni mobili, «alla data della consegna o spedizione …, ovvero, se diversa e
    successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o
    di altro diritto reale», senza tener conto delle clausole di riserva della proprietà.
    Nell’ipotesi in cui l’investimento sia realizzato mediante un contratto di appalto
    a terzi, in base ai criteri di competenza di cui all’art. 109 TUIR, i relativi costi si
    considerano sostenuti dal committente alla data di ultimazione della prestazione
    ovvero, in caso di stati di avanzamento lavori, alla data in cui l’opera (o porzione di
    essa) risulta verificata ed accettata dal committente. In quest’ultima ipotesi, sono
    agevolabili i corrispettivi liquidati nel periodo agevolato in base allo stato di
    avanzamento lavori (SAL), indipendentemente dalla durata infrannuale o ultrannuale
    del contratto.
    Nella specie, ancorché gli impegni contrattualmente assunti dal fornitore non si
    esauriscano nella consegna del macchinario e benché come “atto conclusivo” della
    procedura di acquisto sia prevista la sottoscrizione di un verbale di accettazione
    definitiva, questi ulteriori adempimenti costituiscono soltanto prestazioni
    “accessorie” e secondarie rispetto alla materiale consegna dei beni.
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    4.2 Finanziamento di 160 milioni al Fondo impresa donna
    In riferimento agli interventi agevolativi per l’imprenditorialità femminile
    finanziati dal Mise con 160 milioni di euro del Fondo impresa donna non si è
    registrata nessuna disomogeneità territoriale in quanto, al termine delle istruttorie,
    sono state assegnate alle imprese del Mezzogiorno risorse pari o superiori al 40%,
    nel rispetto delle regole previste per l’utilizzo del PNRR.
    I dati presi in esame dalla Corte dei conti, infatti, si riferiscono al numero
    complessivo di domande presentate in occasione dell’apertura degli sportelli
    avvenuta il 19 maggio e il 7 giugno scorso, chiusi negli stessi giorni per il grande
    interesse riscontrato sull’incentivo.
    In particolare, sul maggior numero di domande presentate dalle imprese del
    Centro-Nord ha inciso l’ordine cronologico di invio delle richieste che però non ha
    pregiudicato il rispetto della riserva del 40% di risorse destinate al Mezzogiorno,
    garantita nella fase di valutazione delle domande.
    Riguardo alle attività di accompagnamento e comunicazione relative alla misura
    sono già state realizzate diverse iniziative di formazione e informazione per le
    imprenditrici, attraverso l’organizzazione di webinar e seminari dedicati anche alle
    associazioni di categoria, al fine di facilitare e spiegare le procedure per innalzare la
    qualità dei progetti che sono stati presentati.
    A queste attività si aggiungono le altre iniziative di informazione messe in
    campo dal Ministero dello sviluppo economico per promuovere nel Paese la cultura
    dell’imprenditorialità femminile.
    4.3 Finanziamento di 750 milioni al Fondo automotive
    Diventano operativi gli interventi agevolativi a favore della riconversione e lo
    sviluppo della filiera automotive in Italia, come previsto dal DPCM rivolto all’offerta
    adottato dal Governo lo scorso 4 agosto su proposta del ministro Giancarlo Giorgetti.
    Il Ministero dello sviluppo economico ha infatti pubblicato i decreti che attivano
    gli sportelli finanziati con complessivi 750 milioni di euro, di cui 525 milioni per i
    Contratti di sviluppo e 225 milioni per gli Accordi per l’Innovazione.
    Si tratta di una parte delle risorse del “Fondo automotive” (8,7 miliardi di euro i
    finanziamenti complessivamente stanziati dal Governo fino al 2030) destinati al
    sostegno e alla promozione della transizione verde, della ricerca e degli investimenti
    nel settore attraverso l’insediamento di filiere innovative e sostenibili sul territorio
    nazionale.
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    In particolare, le imprese potranno richiedere le agevolazioni sia per i progetti
    già presentati – in questo caso gli sportelli verranno aperti dal 13 al 27 ottobre per i
    Contratti di sviluppo e fino al 27 ottobre per gli Accordi per l’Innovazione – sia per le
    nuove domande a partire dal 15 novembre per i Contratti di sviluppo e dal 29
    novembre per gli Accordi per l’Innovazione.
    Per la prima volta verrà inoltre applicata sui progetti relativi gli Accordi per
    l’Innovazione una modalità di ammissione in istruttoria non basata sull’ordine
    cronologico ma su una serie di parametri oggettivi, quali la solidità economicofinanziaria del soggetto proponente e la quota di spese del progetto in sviluppo
    sperimentale.
    REDDITI D’IMPRESA
    4.4 Deducibilità degli interessi sugli strumenti finanziari partecipativi (risposta ad
    interpello 27 settembre 2022, n. 476)
    La risposta ad interpello Agenzia delle Entrate 27 settembre 2022 n. 476 ha
    considerato deducibile, seppur con le limitazioni previste dall’art. 96 del TUIR, il
    “premio” che viene corrisposto in relazione agli strumenti finanziari partecipativi (SFP)
    emessi da una società e classificati in bilancio come strumenti di equity da parte
    dell’investitore.
    Nel caso di specie, il “premio”:
  • viene determinato applicando un tasso d’interesse del 10% all’apporto
    effettuato dal sottoscrittore in funzione del tempo intercorso tra la data di
    versamento e la data di restituzione;
  • deve essere pagato solo in caso di distribuzione da parte del soggetto
    partecipato di poste di patrimonio netto che possono essere indifferentemente di
    utili o di capitale.
    Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, lo SFP esaminato nella specie non è
    qualificabile come uno strumento “similare alle azioni”, non essendo la
    remunerazione totalmente ancorata ai risultati economici dell’emittente.
    Ne consegue che il “premio” corrispondente agli interessi maturati in relazione
    agli SFP, calcolati al tasso annuo del 10% sulla parte di apporto non ancora restituito
    sia deducibile, ma soggetto alle limitazioni previste ai fini della deducibilità degli
    interessi passivi ex art. 96 del TUIR.
    4.5 Pubblicate le disposizioni attuative relative alla revoca della rivalutazione
    (provvedimento Agenzia delle Entrate 29 settembre 2022, n. 370046)
    Con il provvedimento Agenzia delle Entrate 29 settembre 2022 n. 370046 sono
    disciplinate le disposizioni attuative dell’art. 1 co. 624 e 624-bis della L. 234/2021,
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    relative alla revoca degli effetti fiscali della rivalutazione o del riallineamento operati
    nel bilancio 2020 ai sensi dell’art. 110 del DL 104/2020.
    Il provvedimento regola:
    i soggetti che possono beneficiare di tali disposizioni. Si tratta dei soggetti che,
    al 29 settembre 2022, abbiano perfezionato l’opzione per la rivalutazione dei beni, il
    riallineamento dei valori civili e fiscali ovvero l’affrancamento della riserva in
    sospensione di imposta;
    i beni con riferimento ai quali è possibile la revoca. Sono tutti i beni oggetto
    delle operazioni disciplinate dall’art. 110 del DL 104/2020 (il procedimento non risulta
    confinato ai marchi e all’avviamento). La revoca ha ad oggetto le singole attività i cui
    valori sono stati rivalutati o riallineati e deve essere esercitata per l’intero importo
    delle attività oggetto di rivalutazione o di riallineamento selezionate;
    le modalità con le quali esercitare l’opzione per la revoca, presentando, entro e
    non oltre il 28.11.2022, una dichiarazione integrativa dei modelli REDDITI 2021;
    le modalità di rimborso o di compensazione dell’imposta sostitutiva del 3% a
    credito, senza il limite di 2 milioni di euro previsto dall’art. 34 della L. 388/2000 né
    quello di 250.000 euro per i crediti di natura agevolativa.
    4.6 Deducibilità delle perdite su crediti dovute in esecuzione di accordi transattivi
    (risposta ad interpello 5 ottobre 2022 n. 491)
    Con la risposta a interpello 5 ottobre 2022 n. 491, l’Agenzia delle Entrate ha
    fornito precisazioni in materia di deducibilità delle perdite vantati verso debitori
    sottoposti a procedure concorsuali e istituti assimilati.
    L’articolo 101, comma 5, del TUIR stabilisce, in termini generali, che sono
    deducibili dal reddito d’impresa se risultano da “elementi certi e precisi”. Tuttavia, tali
    elementi di certezza e precisione si ritengono “in ogni caso” sussistenti – e quindi la
    corrispondente perdita su crediti assume rilevanza fiscale per presunzione assoluta
    di legge – in alcuni casi specifici, tra i quali rientra anche quello in cui il debitore sia
    assoggettato ad una delle procedure concorsuali, quali il fallimento, la liquidazione
    coatta amministrativa, il concordato preventivo e l’amministrazione straordinaria
    delle grandi imprese in crisi (cfr. circ. 1° agosto 2013, n. 26/E).
    Per quanto riguarda il periodo di competenza della deducibilità ai fini fiscali
    delle perdite su crediti vantati nei confronti di debitori assoggettati a procedure
    concorsuali, il successivo comma 5-bis precisa che la deduzione della perdita su
    crediti è ammessa – sussistendo i requisiti di cui al precedente comma 5 – “nel periodo
    di imputazione in bilancio”, anche qualora detta imputazione avvenga in un periodo
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    di imposta successivo a quello in cui, in base al medesimo comma, il debitore si
    considera assoggettato a una delle procedure ivi previste. Ciò sempreché
    l’imputazione non avvenga in un periodo d’imposta successivo a quello in cui occorre
    procedere alla cancellazione del credito dal bilancio, secondo la corretta applicazione
    dei principi contabili.
    OPERAZIONI STRAORDINARIE
    4.7 Conferimento congiunto di partecipazioni seguito da una scissione totale non
    proporzionale (risposta ad interpello 6 ottobre 2022 n. 496)
    La risposta ad interpello Agenzia delle Entrate 6 ottobre 2022 n. 496 ha escluso
    la presenza dell’abuso del diritto di cui all’art. 10-bis della L. 212/2000 in caso di
    conferimento congiunto di partecipazioni ex art. 177 comma 2 del TUIR in “realizzo
    controllato” seguito da una scissione totale non proporzionale della società oggetto
    del conferimento.
    L’art. 177, comma 2, del TUIR regolamenta gli scambi di partecipazione
    mediante conferimento, attraverso cui la conferitaria “acquisisce” o “integra” il
    controllo di diritto della società partecipata, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1
    c.c. In presenza dei presupposti normativamente previsti, il valore di realizzo delle
    partecipazioni oggetto di conferimento non viene determinato ai sensi dell’articolo 9
    del TUIR, bensì in base all’aumento di patrimonio netto contabile formato dalla
    società conferitaria per effetto del conferimento stesso.
    Applicando tale criterio può, quindi, non emergere alcuna plusvalenza o
    minusvalenza qualora il valore di iscrizione della partecipazione e, pertanto,
    l’incremento di patrimonio netto effettuato dalla società conferitaria risultino pari
    all’ultimo valore fiscale – presso il socio conferente – delle partecipazioni conferite (c.d.
    “neutralità indotta”).
    Il ricorso alla disciplina di cui all’articolo 177 del TUIR si giustifica in relazione a
    fattispecie caratterizzate da un obiettivo fondamento economico e non risulta
    applicabile a situazioni in cui la ragione prevalente dello scambio di partecipazioni
    risieda nella volontà di transitare “in neutralità fiscale” dal regime di tassazione IRPEF
    riservato alle persone fisiche non imprenditori a quello più favorevole dell’IRES (si
    pensi, ad esempio, alla tassazione dei dividendi e al regime della participation
    exemption). Diversamente, si verificherebbe un salto d’imposta, in contrasto con
    l’articolo 9 del TUIR, che afferma un principio di carattere generale dell’ordinamento
    tributario.
    La scissione è un’operazione fiscalmente neutrale, ai sensi dell’articolo 173 del
    TUIR, e dunque i plusvalori relativi alle componenti patrimoniali attribuite alla/e
    società beneficiaria/e, mantenute provvisoriamente latenti per effetto
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    dell’operazione di scissione, concorreranno alla formazione del reddito secondo le
    ordinarie regole impositive vigenti al momento in cui dette componenti
    fuoriusciranno, secondo le modalità ordinariamente previste, dal regime d’impresa.
    Affinché non vi siano profili abusivi, occorre che la scissione non sia, di fatto,
    volta a surrogare lo scioglimento del vincolo societario da parte dei soci (o di alcuno
    di essi) e l’assegnazione agli stessi del patrimonio aziendale, attraverso la formale
    attribuzione dei relativi beni a società di “mero godimento”, non connotate da alcuna
    operatività, al solo scopo di rinviare sine die la tassazione delle plusvalenze latenti sui
    beni trasferiti e/o delle riserve di utili in capo ai soci, usufruendo del regime di
    neutralità fiscale proprio della scissione.
    Nella specie, all’esito del conferimento di partecipazioni e della scissione, i soci
    detengono rispetto al patrimonio della beneficiaria della scissione le medesime
    quote di partecipazione che detenevano direttamente ante conferimento nel
    patrimonio della scissa. Da ciò consegue l’assenza di profili abusivi nelle operazioni
    societarie realizzate, nel presupposto, che nessun asset della beneficiaria della
    scissione sia impiegato per raggiungere obiettivi esclusivamente personali oppure
    familiari o, in generale, estranei ad un contesto imprenditoriale, e che dalle
    beneficiarie non provengano flussi finanziari, diversi dai dividendi, a favore dei soci
    (per esempio, a titolo di prestito/garanzia).
    4.8 Disapplicazione dei limiti al riporto delle eccedenze ACE e delle perdite in
    presenza di operazioni di fusione e scissione (risposta ad interpello 12 ottobre
    2022 n. 503)
    La risposta ad interpello Agenzia delle Entrate 12 ottobre 2022 n. 503,
    nell’esaminare una complessa operazione di riorganizzazione aziendale, ha fornito
    precisazioni in merito:
    alla disapplicazione dei limiti al riporto delle eccedenze ACE e delle perdite in
    presenza di operazioni di fusione e scissione;
    alla presenza di abuso del diritto ai sensi dell’art. 10-bis della L. 212/2000, ai fini
    delle imposte dirette, in caso di scissione parziale proporzionale a favore del socio;
    alla presenza di abuso del diritto ai sensi dell’art. 10-bis della L. 212/2000, ai fini
    dell’imposta di registro, del conferimento di ramo d’azienda in una newco, seguito
    dalla cessione totalitaria delle quote della conferitaria ad un’altra società che, poi, si
    fonde con la conferitaria medesima.
    In riferimento al primo punto, l’art. 172, comma 7 del TUIR, nel disciplinare il
    riporto delle perdite fiscali pregresse e delle altre posizioni soggettive (interessi
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    passivi indeducibili oggetto di riporto in avanti ed eccedenze ACE) delle società che
    partecipano a operazioni di fusione, prevede specifiche condizioni e limiti al suddetto
    riporto (cc.dd. test di vitalità e limite patrimoniale).
    L’Agenzia afferma che, nella specie, il limite patrimoniale di cui all’art. 172,
    comma 7 del TUIR può essere disapplicato in quanto:
    il suo mancato rispetto è determinato da una situazione contingente;
    la Società sembra avere le caratteristiche per produrre redditi in grado di
    assorbire le eccedenze Ace.
    L’Agenzia afferma che il test di vitalità di cui all’art. 172, comma 7 del TUIR può
    essere disapplicato in quanto l’assenza di spese per il lavoro subordinato non è
    indicativa di per sé sola, in via esclusiva, della mancanza di operatività della società.
    Nella specie, l’incorporata ha sempre appaltato all’incorporante le attività di cui
    necessitava per lo svolgimento della propria attività, svolte in favore
    dell’incorporante. L’assenza dei predetti costi non è, dunque, indice di un
    depotenziamento dell’incorporata in vista della sua fusione, ma rappresenta la
    conseguenza del tipo di attività svolta.
    In riferimento al secondo punto, la scissione in favore del socio non si considera
    abusiva fintanto che non sia, di fatto, volta all’assegnazione dei beni in neutralità
    fiscale a società di “mero godimento”, al solo scopo di rinviare sine die la tassazione
    delle plusvalenze latenti sui beni trasferiti e/o delle riserve di utili in capo ai soci (cfr.
    risoluzione n. 98/E del 2017). Affinché non siano ravvisabili profili di abusività, la
    scissione deve caratterizzarsi come un’operazione di riorganizzazione aziendale
    finalizzata all’effettiva continuazione dell’attività imprenditoriale da parte di ciascuna
    società partecipante (cfr. risoluzione n. 97/E del 2017).
    In riferimento al terzo punto, il conferimento di ramo d’azienda in newco,
    seguito dalla cessione totalitaria delle quote della conferitaria ad un’altra società che,
    poi, si fonde con la conferitaria medesima, comporta il conseguimento di un indebito
    vantaggio fiscale dal punto di vista delle imposte indirette. Tale vantaggio consiste
    nella corresponsione delle tre imposte di registro fisse in luogo della tassazione
    proporzionale prevista per la cessione d’azienda.
    Nella specie, l’operazione non può considerarsi abusiva ex art. 10-bis della L.
    212/2000, in quanto non priva di sostanza economica per le seguenti ragioni:
  • le operazioni di conferimento e cessione quote sono avvenute in un periodo
    anteriore rispetto alla fusione, in cui la strategia aziendale del gruppo era dettata da
    un’azionista (Gamma) diverso da quello poi subentrato (Beta), sotto la cui guida, ora,
    viene progettata l’operazione di fusione;
  • l’operazione di fusione avviene più di 4 anni dopo e rientra nella complessiva
    riorganizzazione del Gruppo Alfa, perseguita da Beta “avente il duplice obiettivo di
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    ridurre i costi amministrativi e di governance e al contempo sfruttare al massimo le
    sinergie operative tra le diverse attività del Gruppo ALFA”.
    5 NOVITÀ IN MATERIA DI WELFARE E LAVORO DIPENDENTE
    5.1 Decreto Aiuti ter: norme anti delocalizzazione
    L’art. 37 D.L. n. 144/2022 (cd. Decreto Aiuti ter) contiene una norma antidelocalizzazioni che introduce sanzioni molto più severe per le imprese che
    delocalizzano la propria attività senza prevedere misure a tutela dei lavoratori.
    Il decreto, più specificamente, interviene apportando alcuni correttivi alle
    norme introdotte dalla legge n. 234/2021 (Legge di Bilancio 2022), applicabili ai datori
    di lavoro con almeno 250 lavoratori, che hanno intenzione di procedere alla chiusura
    di una sede, di uno stabilimento, di una filiale, o di un ufficio o reparto autonomo
    situato nel territorio nazionale, con cessazione definitiva della relativa attività e con
    licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50.
    L’art. 1, commi da 224 a 237, della l. n. 234/2021 prevede misure finalizzate a
    prevenire la suddetta riduzione di personale, richiedendo al datore di lavoro di
    coinvolgere i sindacati le regioni interessate, il Ministero del Lavoro e delle politiche
    sociali, il Ministero dello Sviluppo Economico e l’ANPAL, mediante una comunicazione
    da effettuarsi almeno novanta giorni prima dell’avvio della procedura di
    licenziamento collettivo prevista dall’articolo 4 della legge n. 223/1991.
    Entro sessanta giorni dalla comunicazione della l. n. 234/2021, il datore di lavoro
    ha l’onere di elaborare e presentare ai destinatari della stessa, un piano di durata
    non superiore a dodici mesi finalizzato a limitare le ricadute occupazionali ed
    economiche derivanti dalla chiusura.
    L’art. 37 del Decreto Aiuti ter prevede che, nel caso in cui il datore di lavoro,
    all’esito della procedura di cui all’art. 1, commi 224 e ss., l. n. 234/2021, cessi
    definitivamente l’attività produttiva o una parte significativa della stessa, anche per
    effetto di delocalizzazioni, con contestuale riduzione di personale superiore al 50 per
    cento di quello impiegato mediamente nell’ultimo anno, a livello nazionale o locale, è
    tenuto alla restituzione delle sovvenzioni, dei contributi, sussidi ed ausili finanziari o
    vantaggi economici a carico della finanza pubblica di cui hanno beneficiato gli
    stabilimenti produttivi oggetto delle cessazioni o ridimensionamenti di attività.
    La restituzione riguarda gli aiuti rientranti fra quelli oggetto di iscrizione
    obbligatoria nel registro aiuti di Stato, percepiti nei 10 anni antecedenti l’avvio della
    procedura medesima, in proporzione alla percentuale di riduzione del personale.
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    Il debitore non potrà, inoltre, più essere destinatario di ulteriori sovvenzioni,
    contributi, sussidi ed ausili fino a quando non avrà proceduto alla restituzione in
    parola.
    È prevista la riscossione coattiva delle somme dovute mediante ruolo, ai sensi
    del D.Lgs. n. 46/1999.
    Quale ulteriore disincentivo alla delocalizzazione, è prevista la modifica dell’art.
    1, comma 235, l. n. 234/2021. In particolare, in caso di mancata sottoscrizione del
    piano da parte delle organizzazioni sindacali, il datore di lavoro è tenuto a pagare il
    contributo per il finanziamento della NASpI di cui all’art. 2, comma 35, della legge 28
    giugno 2012, n. 92, innalzato del 500% (la disposizione prevede attualmente un
    aumento del 50 per cento).
    In caso di sottoscrizione del piano, è, inoltre, previsto l’onere per il datore di
    lavoro di comunicare mensilmente lo stato di attuazione, dei tempi e delle modalità
    di attuazione del piano medesimo, nonché dei risultati delle azioni intraprese.
    Altra novità del decreto Aiuti ter riguarda la soppressione del comma 236 del
    citato art. 1 della legge n. 234/2021 che prevedeva l’inapplicabilità della procedura di
    coinvolgimento sindacale prevista dall’art. 4, commi 5 e 6, della legge n. 223/1991 in
    caso di mancata sottoscrizione, decorsi novanta giorni dalla comunicazione,
    dell’accordo sindacale di cui al comma 231. Pertanto, il datore di lavoro dovrà seguire
    comunque l’ordinaria procedura di licenziamento collettivo a prescindere
    dall’esperimento della consultazione sindacale prevista dalla legge n. 234/2021.
    Si allungano infine i tempi di discussione del piano che da trenta giorni vengono
    portati a novanta giorni dalla presentazione e si applicano anche alle procedure già
    avviate precedentemente non già concluse.
    Ove la comunicazione di cui all’art. 1, comma 224, della legge 30 dicembre 2021,
    n. 234 sia già stata effettuata, il termine di discussione del piano è comunque pari a
    centoventi giorni.
    Infine, è prevista l’inserimento del nuovo comma 237-bis che fa salve le
    previsioni di maggior favore per i lavoratori previste dai contratti collettivi di cui all’art.
    51 del D.Lgs n. 81/2015.
    Si ricorda che sono esclusi dall’ambito di applicazione della procedura prevista
    dall’art. 1, commi da 224 a 238, l. n. 234/2021 i datori di lavoro che si trovano in
    condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono
    probabile la crisi o l’insolvenza e che possono accedere alla procedura di
    composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, già prevista dal D.L. n.
    118/2022 e dal 15 luglio 2022, trasfusa nel Codice di cui al D.Lgs. n. 14/2019.
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    5.2 Decreto Aiuti bis: smart working semplificato fino al 31 dicembre 2022 –
    chiarimenti del Ministero del Lavoro
    L’art. 25-bis D.L. n. 115/2022, convertito con modificazioni in Legge 21
    settembre 2022, n. 142 (cd. Decreto Aiuti bis) ha prorogato fino al 31 dicembre 2022
    la procedura emergenziale semplificata di comunicazione telematica dello smart
    working per i lavoratori del settore privato, senza quindi la necessità di sottoscrizione
    dell’accordo individuale.
    Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali precisa che, con la procedura
    emergenziale semplificata, potranno essere inviate esclusivamente le comunicazioni
    di smart working aventi per oggetto periodi di lavoro agile che terminano il 31
    dicembre 2022. Qualora si estendano temporalmente oltre il 31 dicembre e laddove
    siano stati sottoscritti accordi individuali, i datori di lavoro utilizzeranno la procedura
    ordinaria di cui al D.M. n. 149 del 22 agosto 2022.
    5.3 Detassazione premi di produttività: report con i dati aggiornati al 15 settembre
    2022
    A seguito della pubblicazione del D.M. 25 marzo 2016, relativo alla detassazione
    delle agevolazioni fiscali di cui alla l. n. 208/2015, il Ministero del lavoro e delle
    politiche sociali ha reso disponibile i dati in merito alla detassazione dei premi di
    risultato aggiornato al 15 settembre 2022.
    Alla data del 15 Settembre 2022, 11.944 depositi di conformità si riferiscono a
    contratti tuttora attivi; di questi, 10.395 sono riferiti a contratti aziendali e 1.549 a
    contratti territoriali.
    Degli 11.944 contratti attivi, 9.409 si propongono di raggiungere obiettivi di
    produttività, 7.261 di redditività, 6.127 di qualità, mentre 1.423 prevedono un piano
    di partecipazione e 7.100 prevedono misure di welfare aziendale.
    Per gli 11.944 depositi che si riferiscono a contratti tuttora attivi la distribuzione
    geografica, per ITL competente, è la seguente 73% Nord, 18% Centro, 9% al Sud. Per
    settore di attività economica abbiamo 58% Servizi, 41% Industria, 1% Agricoltura. Per
    dimensione aziendale otteniamo 45% con numero di dipendenti inferiore a 50, 39%
    con numero di dipendenti maggiore uguale di 100, 16% con numero di dipendenti
    compreso fra 50 e 99. Analizzando i depositi che si riferiscono a contratti tuttora attivi
    abbiamo che il numero di Lavoratori Beneficiari indicato è pari a 3.523.456, di cui
    2.657.890 riferiti a contratti aziendali e 865.566 a contratti territoriali.
    Pag. 20
    Il valore annuo medio del premio risulta pari a 1.492,61 euro, di cui 1.644,12
    euro riferiti a contratti aziendali e 722,00 euro a contratti territoriali.
    A seguito della pubblicazione del Decreto Interministeriale 12 settembre 2017,
    è possibile indicare all’atto del deposito telematico dei contratti aziendali la
    decontribuzione per le misure di conciliazione dei tempi di vita e lavoro dei
    dipendenti.
    Alla data del 15 Settembre 2022 sono stati depositati 5.442 contratti di cui 3.640
    corrispondenti a depositi validi anche ai fini della detassazione e 1.802 corrispondenti
    a depositi validi solo ai fini della decontribuzione. 1.123 depositi si riferiscono a
    contratti tuttora “attivi”, di cui 653 corrispondenti a depositi validi anche ai fini della
    detassazione e 470 corrispondenti a depositi validi solo ai fini della decontribuzione.
    A seguito della pubblicazione del Decreto Interministeriale 4 maggio 2018, è
    possibile indicare all’atto del deposito telematico dei contratti aziendali, l’incentivo
    fiscale con procedura automatica introdotto, nella forma di credito d’imposta
    utilizzabile esclusivamente in compensazione, per talune spese di formazione del
    personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal “Piano Nazionale
    Industria 4.0”.
    Alla data del 15 Settembre 2022 sono stati depositati 4.361 contratti. Prendendo
    in considerazione la distribuzione geografica, per ITL competente, delle aziende che
    hanno depositato i 4.361 contratti, la percentuale maggiore, pari al 39% è concentrata
    al Nord, il 27% al Centro, il 34% al Sud dove emergono i dati della Campania che
    presenta il numero maggiore di contratti depositati su tutto il territorio nazionale.
    Relativamente al settore di attività economica, il maggior numero dei contratti
    depositati riguarda aziende operanti nel settore Servizi 61%, a seguire Industria 38%
    e Agricoltura con 1% contratti depositati.
    L’articolo 14 del D.L.104/2020, cd. Decreto Agosto, recante misure urgenti per il
    sostegno e il rilancio dell’economia, disciplina la proroga delle disposizioni in materia
    di licenziamenti collettivi ed individuali per giustificato motivo oggettivo. Il co. 3
    dispone che le preclusioni e le sospensioni previste dall’articolo non si applichino, tra
    l’altro, nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni
    sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla
    risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al
    predetto accordo. A questi lavoratori viene comunque riconosciuto il trattamento di
    cui all’art.1 del D.Lgs. n. 22 del 2015, (Naspi).
    Alla data del 15 Settembre 2022 sono stati depositati 934 contratti. Prendendo
    in considerazione la distribuzione geografica, per ITL competente, delle aziende che
    hanno depositato i 934 contratti, la percentuale maggiore, pari al 60% è concentrata
    al Nord, il 25% al Centro, il 15% al Sud. Il numero maggiore di contratti depositati si
    Pag. 21
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    registra in Lombardia. Riguardo al settore di attività economica, il maggior numero
    dei contratti depositati riguarda aziende operanti nel settore Servizi 54%, a seguire
    Industria 45% e Agricoltura con 1% contratti depositati
    5.4 Nota “Il mercato del lavoro: dati e analisi” – settembre 2022
    La Nota che analizza il mercato del lavoro, pubblicata online, è stata redatta
    congiuntamente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dalla Banca d’Italia
    e dall’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) utilizzando due
    fonti informative complete e tempestive: le Comunicazioni Obbligatorie e le
    Dichiarazioni di Immediata Disponibilità al lavoro (DID). La prima base dati è
    aggiornata al 31 agosto 2022, la seconda al 31 luglio 2022.
    Per quanto concerne l’evoluzione dei rapporti di lavoro dipendente,
    l’occupazione dipendente è rallentata nei mesi estivi: tra luglio e agosto sono stati
    registrati quasi 35.000 nuovi posti di lavoro, meno della metà degli oltre 80.000 del
    bimestre precedente (100.000 nel periodo marzo-aprile).
    La crescita si indebolisce sia nell’industria, sia nei servizi e flette il lavoro a
    termine. Nella manifattura si è osservata un’ampia eterogeneità, determinata anche
    dai differenti effetti settoriali dei rincari dell’energia.
    In estate ha decelerato soprattutto il settore alimentare, penalizzato tra l’altro
    dalle difficoltà negli approvvigionamenti delle materie prime. La domanda di lavoro
    ha rallentato marcatamente anche nelle costruzioni, confermando i dati dell’Istat
    circa la riduzione del tasso di posti vacanti in atto dal secondo trimestre del 2022.
    Nell’ultimo bimestre i servizi hanno risentito invece dell’attenuazione della dinamica
    del commercio e del turismo, che ha seguito la forte espansione dei mesi primaverili.
    I contratti a tempo determinato, che sono maggiormente sensibili alle
    condizioni cicliche, hanno registrato da giugno un saldo negativo; dall’inizio del 2022
    hanno contribuito solo per un quinto all’aumento dell’occupazione regolare, rispetto
    al 70 per cento nei primi otto mesi del 2021. Al contrario, è proseguita la crescita
    dell’occupazione a tempo indeterminato, che ha beneficiato anche delle numerose
    trasformazioni di contratti già in essere. È rimasto negativo il contributo
    dell’apprendistato.
    Il rallentamento del mercato del lavoro nell’ultimo bimestre ha interessato
    entrambi i generi, risentendo della decelerazione dei servizi e, soprattutto per la
    componente maschile, di quella delle costruzioni.
    Tra luglio e agosto la crescita si è concentrata esclusivamente nel Centro Nord
    mentre nel Mezzogiorno, esaurita la spinta del comparto edile e del turismo, la fase
    Pag. 22
    di espansione dell’occupazione si è interrotta. Come nella media italiana, nelle regioni
    meridionali il lavoro a termine ha avuto un saldo negativo nei mesi estivi; le
    assunzioni a tempo indeterminato sono diminuite mantenendosi, contrariamente al
    resto del Paese, nettamente al di sotto dei livelli pre-pandemici.
    È proseguita anche nel bimestre giugno-luglio la riduzione della disoccupazione
    amministrativa misurata dalle Dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro. Nei
    primi sette mesi del 2022 il calo è stato minore rispetto allo stesso periodo dell’anno
    precedente, soprattutto per la popolazione maschile, presumibilmente a causa della
    flessione della domanda di lavoro nella manifattura e nelle costruzioni. Il numero di
    donne uscite dalla disoccupazione dopo aver trovato un impiego è lievemente
    aumentato; quello degli uomini è sceso di quasi il 9 per cento.
    Si è intensificato al contempo il flusso di nuove DID rilasciate da persone
    disponibili a lavorare (quasi 113.000 in media ogni mese dall’inizio del 2022, da
    100.000 dell’anno precedente) con andamenti simili per entrambi i generi.
    Confermando la tendenza a un allungamento della durata dei contratti, il rapporto
    tra i reingressi nello stato di disoccupato dopo un impiego non superiore a sei mesi
    e le uscite verso l’occupazione nel semestre precedente si è stabilizzato sui livelli del
    2019.
    5.5 D.M. 21 luglio 2022: Fondo di integrazione salariale
    È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.M. 21 luglio 2022, con cui il Ministero
    del Lavoro ha adeguato la disciplina del Fondo di integrazione salariale (FIS), regolata
    dal D.M. n. 94343/2016, alle disposizioni di cui all’art. 29 D.Lgs. n. 148/2015, così come
    modificate dall’art. 1, comma 207 della l. n. 234/2021 (legge di bilancio 2022).
    Secondo quanto indicato all’art. 2 del decreto in commento, sono soggetti alla
    disciplina del FIS i datori di lavoro che occupano almeno un dipendente appartenenti
    a settori, tipologie e classi dimensionali non rientranti nell’ambito di applicazione
    della CIGO e che non aderiscono ai diversi Fondi di solidarietà bilaterali previsti dal
    D.Lgs. n. 148/2015.
    Possono beneficiare delle prestazioni del Fondo i lavoratori con contratto di
    lavoro subordinato – esclusi i dirigenti e compresi i lavoratori a domicilio e tutte le
    tipologie di apprendistato – che al momento della domanda di accesso sono in
    possesso di un’anzianità di effettivo lavoro pari a 30 giorni maturati presso l’unità
    produttiva per la quale viene richiesta la prestazione. Tuttavia, si precisa nel decreto
    in parola, tale condizione non è richiesta laddove le domande riguardino trattamenti
    ordinari di integrazione salariale per eventi oggettivamente non evitabili.
    L’art. 3 D.M. 21 luglio 2022, poi, chiarisce che ai fini della maturazione del citato
    requisito di anzianità di effettivo lavoro, per il lavoratore che passa alle dipendenze
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    dell’impresa subentrante nell’appalto, si computa tenendo conto del periodo durante
    il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata.
    Per quanto riguarda invece la prestazione garantita dal FIS, ossia l’assegno di
    integrazione salariale, l’art. 6 del decreto in questione statuisce che il relativo importo
    è pari all’integrazione salariale in relazione alle causali di riduzione o sospensione
    dell’attività lavorativa previste dalla normativa in materia di CIGO e CIGS nonché in
    relazione a determinate soglie dimensionali.
    In particolare, per i datori di lavoro che occupano mediamente fino a 15
    dipendenti nel semestre precedente, l’accesso all’assegno di integrazione salariale
    può essere riconosciuto per le causali ordinarie e straordinarie, mentre qualora i
    predetti datori di lavoro occupino mediamente più di 15 dipendenti nel semestre
    precedente, l’accesso all’assegno di integrazione salariale può essere riconosciuto
    per le causali ordinarie.
    Infine, la prestazione in argomento può essere riconosciuta, a prescindere dal
    numero dei dipendenti, alle imprese del settore aereo e ai partiti e movimenti politici
    di cui all’art. 20, comma 3-ter, D.Lgs. n. 148/2015.
    Per quanto riguarda la misura della prestazione, il D.M. 21 luglio 2022 rinvia ai
    criteri di calcolo individuati in via generale dall’art. 3 D.Lgs. n. 148/2015, mentre per
    quanto riguarda la sua durata richiama quanto modificato dalla legge di bilancio
    2022, laddove si stabilisce una possibile fruizione per un periodo variabile da 13 a 26
    settimane in un biennio mobile, per le aziende che, rispettivamente, occupano fino a
    5 dipendenti e per quelle oltre tale soglia.
    Sempre in tema di assegno di integrazione salariale, si evidenzia come i
    lavoratori beneficiari possano nel contempo percepire l’assegno per il nucleo
    familiare (ANF) ovvero, con decorrenza 1° marzo 2022, l’assegno unico e universale
    per i figli a carico di cui al D.Lgs. n. 230/2021.
    Operativamente, l’art. 7 D.M. 21 luglio 2022 conferma che l’erogazione delle
    prestazioni verrà effettuata dal datore di lavoro ai dipendenti aventi diritto alla fine
    di ogni periodo di paga, e successivamente l’azienda potrà richiedere all’INPS
    l’importo della somma erogata tramite rimborso o conguaglio contributivo.
    Nel dettaglio, il conguaglio o la richiesta di rimborso delle prestazioni
    corrisposte ai lavoratori dovranno essere effettuati, a pena di decadenza, entro 6
    mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della
    concessione, ovvero, se posteriore, dalla comunicazione del provvedimento di
    autorizzazione.
    La struttura INPS territorialmente competente può autorizzare il pagamento
    diretto, con il connesso assegno per il nucleo familiare, ove spettante, in presenza di
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    serie e documentate difficoltà finanziarie del datore di lavoro, su espressa richiesta
    del datore di lavoro.
    Per quanto riguarda invece il finanziamento al Fondo in argomento, l’art. 8 D.M.
    21 luglio 2022 conferma le due aliquote previste dalla legge di bilancio 2022, pari allo
    0,5% e allo 0,80% (due terzi a carico del datore di lavoro e un terzo a carico dei
    lavoratori) rispettivamente per le aziende che occupano fino a 5 dipendenti e per
    quelle oltre tale soglia.
    Infine, viene stabilita una contribuzione addizionale a carico dei datori di lavoro
    connessa all’utilizzo dell’assegno di integrazione salariale, pari al 4% della
    retribuzione persa.
    5.6 Circolare INPS n. 109 del 2022: criteri di accesso all’assegno di integrazione
    salariale del Fondo di integrazione salariale
    Nella circolare n. 109 del 5 ottobre 2022, l’INPS illustra le novità introdotte dal
    D.M. n. 33/2022, con particolare riguardo agli specifici criteri di esame delle domande
    di accesso alle prestazioni garantite dal Fondo di integrazione salariale (FIS) e, in
    particolare, quelli utili all’approvazione dei programmi di riorganizzazione e crisi
    aziendale richiedibile da parte dei datori di lavoro che occupano fino a 15 dipendenti.
    Va osservato, in via preliminare, che con riguardo alla CIGS e, in particolare, alle
    relative causali di intervento di riorganizzazione, crisi aziendale e contratto di
    solidarietà, l’art. 1, comma 199, l. n. 234/2021 (legge di bilancio 2022) – modificando
    e integrando l’art. 21 D.Lgs. n. 148/2015 – ha ampliato la causale di riorganizzazione
    aziendale ricomprendendovi anche i casi in cui i datori di lavoro vi ricorrano “per
    realizzare processi di transizione”, da individuare e regolare tramite un apposito
    decreto del Ministro del Lavoro.
    In attuazione di tale previsione normativa, nonché in considerazione della
    necessità di adottare specifici criteri per l’accesso all’assegno di integrazione salariale
    per le causali straordinarie garantire dal FIS, è stato adottato il D.M. 25 febbraio 2022
    n. 33, di modifica del D.M. 94033/2016, recante i criteri per l’approvazione dei
    programmi di cassa integrazione straordinaria.
    L’Istituto evidenzia, innanzitutto, come il D.M. 33/2022 persegua la finalità di
    consentire all’azienda interessata un accesso più agevole ai trattamenti in questione.
    Infatti, va detto che l’art. 2 del DM 33/2022 ha attribuito all’INPS – in qualità di soggetto
    preposto ad autorizzare le prestazioni di assegno di integrazione salariale – le attività
    di ricezione e successiva valutazione degli elementi necessari ai fini dell’ammissione
    delle domande di accesso all’assegno di integrazione salariale del FIS per le causali
    straordinarie.
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    In particolare, i suddetti elementi, comprensivi dei relativi dati di natura
    economica e organizzativa, devono essere contenuti in una relazione unica che i
    datori di lavoro devono presentare all’INPS in modalità semplificata, ai sensi dell’art.
    47 D.P.R. n. 445/2000.
    Entrando nel merito delle causali, invece, l’INPS ricorda come la
    riorganizzazione aziendale sia stata modificata dalla legge di bilancio 2022 facendovi
    rientrare anche gli interventi attuati mediante processi di transizione. Sul punto, si
    evidenzia che tale nuova previsione normativa inserisce, nel modello di
    riorganizzazione aziendale finora conosciuto, una nuova situazione che non richiede
    necessariamente la presenza di significative inefficienze gestionali dell’azienda, ma
    che si realizza qualora il datore di lavoro ponga in essere un insieme di interventi
    finalizzati a realizzare percorsi di innovazione e modernizzazione digitale e
    tecnologica, nonché di rinnovamento e sostenibilità ambientale ed energetica della
    propria realtà aziendale ovvero ad attuare interventi straordinari in tema di misure
    di sicurezza.
    Con particolare riferimento all’assegno di integrazione salariale garantito dal
    FIS, l’art. 2 del D.M. 33/2022 richiede al datore di lavoro interessato la presentazione
    di un programma ad hoc contenente indicazioni relative agli investimenti per
    l’attuazione degli interventi nonché all’eventuale attività di formazione e
    riqualificazione professionale dei lavoratori per la valorizzazione delle risorse interne,
    anche ai fini di un consistente recupero occupazionale.
    Inoltre, il datore di lavoro deve presentare un piano di gestione delle eventuali
    eccedenze di personale, anche attraverso l’eventuale programmazione di attività di
    formazione e riqualificazione professionale.
    Per quanto concerne invece la causale “crisi di impresa”, l’art. 2 del D.M. 33/2022
    prevede, anche in questo caso, una procedura semplificata, consentendo all’impresa
    interessata di presentare una relazione, predisposta ai sensi dell’art. 47 D.P.R. n.
    445/2000, con cui documentare la situazione critica derivante da una contrazione
    dell’attività e le motivazioni che la determinano e che possono coincidere con la
    diminuzione degli ordini di lavoro o delle commesse, decremento delle vendite,
    contrazione dell’attività produttiva o di prestazione di servizi o dati negativi relativi al
    bilancio e al fatturato con riferimento all’ annualità precedente. A tale relazione potrà
    essere allegata della documentazione attestante la situazione economico finanziaria
    negativa.
    Infine, l’assegno del FIS può essere autorizzato anche quando la situazione di
    crisi sia conseguente ad un evento improvviso e imprevisto, esterno alla gestione del
    datore di lavoro. In tal caso, nell’apposita relazione occorre rappresentare
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    l’imprevedibilità dell’evento causa della crisi, la rapidità con la quale ha prodotto
    effetti negativi e la sua completa autonomia rispetto alle politiche di gestione del
    datore di lavoro.
    5.7 Circolare INPS n. 111 del 2022: istruzioni operative sull’indennità una tantum
    per i lavoratori dipendenti di cui al Decreto Aiuti bis
    Con la circ. n. 111 del 7 ottobre 2022, l’INPS fornisce le istruzioni operative ai fini
    del riconoscimento dell’indennità una tantum di 200 euro ai lavoratori dipendenti che
    non hanno potuto ricevere l’indennità nel mese di luglio 2022, ai sensi dell’art. 31 D.L.
    n. 50/2022 (cd. Decreto Aiuti).
    L’art. 22, comma 1, D.L. n. 115/2022 (cd. Decreto Aiuti bis) ha esteso l’indennità
    una tantum di 200 euro prevista ex art. 31 D.L. n. 50/2022 anche ai lavoratori con
    rapporto di lavoro in essere nel mese di luglio 2022 e che fino alla data di entrata in
    vigore del Decreto Aiuti non hanno beneficiato dell’esonero dello 0,8% della quota
    IVS (contributo Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) a carico del lavoratore (di cui all’art.
    1, comma 121, L. n. 234/2021) poiché interessati da eventi con copertura di
    contribuzione figurativa integrale dall’INPS.
    La disposizione specifica inoltre che l’indennità deve essere riconosciuta, in via
    automatica e dietro la presentazione di un’apposita dichiarazione del lavoratore, per
    il tramite dei datori di lavoro, nella retribuzione erogata nel mese di ottobre 2022.
    Tanto premesso, l’INPS precisa che la retribuzione nella quale erogare
    l’indennità una tantum di 200 euro è quella di competenza di ottobre 2022.
    Mentre, con riferimento all’ambito soggettivo, i lavoratori interessati (i) non
    devono essere già stati destinatari delle indennità una tantum di 200 euro di cui agli
    artt. 31 e 32 del DL 50/2022, (ii) devono aver avuto un rapporto di lavoro nel mese di
    luglio 2022 (anche con un datore di lavoro diverso da quello attuale), (iii) devono
    essere in forza nel mese di ottobre 2022; (iv) essere stati destinatari di eventi – con
    indennità mensile erogata entro i limiti di cui all’art. 1 comma 121 della L. 234/2021 –
    con copertura figurativa integrale dall’INPS fino alla data del 18 maggio 2022 (a causa
    della quale non hanno beneficiato dell’esonero dello 0,8% della quota IVS a carico del
    lavoratore).
    Per quanto concerne l’ultimo punto, viene sottolineato che gli eventi con
    copertura di contribuzione figurativa integrale dall’INPS devono sussistere dal 1°
    gennaio 2022 e fino alla data del 18 maggio 2022 (data di entrata in vigore del D.L. n.
    50/2022). Tali eventi possono inoltre essere sorti in data antecedente il 1° gennaio
    2022 e proseguiti in data successiva al 18 maggio 2022.
    Come già previsto dall’art. 31 D.L. n. 50/2022, ai fini dell’erogazione, il
    dipendente deve presentare al datore di lavoro che provvede all’erogazione
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    dell’indennità una tantum di 200 euro una dichiarazione nella quale attesti (i) di non
    beneficiare dell’indennità di 200 euro introdotta dagli artt. 31 e 32 del DL 50/2022; (ii)
    di essere stato destinatario di eventi con copertura di contribuzione figurativa
    integrale dall’INPS nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2022 e il 18 maggio 2022;
    (iii) di essere consapevole di non avere diritto all’indennità erogata nel mese di
    ottobre 2022, laddove già destinatario della stessa con erogazione d’ufficio da parte
    dell’Istituto.
    L’art. 22, comma 1, D.L. n. 115/2022 non fa alcun riferimento alle modalità di
    recupero dell’indennità erogata dal datore di lavoro. Sul punto, l’INPS precisa che –
    stante il richiamo all’art. 31 D.L. n. 50/2022 – il recupero deve avvenire mediante
    UniEmens. Nel dettaglio, la compensazione del credito derivante dall’erogazione
    dell’indennità di 200 euro di cui al citato art. 22 potrà essere effettuata nel mese di
    erogazione della stessa, con la denuncia UniEmens riferita alla competenza del mese
    di ottobre 2022, ovvero, tramite regolarizzazione sul flusso UniEmens della
    competenza del mese di luglio 2022.
    5.8 Messaggio INPS n. 3499 del 2022: maggiorazione dello sgravio contributivo in
    favore dei lavoratori dipendenti
    L’INPS, con il messaggio n. 3499 del 26 settembre 2022, fornisce nuove
    istruzioni in merito in merito alla maggiorazione dello sgravio contributivo in favore
    dei lavoratori dipendenti, prevista dall’art. 1, comma 121, l. n. 234/2021 (legge di
    bilancio 2022).
    La disposizione prevede, in via eccezionale, che per i periodi di paga dal 1°
    gennaio al 31 dicembre 2022, per i rapporti di lavoro dipendente, ad esclusione del
    lavoro domestico, è riconosciuto un esonero dello 0,8% sulla quota dei contributi
    previdenziali IVS a carico del lavoratore, a condizione che la retribuzione imponibile,
    parametrata su base mensile per 13 mensilità, non ecceda l’importo mensile di 2.692
    euro, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima.
    Successivamente, la misura dell’esonero in questione è stata incrementata di
    1,2 punti percentuali, per un totale del 2%, per i periodi di paga compresi tra luglio e
    dicembre 2022, dall’art. 20 D.L. n. 115/2022 (cd. Decreto Aiuti-bis).
    Una prima precisazione dell’INPS riguarda la determinazione del massimale
    della retribuzione imponibile relativa alla tredicesima mensilità. La riduzione della
    quota contributiva nel mese di competenza di dicembre 2022 potrà operare,
    distintamente, sia sulla retribuzione corrisposta nel mese, se non superiore al limite
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    di importo di 2.692 euro, sia sull’importo della tredicesima mensilità, purché non
    ecceda il predetto importo.
    Invece, qualora i ratei di mensilità aggiuntiva vengano erogati nei singoli mesi,
    l’esonero potrà operare, distintamente, sia sulla retribuzione lorda, laddove non
    superiore a 2.692 euro, sia sui ratei di tredicesima, qualora l’importo di tali ratei non
    superi nel mese di erogazione l’importo di 224 euro (2.692 euro/12).
    Per quanto concerne invece l’eventuale quattordicesima, nel relativo mese di
    erogazione, la riduzione contributiva potrà trovare applicazione solo nell’ipotesi in cui
    l’ammontare della mensilità aggiuntiva (o dei suoi ratei), sommato alla retribuzione
    imponibile del mese di riferimento, non ecceda l’importo di 2.692 euro.
    Un’altra problematica esaminata riguarda l’ipotesi in cui si realizzino variazioni
    del rapporto di lavoro che conseguano la presentazione di più denunce individuali
    per il medesimo lavoratore, come ad esempio il caso in cui vi sia una variazione del
    rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno o l’ipotesi in cui, nel corso del
    mese, si verifichi una trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a
    tempo indeterminato, oppure il caso in cui il personale transiti da una posizione
    contributiva a un’altra.
    Sul punto, l’INPS chiarisce che il limite mensile di 2.692 euro deve riferirsi al
    rapporto di lavoro, pertanto, nelle predette ipotesi, in considerazione della
    circostanza che il rapporto prosegua senza soluzione di continuità, sebbene si realizzi
    una variazione dello stesso, il massimale del singolo mese di competenza deve tenere
    conto della complessiva retribuzione imponibile. L’esonero contributivo in esame,
    pertanto, laddove il massimale complessivamente considerato nelle predette ipotesi
    non ecceda l’importo mensile di 2.692 euro, potrà essere fruito pro quota nelle
    singole denunce mensili.
    Ancora, nel messaggio in questione si precisa che la delimitazione del periodo
    temporale di applicazione dell’agevolazione in parola – dal 1° gennaio al 31 dicembre
    2022 – consegue che possono essere oggetto di esonero le sole quote di
    contribuzione a carico del lavoratore relative a rapporti di lavoro subordinato
    dell’anno in corso. In pratica, laddove il lavoratore abbia cessato il proprio rapporto
    di lavoro entro il 31 dicembre 2021 e, nel corso dell’anno 2022, siano state erogate le
    ultime competenze (residui di ferie e permessi, ratei di mensilità aggiuntive, ecc.), su
    tali ultime competenze l’esonero in trattazione non può trovare applicazione.
    In modo analogo, nelle ipotesi in cui il lavoratore dovesse cessare il proprio
    rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2022 e, nel corso dell’anno 2023, dovessero
    essergli erogate le ultime competenze (residui di ferie e permessi, ratei di mensilità
    aggiuntive, ecc.), l’esonero, nell’anno 2023, su tali ultime competenze, non potrà
    trovare applicazione.
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    Un ulteriore chiarimento riguarda poi l’applicabilità dell’esonero per le ipotesi
    di lavoratori distaccati all’estero in Paesi extracomunitari non convenzionati o
    parzialmente convenzionati. Sul punto, l’INPS afferma che, sebbene la disciplina
    speciale ex D.L. n. 317/1987 preveda una contribuzione previdenziale speciale, con
    l’applicazione di retribuzioni convenzionali, l’esonero in trattazione, sostanziandosi in
    una riduzione della sola quota a carico del lavoratore, può trovare applicazione a
    condizione che la retribuzione mensile non superi l’importo di 2.692 euro.
    In ultimo, il messaggio fornisce ulteriori istruzioni inerenti la gestione dei flussi
    UniEmens, anche alla luce dell’incremento dell’aliquota di esonero disposta dal
    Decreto Aiuti-bis (2%), recepita a partire dal flusso di competenza del mese di ottobre
    2022.
    5.9 Messaggio INPS n. 3518 del 2022: chiarimenti in materia di Assegno unico
    universale
    Con il messaggio n. 3518 del 27 settembre 2022, l’INPS ha fornito le prime
    indicazioni in materia di assegno unico e universale, ex D.Lgs. n. 230/2021, dopo che
    l’art. 38 D.L. n. 73/2022 ne ha modificato la disciplina con lo scopo di garantire, per
    l’anno 2022, un maggior sostegno ai nuclei familiari con figli disabili.
    In particolare, l’art. 38 modifica l’art. 2 D.Lgs. n. 230/2021, inserendo fra i
    soggetti beneficiari dell’assegno in esame, in caso di nuclei familiari orfanili, anche
    ogni orfano maggiorenne già titolare di pensione ai superstiti a cui sia stata
    riconosciuta disabilità grave ex art. 3, comma 3, L. n. 104/1992.
    Il comma 1 modifica anche l’art. 4 D.Lgs. n. 230/2021 relativo ai criteri per la
    determinazione dell’importo dell’assegno, che varia ed è soggetto a maggiorazioni in
    base alla situazione economica del nucleo familiare come determinata dall’ISEE e
    dalle sue componenti, tenendo conto del numero e dell’età dei figli a carico. La
    modifica comporta che, per il 2022, l’importo dell’assegno previsto per ciascun figlio
    minorenne, pari a un massimo di 175 euro mensili per un ISEE pari o inferiore a
    15.000 euro (da ridursi gradualmente in funzione del crescere del valore ISEE), venga
    concesso nella medesima misura anche in caso di figli maggiorenni disabili senza
    limiti di età.
    Inoltre, la norma estende la maggiorazione di cui all’art. 4, comma 4, D.Lgs. n.
    230/2021, prevista per i figli disabili minorenni, anche ai figli affetti da disabilità
    maggiorenni fino al compimento del 21° anno di età. Nel dettaglio, si tratta della
    maggiorazione che ammonta a 105 euro mensili in caso di non autosufficienza e
    diminuisce a 95 euro in caso di disabilità grave e a 85 euro mensili in caso di disabilità
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    media, che solo per il 2022 troverà applicazione in luogo di quella fissa pari a 80 euro,
    espressamente prevista per i figli disabili under 21 dall’art. 4, comma 5, D.Lgs. n.
    230/2021.
    Come precisato anche nella tabella riepilogativa contenuta nel messaggio in
    commento, ne consegue che, per l’anno 2022, al figlio disabile maggiorenne “under
    21” spetti un importo base massimo pari a 175 euro (invece di 85 euro), a cui può
    applicarsi la maggiorazione ex art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 230/2021, scaglionata in base
    al grado di disabilità (per un totale mensile massimo di 280 euro), invece della
    maggiorazione di 80 euro.
    In applicazione dell’art. 4, commi 5 e 6 all’art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 230/2021,
    come modificati dal D.L. n. 73/2022, l’Istituto di previdenza precisa che i nuovi importi
    trovano applicazione nel periodo 1° marzo 2022 – 28 febbraio 2023; pertanto, a
    partire dal 1° marzo 2023, per tutti i figli maggiorenni affetti da disabilità l’importo
    base massimo scenderà a 85 euro e per i figli disabili maggiorenni “under 21” troverà
    nuovamente applicazione la maggiorazione ex art. 4, comma 5, D.Lgs. n. 230/2021
    pari a 80 euro.
    L’art. 38 dispone poi anche alcune modifiche all’art. 5 D.Lgs. n. 230/2021, con
    riferimento alla maggiorazione transitoria per i nuclei familiari con ISEE fino a 25.000
    euro, fruibile dal 2022 a febbraio 2025 e riconosciuta mensilmente al ricorrere di
    determinate condizioni. In proposito, l’art. 38 introduce il comma 9-bis all’art. 5 D.Lgs.
    n.. 230/2021, che dispone l’aumento di 120 euro al mese gli importi riconosciuti per
    l’anno 2022 ai nuclei familiari con almeno un figlio a carico con disabilità. In proposito,
    l’INPS chiarisce che la quota della maggiorazione transitoria, cui applicare
    l’incremento pari a 120 euro mensili, spetta se la differenza tra la sommatoria delle
    componenti familiare e fiscale sottratta all’ammontare dell’assegno unico ha valore
    positivo.
    Quanto alla decorrenza delle nuove disposizioni, il messaggio in esame
    chiarisce che queste hanno effetto con riferimento alle mensilità spettanti da marzo
    2022 incluse le mensilità di gennaio e febbraio 2023. Pertanto, per le domande
    presentate entro il 30 giugno 2022, l’INPS provvederà ai dovuti conguagli delle rate di
    assegno unico spettanti ed eventualmente già erogate a decorrere dal mese di marzo
    2022.
    Per le domande presentate a partire dal 1° luglio 2022, invece, gli importi in
    pagamento risultano già aggiornati al D.L. n. 73/2022.
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    5.10 Risposta a interpello n. 460 del 2022: rapporto tra regime forfettario e regime
    degli impatriati
    L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 460 del 20 settembre 2022,
    si è pronunciata in merito alla possibilità di accesso al regime degli impatriati in
    periodi di imposta successivi a quello del rientro in Italia, ove in quest’ultimo periodo
    si sia deciso di fruire del regime forfetario.
    Nel caso in esame, un cittadino italiano, dopo essere stato residente nel Regno
    Unito per quattro anni, nel mese di aprile 2022 è rientrato in Italia per svolgere attività
    di lavoro autonomo; per il primo anno di attività i compensi derivanti da tale attività
    sono stimati di importo inferiore a 65.000 euro, soglia limite per beneficiare del
    regime forfetario di cui all’art. 1 comma 54 della L. 190/2014.
    Nel presupposto che siano verificati sia i requisiti di legge per accedere al
    regime degli impatriati. di cui all’art. 16 D.Lgs. n. 147/2015, sia quelli per accedere al
    richiamato regime forfetario, l’Istante ha chiesto se potrà alternativamente fruire, in
    anni di imposta differenti, dei due regimi agevolati, sempre nel rispetto delle relative
    norme, e se non perderà i requisiti per le agevolazioni degli impatriati nei primi 5
    periodi di imposta dal rimpatrio, qualora nel primo anno optasse per il regime
    forfettario.
    L’Amministrazione finanziaria ricorda, preliminarmente, che, per fruire del
    regime di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015, è necessario che il lavoratore lavoratore
    (i) trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 2 TUIR, (ii) non sia
    stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si
    impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni e (iii) svolga l’attività lavorativa
    prevalentemente nel territorio italiano.
    Al ricorrere di tali condizioni, i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a
    quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono
    alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro
    ammontare.
    Ai sensi dell’art. 16, comma 3, D.Lgs n. 147 del 2015, a tale regime i contribuenti
    possono accedere per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui
    trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.
    L’Amministrazione finanziaria afferma, poi, che in linea con la finalità dell’art.
    16, D.Lgs. n. 147/2015 – tesa ad agevolare i soggetti che si trasferiscono in Italia per
    svolgervi la loro attività – il regime speciale per lavoratori impatriati risulta applicabile
    ai soli redditi (di lavoro dipendente, assimilati a quelli di lavoro dipendente e di lavoro
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    autonomo) che, prodotti nel territorio dello Stato, concorrono alla formazione del
    reddito complessivo del contribuente secondo le ordinarie disposizioni del TUIR.
    L’adesione al cd. “regime forfetario”, di cui all’art. 1, commi da 54 a 89, della
    legge 23 dicembre 2014, n. 190, comporta, invece, la determinazione del reddito
    imponibile secondo criteri forfetari, applicando all’ammontare dei ricavi o dei
    compensi percepiti il coefficiente di redditività in misura diversificata a seconda del
    codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata, sul quale viene poi operata
    un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali
    e dell’imposta regionale sulle attività produttive pari al 15 per cento. Ciò implica,
    pertanto, che, per espressa previsione normativa (art. 3, comma 3, lett. a), TUIR), tale
    reddito non concorre alla formazione del reddito complessivo.
    Al riguardo, l’Amministrazione finanziaria ricorda la Circolare n. 33/E del 2020,
    in occasione della quale è stato chiarito che il contribuente che rientra in Italia per
    svolgere un’attività di lavoro autonomo, beneficiando del regime forfetario, non potrà
    avvalersi del regime previsto per i lavoratori impatriati, in quanto i redditi prodotti in
    regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo. Resta
    ferma la possibilità per il contribuente di rientrare in Italia per svolgere un’attività di
    lavoro autonomo, beneficiando, in presenza dei requisiti, del regime fiscale previsto
    per gli impatriati, laddove venga valutata una maggiore convenienza nell’applicazione
    di detto regime rispetto a quello naturale forfetario.
    L’opzione per il regime forfetario, pur sussistendo i requisiti per l’applicazione
    del regime degli impatriati al momento del rientro in Italia, comporta, quindi,
    l’impossibilità di esprimere a posteriori l’opzione per il diverso regime degli
    impatriati.
    Ne consegue che, nel caso in cui l’Istante, avendo trasferito la residenza fiscale
    in Italia nel mese di aprile 2022, dovesse optare in relazione all’annualità in corso per
    il regime forfetario, negli anni successivi e sino al compimento del quinquennio
    potenzialmente agevolabile (ossia dal 2023 al 2026) non potrà fruire del diverso
    regime di cui all’art. 16 D.Lgs n. 147 del 2015.
    5.11 Risposta a interpello n. 468 del 2022: trattamento fiscale dei compensi erogati
    nell’anno successivo a quello di maturazione
    Con la risposta a interpello n. 468 del 22 settembre 2022, l’Agenzia delle Entrate
    è intervenuta sull’applicazione del regime di tassazione separata, ex art. 17, comma
    1, TUIR, agli emolumenti corrisposti nell’anno successivo a quello di maturazione in
    virtù di contratti collettivi integrativi.
    Nel caso sottoposto all’esame dell’Amministrazione finanziaria, l’istante rende
    noto che, nell’ottobre 2021, ha sottoscritto il Contratto collettivo nazionale integrativo
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    per il personale delle Aree A, B e C (Dirigenti, Professionisti, Medici) relativo, ai fini
    della disciplina economica, al periodo di riferimento 1° gennaio 2020 – 31 dicembre
    2021 e che, diversamente dalle precedenti contrattazioni integrative, avvenute su
    base annuale, per il citato contratto è stata stabilita una durata biennale, a seguito di
    un confronto negoziale intercorso nel 2021 con le organizzazioni sindacali.
    In seguito alla stipula del contratto, l’istante potrà corrispondere solo nel corso
    del 2022 i compensi relativi (i) alle differenze stipendiali conseguenti ai passaggi
    economici all’interno delle aree, (ii) alle indennità correlate sia al diverso livello di
    responsabilità, anche di natura professionale, sia allo svolgimento di particolari
    funzioni e compiti specifici, (iii) al trattamento economico di professionalità (TEP) e ad
    altri compensi incentivanti la produttività determinati in base al contributo di gruppo
    e individuale, riferiti distintamente all’anno 2020 e all’anno 2021.
    Inoltre, lo stesso istante rende noto che, relativamente agli emolumenti riferiti
    all’anno 2021, non ha potuto erogare i compensi entro la fine del medesimo anno in
    considerazione della data di conclusione del contratto; egli non aveva potuto erogare
    tali compensi neppure nei primi mesi dell’anno 2022, dovendo procedere agli
    adeguamenti derivanti dall’applicazione della riforma fiscale delle aliquote Irpef e
    delle detrazioni di imposta in vigore dal 2022.
    Infine, l’istante, rappresentando che nel corso del 2019, per effetto dei CCNI
    sottoscritti alla fine dello stesso anno 2019, sono stati corrisposti alcuni emolumenti
    arretrati di lavoro dipendente, riferiti al periodo 1° gennaio 2018 – 31 dicembre 2018,
    assoggettandoli erroneamente al regime di tassazione corrente in luogo del regime
    di tassazione separata, chiede in che modo possa recuperare le maggiori ritenute
    operate.
    L’Istante ha, dunque, chiesto se fosse possibile applicare, relativamente agli
    emolumenti corrisposti nell’anno successivo a quello di maturazione, in virtù dei
    menzionati contratti collettivi integrativi, il regime della tassazione separata, ai sensi
    dell’art. 17, comma 1, lett. b), TUIR.
    Nel rispondere al quesito sottoposto, l’Amministrazione finanziaria ricorda,
    preliminarmente, che l’art. 17, comma 1, lett. b), TUIR prevede che sono soggetti a
    tassazione separata «gli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente
    riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di
    sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti, o per altre cause non dipendenti dalla
    volontà delle parti».
    Le situazioni che rilevano ai fini della tassazione separata sono quelle:
    (i) di “carattere giuridico”, che consistono nel sopraggiungere di norme
    legislative, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi, ai quali è
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    sicuramente estranea l’ipotesi di un accordo tra le parti in ordine a un “rinvio” del
    tutto strumentale nel pagamento delle somme spettanti;
    (ii) consistenti in “oggettive situazioni di fatto”, che impediscono il pagamento
    delle somme riconosciute spettanti entro i limiti di tempo ordinariamente adottati
    dalla generalità dei sostituti d’imposta, causandone il “ritardo”.
    La tassazione separata è esclusa quando la corresponsione degli emolumenti
    in un periodo d’imposta successivo a quello di maturazione è “fisiologica” rispetto ai
    tempi tecnici occorrenti per l’erogazione degli emolumenti stessi. Sul punto, non deve
    essere effettuata alcuna indagine sul “ritardo” nella corresponsione degli emolumenti
    qualora ricorra una delle “cause giuridiche” (ad esempio il sopraggiungere di contratti
    collettivi), viceversa l’indagine è necessaria quando il “ritardo” è determinato da
    “circostanze di fatto”.
    Tra le cause giuridiche che legittimano l’applicazione della tassazione separata
    vi è, quindi, anche il sopraggiungere di un contratto collettivo, anche decentrato; di
    conseguenza, in generale, è sufficiente che, per effetto della stipula del contratto
    collettivo, l’erogazione avvenga nel periodo d’imposta successivo rispetto a quello in
    cui le somme si riferiscono per applicare la tassazione separata (a prescindere dalla
    natura degli emolumenti e dalla complessità dell’iter di liquidazione).
    Con riguardo agli emolumenti correlati al raggiungimento di obiettivi
    predeterminati e corrisposti nell’anno successivo a quello cui gli obiettivi sono
    raggiunti, è la stessa natura degli emolumenti che comporta – generalmente –
    l’erogazione nell’anno successivo. Di conseguenza, la tassazione separata non si
    applica sia se gli emolumenti sono corrisposti nello stesso periodo d’imposta cui si
    riferiscono, sia nel caso in cui l’erogazione nell’anno successivo sia “fisiologica”, in
    considerazione della natura dell’emolumento, e non dipenda da una causa giuridica
    sopravvenuta (ad esempio, se il contratto collettivo è stipulato nell’anno successivo a
    quello di riferimento).
    In merito alla valutazione della fisiologicità del ritardo, l’Agenzia sottolinea come
    il termine di 120 giorni, quale parametro oggettivo per la qualificazione del ritardo,
    stabilito da alcune sentenze della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 3925/2022), non
    possa essere assunto come criterio generale, in quanto non espressamente previsto
    dal legislatore.
    Tanto premesso, nella fattispecie in esame, il 25 ottobre 2021 è stato stipulato
    il contratto collettivo nazionale integrativo relativo agli anni 2020-2021, che definisce,
    tra l’altro, i criteri per l’assegnazione al personale delle aree (A, B e C) delle somme e
    delle indennità per emolumenti da lavoro dipendente, correlate sia al diverso livello
    di responsabilità delle posizioni organizzative sia allo svolgimento di particolari
    funzioni e compiti, nonché i compensi incentivanti la produttività.
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    Secondo l’Amministrazione finanziaria, trova applicazione la tassazione
    separata nei confronti dei compensi relativi allo svolgimento di particolari compiti e
    funzioni e delle indennità di posizioni organizzative (una tantum o mensili), relativi
    agli anni 2020 e 2021, considerato che questi saranno corrisposti in un periodo
    d’imposta successivo (ovverosia il 2022) rispetto a quello di maturazione (2020 e
    2021), in esecuzione del contratto collettivo nazionale integrativo sottoscritto il 25
    ottobre 2021 (ovverosia per una causa giuridica sopravvenuta).
    Invece, in merito ai “compensi incentivanti la produttività”, tenuto conto che tali
    somme sono dovute in base alle previsioni contrattuali, a seguito della valutazione
    dei risultati nell’ambito del sistema di misurazione e valutazione della performance
    adottato, trova applicazione la tassazione:
    (i) separata per le somme relative all’anno 2020 (essendo il contratto
    sottoscritto il 25 ottobre 2021, ovverosia l’anno successivo a quello di maturazione);
    (ii) ordinaria per le somme relative all’anno 2021, in quanto la sottoscrizione del
    contratto nel medesimo anno di riferimento non può costituire una causa giuridica
    “sopravvenuta” che comporta la tassazione separata.
    Infine, nel caso di specie, non trova applicazione il regime di tassazione separata
    per il quarto acconto (quello relativo all’ultimo trimestre dell’anno) dei premi
    incentivanti o retribuzioni di risultato erogato nel mese di marzo dell’anno successivo
    su previsione dello stesso contratto collettivo (anche preesistente).
    6 NOVITÀ IN MATERIA IVA
    6.1 Risoluzione n. 60 del 2022: cessioni viaggiatori extra UE con IVA per lo schema
    non conforme alle norme
    Con la risoluzione n. 60 del 2022, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il
    rimborso IVA per gli acquisti dei viaggiatori extracomunitari (art. 38-quatermdel
    D.P.R. n. 633/1972) non può applicarsi alla peculiare ipotesi di mandato all’acquisto
    con rappresentanza rilasciato dal gestore di un’apposita app (mandante) in favore
    del viaggiatore (mandatario) cui i beni vengono contestualmente riceduti con
    successiva detrazione IVA sugli acquisti da parte del mandante.
    L’Agenzia, in via preliminare, si sofferma sul citato art. 38-quater del D.P.R. n.
    633/1972, ricordando che le cessioni di beni superiori a 154,94 euro IVA inclusa,
    effettuate nei confronti di acquirenti extracomunitari da trasportare nei bagagli
    personali, possono essere effettuate senza il pagamento dell’IVA. La condizione da
    rispettare è l’emissione della fattura e il trasporto dei beni fuori dalla Comunità entro
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    il terzo mese dall’operazione. La fattura inoltre dovrà essere restituita al cedente con
    gli estremi del passaporto o altro documento similare, entro il quarto mese
    successivo alla stessa operazione, pena la regolarizzazione ai fini IVA della cessione.
    Citando i principi normativi e la prassi sul tema, inoltre, l’Agenzia ricorda due
    principi fondamentali, riassunti nei seguenti punti:
     i cessionari devono essere residenti o domiciliati in Paesi extra Ue;
     non sussistono specifiche limitazioni in ordine alla qualificazione dei soggetti
    passivi cedenti (ad esempio i commercianti al minuto in locali aperti al pubblico), che
    tuttavia restano figure distinte da quella dell’intermediario che può eseguire il
    rimborso al posto del cedente;
     i beni devono essere destinati all’uso personale o familiare del viaggiatore e
    sono escluse le prestazioni di servizi;
     il valore di 154,94 euro non può riferirsi a più cessioni avvenute in momenti
    diversi anche se sono documentate con un’unica fattura;
     la cessione dei beni ai viaggiatori extracomunitari deve essere documentata
    tramite il sistema Otello – “Online tax refund at exit: light lane optimization”,
    nell’attuale versione 2.0, con emissione di una fattura in formato elettronico, nella
    sua messa a disposizione in modalità digitale e anche nella consegna in modalità
    analogica;
     non sono ammesse modalità che non consentano di rispettare puntualmente i
    requisiti richiamati.
    Alla luce del quadro delineato, l’Agenzia rileva che tali passaggi non sono
    presenti nell’attività ipotizzata dall’istante dove beta non sceglie i beni che il
    mandatario acquista in suo nome e per conto, ma non ne entra mai neppure in
    possesso, né effettua il pagamento che viene demandato interamente ai viaggiatori.
    Il modello descritto nell’interpello, in sintesi, non può ritenersi conforme alle
    indicazioni fornite dalla normativa nazionale comunitaria e dalla prassi che
    legittimano il rimborso dell’imposta.
    6.2 Esenzione IVA per la pulizia e la sanificazione dell’Hub vaccinale
    Secondo quanto precisato dall’Amministrazione finanziaria, con la risposta ad
    interpello n. 502 del 2022, le prestazioni di servizi di pulizia e di sanificazione
    effettuate da una società presso gli Hub vaccinali sono riconducibili nell’ambito delle
    prestazioni di servizi “strettamente connesse” ai vaccini, in quanto sono funzionali al
    raggiungimento dell’obiettivo di consentire la massima diffusione della campagna
    vaccinale a costi sostenibili; di conseguenza, tali prestazioni possono, quindi, fruire
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    del regime temporaneo di esenzione IVA, valido fino al 31 dicembre 2022, previsto
    dall’articolo 1, comma 453, della legge n. 178/2020.
    In particolare, nel caso sottoposto all’attenzione dell’Amministrazione, l’istante
    è una società di pulizia a cui la Asl ha chiesto di estendere i propri servizi anche agli
    Hub vaccinali situati presso reparti ospedalieri o strutture distaccate e isolate,
    specificamente destinate alla somministrazione di vaccini. L’Agenzia, dopo aver
    ricordato la norma di esenzione IVA, per le cessioni di vaccini anti Covid, fa presente
    che tale disposizione recepisce la direttiva Ue n. 2020 del 7 dicembre 2020 (direttiva
    Covid), introducendo il nuovo articolo 129-bis, che concede agli Stati membri la
    possibilità, in via transitoria, di applicare alla fornitura dei vaccini contro il Covid, ai
    relativi dispositivi medico-diagnostici e ai servizi ad essi connessi, l’aliquota Iva ridotta
    o l’esenzione Iva.
    L’Agenzia, inoltre, ricorda che ai fini dell’estensione del beneficio, è necessario
    un collegamento funzionale tra tali servizi e le finalità della direttiva Covid, tesa a
    favorire e accelerare la diffusione delle vaccinazioni, a costi sostenibili, con facilità di
    accesso.
    In conclusione, ravvisando nei servizi effettuati dall’istante tale collegamento e
    considerando che possono essere riconducibili fra le prestazioni “strettamente
    connesse” ai vaccini, secondo le previsioni dell’articolo 1, comma 453 legge n.
    178/2020, l’Agenzia ritiene che la pulizia e sanificazione dell’Hub possano fruire
    dell’esenzione IVA.
    In merito, invece, al secondo quesito riguardo alla possibilità per tali prestazioni
    di fruire del reverse charge, l’Agenzia ritiene che ai citati servizi di pulizia e
    sanificazione non si potrà applicare il meccanismo dell’inversione contabile, in
    considerazione del fatto che non comportano addebito d’imposta, come chiarito
    anche dalla circolare n. 37/2015.
    6.3 Gruppo IVA, focus su volume d’affari e ricavi per la controllante estera
    Con la risposta n. 487 del 5 ottobre 2022, l’Agenzia precisa che, ai fini
    dell’identificazione del rappresentante del gruppo IVA, occorre far riferimento al
    valore più elevato tra i due dati (il volume d’affari e i ricavi) cui fa rinvio il disposto
    normativo di riferimento, come risultante dalle dichiarazioni presentate ai fini IVA e
    ai fini delle imposte sui redditi, relative al periodo d’imposta precedente la
    costituzione del gruppo IVA.
    In particolare, in data 1° dicembre 2021 le tre società istanti, soggetti giuridici di
    diritto italiano appartenenti precedentemente ad un gruppo d’imprese assicurativo
    Pag. 38
    inglese, sono state acquisite, per il tramite di una società francese, da un gruppo
    assicurativo transalpino.
    La società francese ha acquisito il controllo di diritto, ai sensi dell’art. 2359,
    primo comma cc., delle tre società italiane, secondo un determinato assetto
    societario.
    In virtù della nuova struttura partecipativa, tra le tre società istanti di diritto
    italiano, controllate direttamente dallo stesso soggetto di diritto francese, si è
    instaurato dal 1° luglio 2022 il vincolo finanziario, di cui all’articolo 70-ter, comma 1,
    lett. b) D.P.R n. 633/1972, e, conseguentemente, al ricorrere di quest’ultimo requisito
    di natura finanziaria, ai sensi dell’art. 70-ter, quarto comma del medesimo D.P.R. si
    presumono sussistenti anche gli ulteriori vincoli, economico ed organizzativo richiesti
    ai fini della costituzione del gruppo IVA.
    Le tre società italiane interpellanti, per le quali risultano ricorrenti tutti e tre i
    vincoli finanziario, economico ed organizzativo, di cui al richiamato articolo 70-ter
    D.P.R n. 633/1972, stanno valutando l’opportunità di esercitare l’opzione per la
    costituzione del gruppo IVA a partire dal primo gennaio 2023.
    Ciò posto, le compagini evidenziano che, nel caso di specie, il soggetto che
    esercita il controllo di diritto, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma cc, non può
    assumere la veste di rappresentante del gruppo Iva non essendo stabilito nel
    territorio dello Stato italiano. Inoltre, l’articolo 70-septies D.P.R n. 633/1972 stabilisce
    che se il soggetto che esercita il controllo di diritto non può, come nel caso di specie,
    esercitare l’opzione, è rappresentante di gruppo il soggetto partecipante con volume
    d’affari o ammontare di ricavi più elevati nel periodo precedente alla costituzione del
    gruppo medesimo.
    Pertanto, viene chiesto di chiarire se i due parametri del volume d’affari e dei
    ricavi, cui rinvia il richiamato articolo 70-septies del decreto Iva, possano essere
    considerati alternativi tra loro, ai fini dell’identificazione del soggetto deputato ad
    assumere la veste di rappresentante del gruppo Iva.
    L’Agenzia premette che l’articolo 70-bis, comma 1 D.P.R n. 633/1972 stabilisce
    che i soggetti passivi stabiliti nello Stato ed esercenti attività d’impresa, arte o
    professione, per i quali ricorrano congiuntamente i requisiti dei vincoli finanziario,
    economico ed organizzativo (di cui al successivo art. 70-ter), possono costituire –
    esercitando apposita opzione – un autonomo ed unitario soggetto passivo ai fini del
    tributo, denominato gruppo Iva.
    La disposizione recata dall’articolo 70-ter assegna una preminenza relativa al
    vincolo di carattere finanziario, stabilendo, al comma 4, che tra i soggetti legati da un
    rapporto di controllo di diritto, di cui all’art. 2359, primo comma c.c., si presumono
    sussistenti anche i vincoli economico ed organizzativo.
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    Con specifico riferimento al predetto requisito del vincolo finanziario, il comma
    1 dell’articolo 70-ter del Dpr n. 633/1972 subordina la costituzione di un gruppo Iva
    da parte di soggetti passivi d’imposta residenti nel territorio dello Stato italiano al
    verificarsi di due condizioni:
  • la sottoposizione dei soggetti societari residenti al rapporto di controllo,
    diretto o indiretto, di cui all’articolo 2359, comma 1, n. 1) cc, da parte del medesimo
    soggetto non residente nel territorio dello Stato italiano purché lo stesso sia
    residente in uno Stato che ha stipulato con l’Italia un accordo che garantisca lo
    scambio effettivo di informazioni;
  • la permanenza del suddetto vincolo di controllo dal 1° luglio dell’anno
    precedente a quello nel quale è stata esercitata l’opzione per la costituzione del
    gruppo Iva.
    Nell’ipotesi – spiega la prassi – in cui il vincolo finanziario tra società residenti
    intercorra per il tramite dello stesso soggetto di diritto estero, è necessario che il
    rapporto di controllo sui soggetti passivi d’imposta residenti sia esercitato in modo
    diretto e non risulti intermediato da altri soggetti (cfr. circolare 19/2018). Inoltre,
    continua la circolare citata, il requisito del controllo deve essere verificato solo in capo
    alla prima società holding situata all’estero, dovendosi interpretare in tale senso il
    richiamo, effettuato dal legislatore nazionale, alla circostanza che il gruppo
    domestico deve essere controllato, direttamente o indirettamente, dal medesimo
    soggetto, pur stabilito in un Paese diverso dall’Italia.
    Pertanto, nell’ipotesi in cui il controllo di diritto dei soggetti passivi d’imposta
    stabiliti in Italia sia esercitato per il tramite di un soggetto estero, residente, come nel
    caso di specie, in uno Stato membro (Francia) che ha stipulato con l’Italia un accordo
    che garantisca lo scambio effettivo di informazioni, il gruppo Iva è costituito dalle
    società residenti nel territorio dello Stato, mentre il soggetto controllante
    rappresenta solo il punto di riferimento per l’individuazione del perimetro domestico
    del costituendo organismo collettivo d’imposta.
    Per quanto concerne l’individuazione dei criteri cui far riferimento ai fini
    dell’identificazione del rappresentante del gruppo, si ricorda che il rappresentante,
    secondo quanto disposto dal primo periodo del comma 2, dell’articolo 70-septies del
    Dpr n. 633/1972, è individuato ope legis nel soggetto che esercita sugli altri
    partecipanti al gruppo Iva il controllo previsto dall’articolo 70-ter, comma 1, del
    medesimo D.P.R (“vincolo finanziario”).
    Come precisato con la citata circolare n. 19/2018, qualora tale soggetto non
    possa esercitare l’opzione (come accade nel caso di specie trattandosi di controllante
    di diritto estero), il ruolo di rappresentante del gruppo è attribuito ope legis, al
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    partecipante in capo a cui si rilevi il volume d’affari (ai fini Iva) o l’ammontare di ricavi
    (ai fini delle imposte dirette) più elevato nell’anno precedente la costituzione del
    gruppo.
    A tal proposito, la relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio 2017 (legge
    n. 232/2016) – che ha introdotto nell’ordinamento domestico l’istituto del Gruppo Iva
  • con specifico riferimento all’ipotesi d’identificazione del rappresentante del gruppo
    disciplinata dal secondo periodo dell’articolo 70-septies del Dpr n. 633/1972 precisa
    che la predetta norma “si sofferma sull’ipotesi in cui nessun soggetto che esercita il
    controllo di diritto possa esercitare l’opzione (il caso più frequente è quello in cui i
    soggetti stabiliti nel territorio dello Stato siano “sorelle” in quanto controllati da un
    soggetto che non è stabilito nel territorio dello Stato). In tale ipotesi, il rappresentante
    di gruppo è ope legis individuato nel soggetto partecipante con volume d’affari o
    ammontare di ricavi più elevato nel periodo precedente alla costituzione del gruppo
    medesimo. La norma prende in considerazione la possibile fisiologica discrasia tra
    ammontare dei ricavi ai fini delle imposte dirette e ammontare del volume d’affari ai
    fini Iva, precisando che, ove il rappresentante di gruppo non possa essere individuato
    nel soggetto che esercita il controllo di diritto, questo dovrà essere individuato nel
    soggetto che – comparando gli importi dei volumi d’affari e dei ricavi dei partecipanti
    al gruppo – esprima il valore assoluto più elevato.”.
    Il principio enucleato dalla detta circolare trova fondamento nei chiarimenti
    contenuti nella relazione illustrativa alla legge n. 232/2016 e risulta ancora più chiaro
    dall’esempio ivi riportato secondo cui quando “al gruppo Iva partecipino due soggetti,
    A e B nelle ipotesi in cui A abbia avuto nell’anno precedente un volume d’affari pari a
    101.000.000 euro e ricavi per 109.000.000 euro e che B abbia avuto nell’anno
    precedente un volume d’affari pari a 100.000.000 euro e ricavi per 119.000.000 euro,
    il rappresentante di gruppo sarà da individuare in B”.
    In definitiva, ai fini dell’identificazione del rappresentante del costituendo
    gruppo Iva occorre far riferimento al valore più elevato tra i due dati (il volume d’affari
    e i ricavi) cui fa rinvio l’articolo 70-septies Dpr n. 633/1972, come risultante dalle
    dichiarazioni presentate ai fini Iva e ai fini delle imposte sui redditi relative al periodo
    d’imposta precedente la costituzione del gruppo Iva.
    6.4 Risposta ad interpello n. 495 del 2022: rimborso IVA per acquisti in Italia di un
    dipendente di un’organizzazione internazionale
    Con la risposta da interpello in commento, l’Agenzia delle Entrate ha affermato
    l’ammissibilità della richiesta di rimborso IVA formulata da un funzionario di
    un’organizzazione internazionale per l’acquisto di beni per uso privato effettuati in
    Italia. In particolare, la risposta affermativa pronunciata dall’Amministrazione
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    finanziaria tiene conto del regime di non imponibilità previsto dall’articolo 151 della
    direttiva IVA per le cessioni di tali beni.
    L’Agenzia rileva che il certificato esibito dal funzionario, rilasciato dalle autorità
    competenti dello Stato membro ospitante l’Organismo internazionale, è conforme a
    quello previsto nel Regolamento Ue n. 282/2011 del Consiglio del 15 marzo 2011, in
    base al quale «Se colui che riceve la cessione di beni o la prestazione di servizi è
    stabilito nella Comunità, ma non nello Stato membro in cui ha luogo la cessione o la
    prestazione, il certificato di esenzione dall’IVA e/o dalle accise di cui all’allegato II del
    presente regolamento funge da conferma che l’operazione può beneficiare
    dell’esenzione a norma dell’articolo 151della direttiva 2006/112/CE, ferme restando
    le note esplicative figuranti nell’allegato di detto certificato. Nell’usare tale certificato,
    lo Stato membro in cui è stabilito colui che riceve la cessione di beni o la prestazione
    di servizi può decidere se utilizzare un certificato comune IVA e accise ovvero due
    certificati distinti».
    Nel certificato prodotto dall’istante risulta che i beni acquistati rispondono alle
    condizioni e ai limiti vigenti nello stato membro che ospita l’Organismo
    internazionale.
    In conclusione, tale certificato è conforme a quello previsto nel citato
    Regolamento Ue e, quindi, è idoneo alla fruizione del beneficio IVA.
    6.5 Risposta ad interpello n. 484 del 2022: precisazioni su detrazione IVA in caso di
    scissione parziale
    Con la risposta n. 484 del 2022, l’Agenzia fornisce delle precisazioni su un caso
    di scissione parziale con cui l’istante, nel 2021, ha ricevuto un ramo d’azienda
    subentrando nei diritti e negli obblighi della società scissa. I chiarimenti riguardano
    in particolare la nota di variazione emessa per i rapporti pregressi e l’esercizio della
    detrazione IVA per le fatture divenute unicamente di sua competenza seguito
    dell’operazione societaria.
    In particolare, in assenza di una contabilità separata del ramo d’azienda
    trasferito, l’istante si era trovato delle operazioni attive e passive in ambito IVA. Per le
    prime ha emesso nota di variazione con riferimento a rapporti pregressi trasferiti
    dalla società scissa per i quali quest’ultima ha emesso fattura, i cui eventi che hanno
    determinato la riduzione dell’imponibile si sono verificati successivamente alla
    scissione. Per le operazioni passive, invece, l’istante si è trovato a gestire diverse
    fatture relative al ramo ricevuto, quali fatture di acquisto ricevute dalla società scissa
    precedentemente all’operazione e non annotate sui registri Iva dalla società scissa;
    Pag. 42
    fatture di acquisto emesse nei confronti della società scissa in data antecedente a
    quella di efficacia giuridica della scissione e ricevute successivamente alla data di
    efficacia giuridica della scissione; fatture di acquisto emesse nei confronti della
    società scissa successivamente alla data di efficacia giuridica della scissione e ricevute
    quindi dopo la data della scissione.
    L’istante, quindi, chiede precisazioni in merito alla possibilità di detrarsi l’IVA
    relativa alle note di variazione in diminuzione emesse dall’istante per il recupero
    dell’IVA per le operazioni, fatturate dalla scissa, derivanti da rapporti pregressi
    trasferiti in capo alla beneficiaria e alle fatture passive emesse nei confronti della
    società scissa (pertinenti al ramo scisso) con data successiva alla data di efficacia
    giuridica della scissione parziale e ricevute dalla stessa scissa oltre tale data.
    Nel rendere le precisazioni sul caso concreto, l’Agenzia, oltre alla normativa sulla
    scissione (legge n. 537/1993) ricorda un quesito simile trattato con la risoluzione n.
    183/1995. Secondo i principi qui espressi, ed invocabili anche nella presente risposta
    ad interpello, nei casi di scissione senza contabilità separata del ramo scisso attribuito
    alla società beneficiaria è determinante l’efficacia della scissione stessa: le operazioni
    effettuate fino a quel momento restano in capo alla scissa, quelle successive si
    trasferiscono alla beneficiaria. Questa potrà sia emettere note di variazione in
    diminuzione (in presenza di eventi che comportano la riduzione dell’imposta dopo la
    scissione) sia procedere alla registrazione delle fatture di acquisto e alla detrazione
    Iva se non vi abbia già provveduto la società scissa indipendentemente
    dall’intestazione della fattura.
    Riguardo alle fatture di acquisto emesse nei confronti della società scissa
    successivamente alla data di efficacia della scissione, l’Agenzia evidenzia che tali
    documenti non si possono considerare pienamente regolari e che pertanto devono
    essere regolarizzati (articolo 6, comma 8, lettera b), Dlgs n. 471/1997). L’Agenzia è
    d’accordo con la soluzione proposta dall’istante di regolarizzare tutte le fatture per
    ogni fornitore, in via cumulativa. Inoltre, nel caso in cui l’Iva in fattura sia stata assolta
    e il documento irregolare sia stato registrato dall’istante entro i termini di legge, prima
    di procedere alla detrazione non eseguita dalla scissa, non si applicherà nessuna
    sanzione per le fatture ricevute in data anteriore ai chiarimenti resi in questa sede.
    L’Agenzia ricorda, infine che in base alla normativa di recepimento delle norme
    comunitarie (articoli 19, comma 1, e 25, primo comma, del decreto Iva), l’esercizio per
    la detrazione decorre dal momento in cui si verifica in capo al cessionario o
    committente l’avvenuta esigibilità dell’imposta e il possesso di una fattura conforme.
    Da tale momento previa registrazione della fattura il soggetto Iva potrà detrarsi
    l’imposta assolta con riferimento agli acquisti di beni e servizi, ovvero alle
    importazioni di beni. Tale diritto vale fino alla data di presentazione della
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    dichiarazione di riferimento delle fatture, tenendo conto comunque della possibilità
    della “dichiarazione integrativa” con cui è possibile correggere errori e omissioni.
    7 ALTRE NOVITÀ
    7.1 Aggiornamento software e specifiche per opzione cessione dei bonus edilizi
    Si segnala la pubblicazione, sul sito dell’Agenzia delle entrate, delle versioni
    aggiornate dei software di compilazione e di controllo e delle specifiche tecniche per
    l’invio telematico delle comunicazioni relative alle opzioni per la cessione delle
    detrazioni relative al Superbonus e agli altri bonus edilizi, per consentire ai
    contribuenti ritardatari di avvalersi della remissione in bonis, prevista dalla circolare
    n. 33 dello scorso 6 ottobre e ulteriormente chiarificata dalla risoluzione n. 58/E
    dell’11 ottobre 2022.
    Nella specifica sezione dell’area tematica dedicata al Superbonus, sono state,
    altresì, pubblicate tre nuove FAQ che chiariscono alcuni aspetti tecnici sulla
    compilazione della comunicazione per l’esercizio dell’opzione per la cessione del
    credito o per lo sconto in fattura.
    7.2 Tax credit attività fisica adattata: il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate per
    la presentazione delle istanze
    A partire dal 15 febbraio e fino al 15 marzo 2023, potranno essere presentate
    le istanze per il riconoscimento del credito d’imposta a favore delle persone fisiche
    che, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022, sostengono o hanno sostenuto spese
    documentate per fruire di attività fisica adattata.
    È quanto stabilisce il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate,
    Ernesto Maria Ruffini, dell’11 ottobre 2022, che approva anche il modello da utilizzare
    con le relative istruzioni e le modalità di presentazione della richiesta.
    Si ricorda che tale agevolazione, prevista dalla legge di bilancio 2022 (articolo 1,
    comma 737 della legge n. 234/2021) è destinata a coloro che, nel corrente anno,
    sostengono spese documentate per fruire di attività fisica adattata secondo i criteri
    stabiliti dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del Dlgs n. 36/2021, ossia esercizi fisici, la
    cui tipologia e la cui intensità sono definite mediante l’integrazione professionale e
    organizzativa tra medici di medicina generale, pediatri e medici specialisti, e calibrate
    in ragione delle condizioni funzionali delle persone cui sono destinati, che hanno
    patologie croniche clinicamente controllate e stabilizzate o disabilità fisiche. L’attività
    può essere esercitata anche in gruppo sotto la supervisione di un professionista
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    dotato di specifiche competenze, in luoghi e in strutture di natura non sanitaria, come
    le “palestre della salute”, al fine di migliorare il livello di attività fisica, il benessere e la
    qualità della vita e favorire la socializzazione.
    Le risorse utilizzabili nel 2022 sono pari a 1,5 milioni di euro.
    L’istanza può essere inviata esclusivamente per via telematica direttamente
    dall’interessato oppure tramite un soggetto incaricato della trasmissione delle
    dichiarazioni, mediante il servizio web disponibile nell’area riservata del sito internet
    dell’Agenzia delle entrate. Nella domanda deve essere indicato l’importo delle spese
    agevolabili sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022.
    Ai fini del rispetto del limite di spesa, l’Agenzia delle entrate pubblica entro dieci
    giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle richieste il provvedimento
    con il quale comunica la percentuale del credito d’imposta a ciascuno spettante
    rispetto all’importo richiesto.
    La somma è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo
    d’imposta nel quale sono state sostenute le spese in diminuzione delle imposte
    dovute. L’eventuale ammontare non utilizzato potrà essere fruito nei periodi di
    imposta successivi.
    7.3 Provvedimento Ade 11 ottobre 2022: bonus accumulo energia da fonti
    rinnovabili
    Si segnala il provvedimento dell’11 ottobre 2022, del direttore dell’Agenzia delle
    entrate, con il quale sono state definite modalità, termini di presentazione e
    contenuto dell’istanza per il riconoscimento del tax credit relativo alle spese
    sostenute nel 2022 per l’installazione di sistemi di accumulo integrati in impianti di
    produzione elettrica alimentati da fonti rinnovabili.
    Le domande potranno essere presentate dal 1° al 30 marzo 2023 e nella
    richiesta deve essere indicato l’importo delle spese agevolabili sostenute dal 1°
    gennaio al 31 dicembre 2022.
    Si tratta dal credito d’imposta previsto dalla legge di bilancio 2022 (articolo 1,
    comma 812 della legge n. 234/2021), a favore delle persone fisiche che, dal 1° gennaio
    al 31 dicembre 2022, sostengono, appunto, spese documentate relative
    all’installazione di sistemi di accumulo integrati in impianti di produzione elettrica
    alimentati da fonti rinnovabili, anche se già esistenti e beneficiari degli incentivi per lo
    scambio sul posto (articolo 25-bis, Dl n. 91/2014).
    Per l’anno 2022, l’agevolazione è riconosciuta nel limite complessivo di spesa di
    3 milioni di euro.
    Il decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze del 6 maggio 2022 ha
    individuato le modalità di accesso al beneficio.
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    L’istanza è inviata esclusivamente con modalità telematiche, direttamente dagli
    interessati oppure tramite un soggetto incaricato della trasmissione delle
    dichiarazioni fiscali, mediante il servizio web disponibile nell’area riservata del sito
    dell’Agenzia delle entrate.
    Ai fini del rispetto del limite delle risorse stanziate l’Agenzia delle entrate
    pubblica, entro dieci giorni dalla scadenza di presentazione dell’istanza, il
    provvedimento con il quale rende nota la percentuale del bonus effettivamente
    utilizzabile da ciascuno rispetto all’importo richiesto. La somma spettante è ricavata
    dal rapporto tra le risorse disponibili (3 milioni di euro) e l’ammontare complessivo
    delle spese agevolabili indicate nelle istanze.
    L’importo assegnato è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al
    periodo d’imposta nel quale sono state sostenute le spese in diminuzione delle
    imposte dovute. L’eventuale ammontare non utilizzato potrà essere fruito nei periodi
    di imposta successivi.
    7.4 Provvedimento Ade 6 ottobre 2022: cessione nuovi bonus gas e carburanti
    Si segnala il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 6 ottobre
    2022, con il quale si estende la cessione degli ulteriori crediti d’imposta introdotti dai
    decreti legge “Aiuti” e “Aiuti-bis”, a favore di determinati settori, per l’acquisto di
    energia elettrica, gas e carburanti, le modalità operative già definite con il
    provvedimento dello scorso 30 giugno.
    Approvati, inoltre, anche il nuovo modello di comunicazione della cessione, le
    relative istruzioni e le specifiche tecniche. Stabiliti, infine, i termini di invio della
    comunicazione di cessione del tax credit a terzi.
    In particolare, i tax credit coinvolti sono:
     il credito d’imposta per l’acquisto di carburante a favore delle imprese
    esercenti l’attività della pesca pari al 20% delle spese sostenute nel secondo
    trimestre 2022 (articolo 3-bis, Dl n. 50/2022);
     il credito d’imposta a favore delle imprese energivore, pari al 25% delle spese
    sostenute nel terzo trimestre 2022 (articolo 6, comma 1, Dl n. 115/2022);
     il credito d’imposta a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale,
    pari al 25% delle spese sostenute nel terzo trimestre 2022 (articolo 6, comma
    2, Dl n. 115/2022);
     il credito d’imposta pari al 15% delle spese sostenute nel terzo trimestre 2022
    dalle imprese non energivore (articolo 6, comma 3, Dl n. 115/2022);
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     il credito d’imposta a favore delle imprese diverse da quelle a forte consumo
    gas naturale, pari al 25% delle spese sostenute nel terzo trimestre 2022 (articolo 6,
    comma 4, Dl n. 115/2022);
     il credito d’imposta per l’acquisto di carburanti per l’esercizio dell’attività
    agricola e della pesca pari al 20% delle spese sostenute nel terzo trimestre 2022
    (articolo 7, Dl n. 115/2022).
    I bonus sono utilizzabili in compensazione tramite il modello F24 oppure
    possono essere ceduti.
    Nel primo caso, i tax credit destinati ai comparti pesca e agricoltura sono
    utilizzabili in compensazione fino al 31 dicembre 2022, per gli altri c’è tempo fino al
    31 marzo 2023.
    In caso di cessione l’Agenzia deve essere preventivamente informata della
    decisione.
    Per tutti i tax credit sopra indicati, la cessione è comunicata a partire dal 6
    ottobre.
    Scadenza differenziata, invece, per la chiusura della finestra temporale. Pesca e
    agricoltura, punti 1) e 6), devono inviare il modello entro il 21 dicembre 2022, gli altri
    settori entro il 22 marzo 2023. Stessi termini per gli eventuali cessionari del credito.
    Il contributo è cedibile, per via telematica e in modalità tracciabile, una sola volta
    e per intero dalle imprese beneficiarie a terzi. Ulteriori cessioni sono consentite
    soltanto nei confronti di “soggetti qualificati” (banche e intermediari finanziari, società
    appartenenti a un gruppo bancario e compagnie di assicurazione).
    Con il provvedimento in esame è approvato anche un nuovo “Modello per la
    comunicazione della cessione dei crediti d’imposta” per consentire l’acquisizione
    delle comunicazioni delle cessioni dei bonus destinati ai settori della pesca e
    dell’agricoltura