Con la presente siamo lieti di sottoporre alla Vostra attenzione le principali novità in materia fiscale del mese disponibili anche sul sito dello Studio www.e-ius.it.
1 ATTIVITÀ LEGISLATIVA…………………………………………………………………………………………… 2
2 NOVITÀ IN MATERIA DI TERZO SETTORE. ……………………………………………………..3
3 NOVITÀ IN MATERIA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO………………………. ……..6
4 NOVITÀ IN TEMA DI START-UP, INDUSTRIA 4.0, MARCHI E BREVETTI .7
5 NOVITÀ IN MATERIA DI WELFARE E LAVORO DIPENDENTE…………………..8
6 NOVITÀ IN MATERIA IVA………………………………………………………………………………………..18
7 ALTRE NOVITA’ ………………………………………………………………………………………………………….23
1 ATTIVITÀ LEGISLATIVA
1.1 Decreto Legge 27 gennaio 2022, n. 4: Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico.
Nella Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.21 del 27-01-2022) è stato pubblicato il Decreto Legge n. 4 del 2022 (c.d. “decreto sostegni ter”).
Il provvedimento è entrato in vigore in data 27 gennaio 2022.
1.2 Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228: Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi
Nella Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.309 del 30-12-2021), è stato pubblicato il Decreto Legge n. 228 del 2021 (c.d. “decreto Milleproroghe”). Il provvedimento è entrato in vigore in data 31 dicembre 2021. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 2022, è pubblicata la Legge 25 febbraio 2022, n. 15: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.
1.3 Legge 30 dicembre 2021, n. 234: Legge di Bilancio
Nella Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.310 del 31-12-2021 – Suppl. Ordinario n. 49), è stata pubblicata la legge di Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024. (21G00256). Il provvedimento è entrato in vigore in data 1 gennaio 2022.
1.4 Decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146: Decreto Fiscale
Nella Gazzetta Ufficiale 20 dicembre 2021, n. 301 è stato pubblicato il Decreto Legge 21 ottobre 2021, n. 146, noto come Decreto Fiscale, coordinato con la legge di conversione 17 dicembre 2021, n. 215, recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”.
2 NOVITÀ IN MATERIA DI TERZO SETTORE
2.1 I chiarimenti in materia di esenzione IVA per prestazioni di case di riposo e simili forniti dall’agenzia delle entrate.
Con la risposta ad interpello n. 221/2022, l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in relazione alla possibilità di applicare l’esenzione IVA di cui all’’articolo 10, co. 1, n. 21 del DPR n. 633/72 ad una prestazione assimilabile a quella della casa di riposo. Nel dettaglio, l’attività per la quale l’istante ha richiesto il parere all’agenzia è inerente alla fornitura di alloggi a soggetti portatori di handicap nonché l’ulteriore attività consistente nel supporto nello svolgimento delle attività quotidiane.
L’agenzia richiamando i precedenti orientamenti di prassi sviluppatisi sull’argomento (cfr. risoluzione 16 marzo 2004, n. 39/E) nonché le pronunce in materia da parte della Corte di Giustizia Europea (sentenza 21 gennaio 2016, causa C-335/14) conferma l’esenzione IVA per le suddette attività di supporto non domiciliare in quanto assimilabili a quelle proprie delle case di riposo per anziani espressamente citate dal suddetto art. 10, co. 1, n. 21 del DPR n. 633/72. Al fine di riscontrare tale assimilabilità sarà però necessario che il servizio reso riguardi la gestione globale della struttura (cfr. risposta ad interpello n.240/2020)
2.2 Le agevolazioni per il mondo sportivo dilettantistico introdotte con il D.l. 17/2022 convertito in legge lo scorso 21 aprile.
Con il D.l. 17/2022, convertito in Legge n. 34/2022 (pubblicata in gazzetta ufficiale lo scorso 28 aprile) sono state introdotte importanti novità per gli enti sportivi dilettantistici.
Al fine di far fronte al caro energia, infatti, il legislatore ha previsto un incremento di 40 milione del Fondo a sostegno del potenziamento del movimento sportivo. Tale misura è volta principalmente a sostenere quelle ASD e SSD che gestendo piscine ed impianti sportivi risultano essere particolarmente danneggiate dall’aumento dei prezzi.
Il decreto ha previsto inoltre in fase di conversione ulteriore misure a sostegno degli enti sportivi. Nel dettaglio, per federazioni, Enti di promozione sportiva, SSD e ASD con il domicilio in Italia e che operino nell’ambito di competizioni sportive in corso di svolgimento vengono prorogati fino al 31 luglio 2022 i termini tributari e contributivi già sospesi fino al mese di aprile di questo anno.
I suddetti enti avranno dunque più tempo per provvedere:
- al pagamento delle ritenute alla fonte (articolo 23 del Dpr 600/73);
- agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria (anch’essi già sospesi dal 1° gennaio al 30 aprile 2022;
- al versamento dell’Iva in scadenza nei mesi di gennaio, febbraio, marzo e aprile 2022;
- ai versamenti delle imposte sui redditi in scadenza dal 10 gennaio al 30 aprile 2022
2.3 Pubblicato in gazzetta ufficiale il decreto del 29 marzo 2022 del Ministero del Lavoro in materia di controlli rivolti alle imprese sociali.
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.100 del 30 aprile 2022 il decreto 29 marzo 2022 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con cui vengono definite le forme, i contenuti e le modalità dell’attività ispettiva sulle imprese sociali.
Con tale decreto il Ministero stabilisce inoltre il contributo per l’attività ispettiva da porre a loro carico, l’individuazione dei criteri, dei requisiti e delle procedure per il riconoscimento degli enti associativi tra imprese sociali nonché le forme di vigilanza su tali enti da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Tali controlli sono destinati agli enti in possesso della qualifica di impresa sociale, compresi quelli in scioglimento volontario o in concordato preventivo, ad eccezione unicamente di quelli sottoposti alla gestione commissariale o alle altre procedure concorsuali.
In particolare, Il Decreto chiarisce le modalità del controllo ordinario eseguito dal Ministero del Lavoro, a cui l’impresa sociale è soggetta almeno una volta all’anno. Le imprese sociali che hanno acquisito la qualifica o si sono costituite entro il 31 dicembre di ciascun anno sono sottoposte ai controlli a partire dall’anno successivo.
Il Decreto chiarisce infine che la competenza per le ispezioni straordinarie è dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro mentre quella per vigilanza sulle imprese sociali costituite in forma di società cooperativa rimane attribuita al Ministero dello Sviluppo Economico, ai sensi del D.lgs. 2 agosto 2002, n. 220.
2.4 I chiarimenti forniti dall’agenzia delle entrate con la risposta ad interpello n.238/2022 sull’applicazione dell’articolo 66 del decreto legge n. 18 del 2020.
L’agenzia, con la risposta ad interpello n. 238/2022, chiarisce alcuni punti relativi alla possibilità di detrazione/deduzione delle erogazioni liberali effettuate per sostenere la gestione dell’emergenza da COVID-19 introdotta dal’art.66 del decreto legge 17 marzo 2020, n.18 (cd. “Decreto Cura Italia).
Diversi i quesiti posti da parte dell’istante, una Società che, nel periodo emergenziale, aveva deciso di destinare a favore di alcuni Comuni e ospedali pubblici delle somme per il contenimento e gestione del Covid-19.
L’istante si interroga, ai fini della corretta applicazione del citato articolo, sulla possibilità di ricomprendere nella platea dei destinatari Comuni e aziende ospedaliere, sulla necessità da parte dei beneficiari di aprire conti correnti vincolati, nonché sull’obbligo in capo al donante di verificare l’impiego delle somme.
Sui primi due quesiti, l’Amministrazione richiamando i precedenti orientamenti di prassi (Circ. 8/E e 11/E del 2020), rileva come sotto il profilo soggettivo rientrino nella platea dei beneficiari a cui l’impresa può donare Comuni e aziende ospedaliere. Infatti le erogazioni liberali individuate dall’art. 66, comma 2, non sono solo quelle effettuate per il tramite degli enti menzionati nel comma 1 dell’articolo citato e quelli individuati dal D.P.C.M. 20 giugno 2000, ma anche quelle effettuate a favore di strutture di ricovero, cura, assistenza, pubbliche e private coinvolte nella gestione dell’emergenza. Viene chiarito come ai fini della piena deducibilità ai fini IRES e IRAP dell’erogazione, non sia necessario che i beneficiari dispongano di un conto corrente destinato. Basterà che la società produca una ricevuta del versamento e un documento rilasciato dal donatario da cui risulti che la liberalità sia finalizzata a finanziare interventi di contenimento dell’emergenza Covid-19.
Precisazioni importanti, invece, riguardano l’obbligo da parte del donante di controllare la rendicontazione posta in essere dai beneficiari in ordine all’impiego delle somme. Seppur in capo ad enti locali e aziende ospedaliere, al temine dello stato di emergenza, gravi l’obbligo di pubblicare sul proprio sito una rendicontazione separata che garantisca la trasparenza della fonte e dell’impiego delle erogazioni, tuttavia per fruire del beneficio fiscale basterà che il carattere liberale e la destinazione del versamento risultino dalla ricevuta del bonifico.
3 NOVITÀ IN MATERIA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO
3.1 CTP di Isernia sentenza n. 57/1/2022
La Ctp di Isernia con la sentenza n. 57/1/2022 si pronuncia in merito ai rapporti intercorrenti tra la scissione dei termini di emissione e notifica degli atti (articolo 157, comma 1, Dl 34/2020) e l’invito all’accertamento con adesione notificato facoltativamente al contribuente, per esempio in ipotesi di accertamenti parziali (comma 1, articolo 5-ter, Dlgs 218/97).
I giudici di merito, pur condividendo «la ratio espansiva dell’istituto dell’invito», ritengono che tale scelta discrezionale e facoltativa dell’ente impositore non possa avere l’effetto di prorogare il termine di decadenza. Rilevano, in particolare, che la posizione contraria delle Entrate nelle circolari 17/E e 25/E del 2020 consentirebbe di rimettere alla disponibilità di una parte (l’ufficio) il differimento di un termine decadenziale ex lege (articolo 5, comma 3-bis, Dlgs 218/97).
3.2 Cassazione, Ordinanza n. 12854/22
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12854/22 del 22 aprile 2022, ha sancito che l’accertamento parziale non può essere emesso per un’attività valutativa svolta dall’ufficio. Altresì, i giudici di legittimità hanno affermato che l’accertamento integrativo non può basarsi su atti o fatti acquisiti e già conosciuti dall’ufficio ma non contestati, in quanto ciò pregiudicherebbe il diritto del contribuente a una difesa unitaria e complessiva.
Si evidenzia, infatti, che la possibilità di integrare l’avviso di accertamento già emesso è limitata ai casi in cui sono sopravvenuti elementi nuovi e non conosciuti al momento dell’emanazione dell’atto impositivo “principale”, in presenza dei quali è eccezionalmente possibile integrare le contestazioni già mosse al contribuente.
3.3 Corte di Cassazione, sentenza 11678 del 2022
La Suprema Corte, con sentenza 11678/2022 dell’11 aprile 2022, ha fornito chiarimenti sul principio secondo cui l’acquirente, nell’ambito di una cessione di ramo d’azienda, risponde, in base all’art 2560 c.c., dei debiti pregressi del cedente se risultanti dai libri contabili obbligatori, a condizione che siano inerenti alla gestione del ramo d’azienda ceduto.
I giudici di legittimità hanno affermato che, in materia di responsabilità del cessionario del ramo di azienda per i debiti del cedente, il principio dell’inerenza del debito, desumibile dall’articolo 2560 del Codice civile, è applicabile anche ai debiti tributari. In particolare, il contribuente deve provare che:
- è stato ceduto un ramo d’azienda, inteso come entità economica organizzata in maniera stabile rispetto all’azienda principale, dotata di una sua autonomia funzionale;
- il debito tributario inerisce non al ramo d’azienda ceduto, ma ad altro ramo d’azienda, rimasto di proprietà del cedente oppure ceduto a terzi.
Pertanto, nel momento in cui si intende acquistare un ramo di azienda, occorre previamente prestare attenzione anche alla posizione fiscale del cedente, onde evitare di essere chiamati a rispondere dei debiti tributari dell’acquirente.
4 NOVITÀ IN TEMA DI START-UP, INDUSTRIA 4.0, MARCHI E BREVETTI
4.1 Incentivi per l’elettronica innovativa previsti dal PNRR
Si segnala l’avvio della presentazione delle domande per richiedere incentivi a sostegno della ricerca, progettazione e produzione di elettronica innovativa.
In particolare, il Ministero dello sviluppo economico comunica ha previsto che tali domande potranno essere inoltrate a partire dal 29 aprile e fino al 16 maggio.
Per favorire gli investimenti nel settore e sviluppare una industria manifatturiera forte e competitiva, il ministro Giorgetti ha destinato i primi 10 milioni di euro di finanziamento, su 200 milioni complessivi stanziati per l’intervento Partenariati-Horizon Europe del PNRR, ai bandi emanati nel 2021 nell’ambito della iniziativa europea KDT JU (Key Digital Technologies Joint Undertaking).
L’obiettivo principale è il rafforzamento dell’autonomia strategica dell’Italia e dell’Unione europea nei componenti e sistemi elettronici all’avanguardia, al fine di agevolare il trasferimento tecnologico verso il mondo dell’impresa di piattaforme di sensori innovativi basati sull’intelligenza artificiale.
I membri fondatori della KDT JU sono la Commissione Ue, gli Stati membri o associati, tra cui l’Italia, e le associazioni industriali europee che puntano a raddoppiare il valore di queste attività entro il 2030 e favorire la competitività, la sostenibilità e la crescita economica.
4.2 Investimenti in Molise nel settore dell’agroindustria: i nuovi accordi del MISE
Il ministro Giancarlo Giorgetti ha autorizzato un investimento di oltre 42 milioni di euro in Molise nel settore dell’industria agroalimentare. Si tratta di un accordo di sviluppo concluso con due aziende, che punta a realizzare due nuovi stabilimenti industriali, uno a San Polo Matese e l’altro a Bojano (Campobasso), e ad individuare nuove tecnologie per la produzione di derivati del latte per incrementare la sostenibilità della filiera lattiero-casearia attraverso l’utilizzo efficiente delle componenti del siero, oggi trattato come rifiuto industriale.
Il Ministero dello sviluppo economico mette a disposizione agevolazioni pari a circa 24 milioni di euro per sostenere la realizzazione dei progetti che consentiranno l’assunzione di 20 nuovi lavoratori.
5 NOVITÀ IN MATERIA DI WELFARE E LAVORO DIPENDENTE
5.1 Decreto Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 67 del 31 marzo 2022: nuove causali CIGO
Con il Decreto ministeriale n. 67 del 31 marzo 2022, sono state apportate modifiche e integrazioni al Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 95442 del 15 aprile 2016, avente per oggetto la “Definizione dei criteri per l’approvazione dei programmi di cassa integrazione salariale ordinaria. Esame delle domande e disciplina delle singole fattispecie che integrano le causali di intervento della CIGO”, con particolare riferimento ai casi di “mancanza di lavoro o di commesse e crisi di mercato” e di “mancanza di materie prime o componenti”.
Infatti, tenuto conto dei recenti interventi di riordino della materia degli ammortizzatori sociali e in ragione della situazione internazionale determinata dalla crisi russo-ucraina, sono emersi nuovi scenari critici con dirette ricadute sui mercati.
Di conseguenza, sono state introdotte nel D.M. n. 95442/2016 le seguenti previsioni:
(i) ai sensi dell’art. 3, comma 3-bis, per l’anno 2022 integra la fattispecie di “crisi di mercato” la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa derivante anche dall’impossibilita di concludere accordi o scambi determinata dalle limitazioni conseguenti alla crisi in Ucraina;
(ii) ai sensi dell’art. 5, commi 1-bis e 2, il caso di “mancanza di materie prime o componenti” si configura anche quando essa consegua a difficoltà economiche, non prevedibili, temporanee e non imputabili all’impresa, nel reperimento di fonti energetiche, funzionali alla trasformazione delle materie prime necessarie per la produzione. In tal caso, la relazione tecnica richiesta dal Decreto dovrà documentare le oggettive difficoltà economiche e la relativa imprevedibilità, temporaneità e non imputabilità delle stesse.
5.2 Circolare INPS n. 53 del 2022: verifiche sui rapporti di lavoro autonomo occasionale rivolte prioritariamente ai committenti che si avvalgono della comunicazione a mezzo posta elettronica
Con la Circolare n. 53 del 28 aprile 2022, l’INPS interviene per chiarire taluni aspetti legati alla corresponsione d’ufficio dell’Assegno Unico Universale in favore dei nuclei familiari percettori di Reddito di cittadinanza.
L’art. 7, comma 2, D.Lgs. N. 230/2021 dispone che ai nuclei familiari titolari di reddito di cittadinanza (RdC) debba essere corrisposta d’ufficio, congiuntamente e con le stesse modalità di erogazione del RdC, una quota supplementare di beneficio economico riferita all’assegno unico e universale (integrazione RdC/AU).
Per la verifica dei requisiti necessari ai fini dell’assegno unico, indicati dall’art. 3, comma 1, lett. da a) a d), D.Lgs. N.230/2021, l’Istituto di previdenza evidenzia che quelli di residenza, cittadinanza e soggiorno sono assorbiti da quelli più restrittivi previsti per il reddito di cittadinanza ex art. 2, comma 1, D.L. n. 4/2019, mentre il requisito del “pagamento delle imposte sui redditi in Italia” si intende posseduto dal percettore di reddito di cittadinanza in quanto assorbito dalla verifica preventiva in merito al possesso della residenza in Italia.
L’assegno unico è riconosciuto per ogni figlio minorenne a carico e, per i nuovi nati, a decorrere dal settimo mese di gravidanza, per ciascun figlio maggiorenne a carico, fino al compimento dei 21 anni di età, per il quale ricorrano specifiche condizioni dettate dall’art. 2 comma 1 lett b) del DLgs. 230/2021, nonché per ciascun figlio con disabilità a carico, senza limiti di età.
Ai fini dell’integrazione RdC/AU, la selezione dei nuclei familiari percettori di RdC che abbiano diritto all’assegno, senza necessità di presentare apposita domanda, viene fatta d’ufficio dall’INPS, che individuerà i figli minori, maggiorenni under 21 e i figli con disabilità in considerazione di quanto contenuto nella Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) valida e utile ai fini della liquidazione del RdC, fermi restando i controlli ulteriori relativi alla composizione del nucleo familiare attraverso l’incrocio delle informazioni dichiarate ai fini ISEE con quelle disponibili presso gli uffici anagrafici dei Comuni.
Le informazioni necessarie al riconoscimento dell’integrazione RdC/AU sono già in possesso dell’INPS grazie alla domanda di accesso al RdC; eventuali informazioni mancanti (ad esempio, per mancata valorizzazione di un figlio minorenne nella DSU) dovranno essere comunicate tramite l’apposito modello “RdC-Com/AU”, a breve disponibile sul sito dell’Istituto di previdenza.
Il modello “RdC-Com/AU” dovrà essere utilizzato anche per autocertificare, ai fini del riconoscimento delle relative maggiorazioni, specifiche condizioni, quali (i) la presenza di entrambi i genitori titolari di reddito da lavoro e (ii) il diritto del nucleo alla percezione della maggiorazione compensativa per i nuclei familiari con ISEE non superiore a 25.000 euro, in cui un componente del nucleo medesimo abbia percepito, nel corso del 2021, l’assegno per il nucleo familiare, in presenza di figli minori.
Le altre maggiorazioni previste dall’art. 4, D.Lgs. n. 230/2021 saranno erogate sulla base delle informazioni presenti nella DSU.
L’integrazione RdC/AU viene corrisposta mensilmente per un importo calcolato in base al numero di figli a carico presenti nel nucleo e decorre dal mese di marzo 2022, con erogazione da aprile 2022.
Quanto alle modalità di erogazione e di calcolo dell’importo, l’INPS afferma che l’integrazione RdC/AU è corrisposta con la Carta RdC, fino a concorrenza dell’importo teorico spettante dell’assegno unico e universale. L’integrazione è determinata sottraendo dall’importo teorico spettante dell’assegno unico e universale la quota di reddito di cittadinanza relativa ai figli che fanno parte del nucleo familiare, per i quali spetta l’assegno unico, calcolata sulla base della scala di equivalenza, ex art. 2, comma 4, D.L. n. 4/2019.
La revoca o la decadenza del RdC comportano l’interruzione del riconoscimento dell’integrazione RdC/AU, fermo restando che laddove sussista il diritto alla percezione dell’assegno unico sarà possibile presentare apposita domanda, con decorrenza dalla mensilità successiva alla cessazione del reddito di cittadinanza.
5.3 Risposta a interpello n. 222 del 2022: incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero
L’Agenzia delle entrate, con la Risposta a interpello n. 222 del 27 aprile 2022, si è pronunciata in tema di incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero, di cui all’art. 44, D.L. 78/2010.
Il caso oggetto di interpello riguarda una ricercatrice con residenza fiscale all’estero sin dal 2012 e ristabilitasi in Italia nel 2022. L’istante ha affermato di aver svolto attività di ricerca all’estero, tra il 2014 e il 2019, in diverse università e istituti stranieri e di aver svolto attività di ricerca e docenza per 18 mesi (dal 1° aprile 2020 al 31 agosto 2021) presso un’università svizzera; la stessa ha affermato, altresì, di avere prestato, durante tutto il periodo all’estero, anche attività di lavoro subordinato part time (dal 27 dicembre 2016 al 18 aprile 2018), in modalità a distanza, per una società italiana ALFA e di avere svolto un soggiorno di ricerca temporaneo, dal 1° marzo 2017 al 30 giugno 2017, presso l’archivio di una Fondazione in Italia.
L’istante ha precisato che, a seguito della stipula di un contratto di lavoro subordinato come collaboratore scientifico full-time a tempo determinato, dal 1° aprile 2022 svolgerà attività di ricerca presso un Istituto in Italia, impegnandosi a risiedere fiscalmente in Italia per almeno tre anni, ivi prestando l’attività lavorativa in modo prevalente.
Tanto premesso, l’istante ha chiesto all’Amministrazione finanziaria la possibilità di accedere agli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero di cui all’art. 44, D.L. n. 78/2010, come modificato dall’art. 5, comma 4, D.L. n. 34/2019, anche a fronte dello svolgimento, contemporaneamente all’attività di docenza e ricerca all’estero, di un’attività lavorativa in remote working per un datore di lavoro italiano, e dello svolgimento di attività di ricerca e docenza all’estero per un periodo di due anni continuativi non coincidente con i due anni immediatamente precedenti il rientro in Italia.
L’art. 44, comma 1, D.L. n. 78/2010 prevede che «ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il novanta per cento degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all’estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato».
Ai sensi del comma 3, «le disposizioni si applicano (…) nel periodo d’imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei cinque periodi d’imposta successivi sempre che permanga la residenza fiscale in Italia».
L’Amministrazione richiama la Circ. n. 17/E del 2017, ove è stato affermato, in merito ai requisiti soggettivi di applicazione del menzionato art. 44, che i docenti e ricercatori possono beneficiare della tassazione agevolata al verificarsi di specifiche condizioni, ossia (i) essere in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato, (ii) essere stati non occasionalmente residenti all’estero, (iii) aver svolto all’estero documentata attività di ricerca o docenza per almeno due anni continuativi, presso centri di ricerca pubblici o privati o università, (iv) svolgere l’attività di docenza e ricerca in Italia, (v) acquisire la residenza fiscale nel territorio dello Stato.
In relazione al periodo di permanenza all’estero, l’art. 44, D.L. n. 78/2010 non specifica la durata, mentre pone un particolare accento circa la durata dell’attività di ricerca o docenza che deve comune e non sulla base dei periodi di residenza fiscale. Per l’attività di docenza, invece, può essere calcolato sulla base della durata degli anni accademici
Relativamente al terzo requisito, L’Agenzia richiama la Circ. n. 17/E del 2017, ove è stato chiarito che l’attività di docenza e ricerca non deve necessariamente essere stata svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l’interessato, prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali qualificate attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi. Per la docenza, il periodo di ventiquattro mesi si ritiene compiuto se l’attività è stata svolta per due anni accademici continuative.
Per quanto riguarda il requisito della residenza fiscale nel territorio dello Stato, la disposizione prevede che il regime ivi previsto si applica ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia, ai sensi dell’art. 2 TUIR, il quale considera residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato la residenza o il domicilio ai sensi del codice civile.
A tal riguardo per “luogo di prestazione” dell’attività lavorativa bisogna avere riguardo al luogo dove il lavoratore dipendente è fisicamente presente quando esercita le attività per cui è remunerato.
L’agevolazione si applica a decorrere dal periodo di imposta in cui il docente o il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei cinque periodi di imposta successivi, sempreché permanga la residenza fiscale in Italia. Nel caso in cui, nel suddetto periodo, il docente o il ricercatore trasferisca la propria residenza all’estero, il beneficio fiscale viene meno a partire dal periodo d’imposta in cui egli risulti non più fiscalmente residente in Italia
L’Agenzia afferma che l’art. 44, D.L. n. 78/2010 non si rivolge soltanto ai cittadini italiani che intendono rientrare in Italia, bensì a tutti i ricercatori residenti all’estero che, trasferendosi nel territorio nazionale, possono favorire lo sviluppo della ricerca in Italia, in virtù delle loro particolari conoscenze scientifiche. Difatti, l’art. 44, comma 3-quater, D.L. n. 78/2010 (inserito dall’art. 5, comma 4, lett. b), D.L. n. 34/2019) prevede che «I docenti o ricercatori italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a), del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147».
Secondo l’Amministrazione finanziaria, l’art. 44, comma 3-quater, D.L. n. 78/2010 è perfettamente sovrapponibile all’art. 16, comma 5-ter, D.Lgs. n. 147/2015, disciplinante il regime fiscale dei lavoratori impatriati; la stessa fa, dunque, riferimento a quanto affermato con la Circ. n. 33/E del 2020, laddove è stato precisato che l’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 consente ai soggetti che non risultano iscritti all’AIRE o che vi risultano iscritti per un periodo inferiore ai due periodi d’imposta precedenti il rientro (art. 16, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 147/2015) di comprovare il periodo di residenza all’estero sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, al fine di evitare che restino esclusi dall’agevolazione i contribuenti che, pur avendo effettivamente trasferito la propria residenza all’estero, non abbiano provveduto a cancellarsi dall’anagrafe nazionale della popolazione residente o vi abbiano provveduto tardivamente.
Infine, relativamente al requisito della attività di docenza e ricerca da svolgere in Italia, nella Circ. n. 17/E del 2017 è stato chiarito che non assume rilievo la natura del datore di lavoro o del soggetto committente, il quale, per l’attività di ricerca, può essere una università, pubblica o privata, o un centro di ricerca pubblico o privato o una impresa o un ente, purché lo stesso, in ragione della peculiarità del settore economico in cui opera, disponga di strutture organizzative finalizzate alla ricerca.
Tanto premesso, rispondendo al primo quesito posto dall’istante, l’Amministrazione finanziaria afferma che non osta all’applicazione dell’art. 44, D.L. n. 78/2010 la circostanza che l’istante medesima, durante il proprio periodo di residenza fiscale all’estero, abbia svolto da remoto attività di ricerca in favore di una società fiscalmente residente in Italia, in quanto tale attività deve considerarsi svolta dall’estero e i relativi redditi prodotti fuori dal territorio italiano; né osta lo svolgimento di attività di ricerca in loco in Italia, purché la presenza fisica non sia tale da comportare ivi l’attrazione della residenza fiscale (nel caso di specie, avendo avuto l’attività durata inferiore a 183, giorni non pregiudica la sussistenza del requisito della residenza estera).
Infine, rispondendo al secondo quesito, l’Amministrazione, confermando la Circ. n. 17/E del 2017, afferma che, ai fini dell’applicazione dell’art. 44, D.L. n. 78/2010, i 24 mesi di attività di ricerca e docenza all’estero non debbano essere necessariamente svolti immediatamente prima del rientro in Italia, essendo necessario solamente che tale periodo di attività sia effettivamente svolto in maniera continuativa ed ininterrotta.
5.4 (segue) Risposta a interpello n. 239 del 2022: attività di ricerca all’estero in regime di aspettativa non retribuita e accesso agli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori
Con la Risposta a Interpello n. 239 del 29 aprile 2022, l’Amministrazione finanziaria è tornata a pronunciarsi sugli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero, di cui all’art. 44, D.L. 78/2010.
Nel caso all’esame dell’Agenzia, l’istante, Ordinario presso un’Università in Italia dal novembre 2019, è iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) dal 29 ottobre 2020 e risulta, pertanto, fiscalmente residente in Spagna per gli anni 2021 e 2022. Lo stesso, collocato in aspettativa senza assegni, ai sensi dell’art. 7, l. n. 240 del 2010, dall’Università italiana dal 1° novembre 2020 fino al 31 agosto 2022, ha un contratto a tempo determinato, fino al 31 agosto 2022, con un’Università in Spagna.
Avendo intenzione di rientrare in Italia nel corso del 2022 al fine di riprendere ivi l’attività di insegnamento presso l’Ateneo e di acquisire la residenza fiscale nel territorio dello Stato italiano, l’Istante chiede se potrà fruire degli incentivi di cui all’art. 44, D.L. 78/2010, pur essendo in aspettativa senza assegni ed avendo usufruito della medesima agevolazione negli anni tra il 2016 e il 2019, dopo essere rientrato da un quinquennio di lavoro in Australia.
L’Amministrazione finanziaria, dopo aver esposto i requisiti applicativi del regime oggetto del documento di prassi, richiama la Risoluzione n. 92/E del 2017, ove è stato chiarito che un docente universitario trasferitosi all’estero e iscritto all’AIRE per lo svolgimento dell’attività di ricerca e di didattica a seguito di collocamento in aspettativa senza assegni, ex art. 7, comma 1, l. n. 240 del 2010 può, una volta rientrato in Italia e acquisita la residenza fiscale, avvalersi delle agevolazioni di cui al menzionato art. 44, sussistendo le altre condizioni richieste.
La disposizione, difatti, subordina l’applicazione dello specifico regime agevolativo, tra l’altro, alla condizione che i docenti e ricercatori dopo aver «svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi (…) vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato», precisando che non costituisce causa ostativa alla fruizione del regime di favore la circostanza che tale attività di ricerca o docenza all’estero sia stata svolta avvalendosi di aspettativa senza assegni prevista dall’art. 7, l. n. 240 del 2010.
Tanto premesso, l’Amministrazione finanziaria ritiene che l’Istante potrà avvalersi delle agevolazioni di cui all’art. 44, D.L. n. 78/2010, sussistendo le altre condizioni richieste, a partire dall’anno di imposta di rientro in Italia. Né rileva la circostanza che lo stesso abbia già fruito del regime agevolativo con riferimento agli anni tra il 2016 e il 2019, dopo essere rientrato da un quinquennio di lavoro in Australia, non essendovi preclusione in tal senso nella norma.
5.5 Risposta a interpello n. 223 del 2022: accesso al regime speciale per i lavoratori impatriati da parte del professionista con attività estera occasionale
Con la Risposta a interpello n. 223 del 27 aprile 2022, l’Agenzia delle Entrate ha fornito nuovi chiarimenti sull’accesso al regime dei lavoratori impatriati, di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015.
Nel caso prospettato, l’Istante, iscritto all’AIRE e residente negli Stati Uniti dal 2012, svolge la professione di medico psichiatra, in primo luogo, in qualità di lavoratore subordinato e in qualità di lavoratore occasionale non dipendente presso due diverse strutture americane. Lo stesso ha dichiarato che intende trasferirsi in Italia e trasferire ivi la propria residenza fiscale, a partire dal 2022, per svolgere, una volta dimessosi dalla clinica americana di cui è alle dipendenze e interrotto il rapporto di lavoro occasionale con l’altra struttura, la propria attività lavorativa alle dipendenze di un nuovo datore di lavoro statunitense, in modalità smart working dall’Italia (cd. telepsichiatria); successivamente al trasferimento, la persona svolgerà altresì, sul territorio americano, alcune prestazioni occasionali, con una durata inferiore a 15 giorni per anno d’imposta, nei confronti del vecchio datore di lavoro estero.
Tanto precisato, l’Istante ha chiesto all’Amministrazione finanziaria la possibilità di fruire del regime degli impatriati, di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015, qualora negli anni successivi al 2022 egli dovesse svolgere delle prestazioni occasionali, inferiori a 15 giorni per anno d’imposta, sul territorio americano nei confronti del vecchio datore di lavoro, con la possibilità di godere del credito d’imposta per la doppia tassazione sostenuta per i medesimi redditi negli Usa e di mantenere il bonus fiscale anche in caso di variazione del datore di lavoro.
Per fruire del regime menzionato, è necessario che il lavoratore (i) trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 2 TUIR, (ii) non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni e (iii) svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
In base all’art. 16, comma 2, D.Lgs. n. 147/2015, sono destinatari del beneficio fiscale i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che (i) sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero (ii) abbiano svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Ai sensi dell’art. 16, comma 3, D.Lgs n. 147 del 2015, a tale regime i contribuenti possono accedere per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.
Le modifiche normative intervenute nel 2019 hanno ridisegnato, a partire dal periodo di imposta 2019, il perimetro di applicazione del regime agevolativo di cui all’art. 16 D.Lgs. n. 147 del 2015; su tali aspetti, l’Amministrazione richiama i chiarimenti forniti con circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020. Viene ricordato, in particolare, che l’art. 16 D.Lgs n. 147 del 2015, come modificato dall’art. 5, comma 1, D.L. n. 34 del 2019, non richiede che l’attività del lavoratore sia svolta per un datore di lavoro operante sul territorio dello Stato e che, pertanto, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti).
L’Amministrazione finanziaria richiama, altresì, la Circolare n. 17/E del 2017, in cui è stato messo in rilievo che l’art. 16 D.Lgs n. 147 del 2015 individua sotto il titolo “lavoratori impatriati” diverse categorie di beneficiari, caratterizzate da specifici requisiti soggettivi, accomunate dalla circostanza di trasferirsi in Italia per svolgervi una attività lavorativa. La disposizione non indica il tempo che deve intercorrere tra il trasferimento della residenza e l’inizio dell’attività lavorativa. Inoltre, tenuto conto della finalità del regime di favore, teso ad attrarre la residenza in Italia di soggetti che, grazie alla loro esperienza all’estero, favoriscono lo sviluppo economico, culturale e tecnologico del Paese, coloro che già svolgono una attività lavorativa nel territorio dello Stato, ad esempio, perché già distaccati in Italia da un’altra società del gruppo, senza essere tuttavia iscritti alla anagrafe della popolazione residente e senza aver trasferito in Italia la dimora abituale o il centro prevalente dei propri interessi personali, possono accedere al beneficio a partire dal periodo di imposta in cui acquisiscono la residenza fiscale anche se ciò avvenga successivamente a quello in cui hanno iniziato in Italia lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Ugualmente possono accedere al beneficio coloro che trasferiscono la residenza in Italia prima ancora di iniziare lo svolgimento di detta attività, a condizione che sia ravvisabile un collegamento tra i due eventi.
L’Amministrazione ritiene che, nel caso di specie, il rientro in Italia dell’istante sia motivato esclusivamente dall’accettazione di un nuovo lavoro che preveda l’esecuzione della prestazione lavorativa in Italia, svolta in modalità smart working, circostanza che risulta indicativa della sussistenza di un collegamento fra il rientro in Italia e l’inizio dell’attività lavorativa.
Circa la possibilità di fruire del regime di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 svolgendo sul territorio americano delle prestazioni occasionali, inferiori a 15 giorni per anno d’imposta, l’Ufficio afferma che l’applicazione del regime agevolativo in questione richiede, tra l’altro, che l’attività lavorativa sia prestata “prevalentemente” nel territorio italiano. Con riferimento a tale requisito, il decreto ministeriale recante le disposizioni di attuazione del regime speciale in esame (decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 26 maggio 2016), precisa che tale condizione deve essere verificata in relazione a ciascun periodo d’imposta e risulta soddisfatta se l’attività lavorativa è prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco dell’anno.
Come precisato nella già menzionata Circolare n. 17/E del 2017, nel computo dei 183 giorni rientrano non solo i giorni lavorativi ma anche le ferie, le festività, i riposi settimanali e altri giorni non lavorativi. Non possono essere, invece, computati i giorni di trasferta di durata superiore a 183 giorni, o il distacco all’estero, essendo l’attività lavorativa prestata fuori dal territorio dello Stato.
Tanto premesso, l’Amministrazione afferma che è ammesso al regime speciale dei lavoratori impatriati il lavoratore che trasferisca la residenza fiscale in Italia per proseguire, in modalità da remoto, l’attività lavorativa resa a beneficio del proprio datore di lavoro estero, a nulla rilevando la circostanza che durante il periodo agevolato, il medesimo svolga occasionalmente sul territorio estero delle prestazioni di lavoro non dipendente, sempreché sia assicurata la prevalenza dell’attività lavorativa svolta nel territorio italiano.
L’esenzione di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 spetta, però, in relazione ai soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, con la conseguenza che i redditi derivanti dall’esecuzione sul territorio americano di prestazioni occasionali concorrono alla formazione del reddito integralmente.
Per ciò che concerne i criteri di territorialità delle richiamate tipologie di reddito e la relativa ripartizione del potere impositivo tra Italia e Stati Uniti, l’Agenzia, nel presupposto del trasferimento della residenza in Italia da parte dell’istante, afferma che il reddito di lavoro dipendente, derivante dalle prestazioni svolte in Italia, è soggetto a tassazione esclusiva in Italia, sulla base dell’art. 15, paragrafo 1 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Stati Uniti (disposizione che stabilisce la tassazione nello Stato di residenza di tali redditi, a eccezione del caso in cui la prestazione sia svolta in altro Stato) e che il reddito derivante dal lavoro autonomo occasionale svolto sul territorio americano è soggetto a tassazione esclusiva in Italia, in quanto l’art. 14, paragrafo 1 della medesima Convenzione prevede che i redditi derivanti dalla prestazione di servizi personali a carattere indipendente siano imponibili in via esclusiva nello Stato di residenza, a eccezione dell’ipotesi in cui tali servizi siano prestati nell’altro Stato ove la persona disponga abitualmente di una base fissa.
Per entrambe le categorie di reddito, in mancanza di tassazione negli Stati Uniti, non matura il credito di imposta per le imposte assolte all’estero (per cui le imposte USA, se prelevate, devono essere richieste a rimborso).
Da ultimo, l’Amministrazione finanziaria afferma che non risulta preclusivo alla fruizione dell’agevolazione il fatto che durante il periodo agevolabile il dipendente cambi datore di lavoro.
6 NOVITÀ IN MATERIA IVA
6.1 Risposta ad interpello n. 231/2022: il trattamento IVA dei servizi sostitutivi di mensa mediante buoni pasto
Con la risp. ad interpello n. 231/2022, pubblicata lo scorso 28 maggio, l’Amministrazione finanziaria ha fornito chiarimenti in merito alla disciplina IVA da riservare al caso in cui il lavoratore dipendente acquisti l’intero pasto reso dalla mensa aziendale in parte in contanti e in parte con i buoni pasto.
Il caso sottoposto all’Agenzia riguarda una società del settore della ristorazione aziendale che ha stipulato contratti di appalto per la gestione del servizio di mensa destinato ai dipendenti dei datori di lavoro committenti. Lo stesso gestore della mensa ha siglato apposite convenzioni con la società emittente i buoni pasto, i quali possono essere utilizzati dai dipendenti del committente presso una rete di locali convenzionati, fra cui anche la mensa aziendale gestita dalla società, per la fruizione della somministrazione del pasto.
Il quesito dunque verte proprio sul corretto trattamento IVA da applicare nei casi in cui i lavoratori dipendenti paghino il pasto della mensa in parte in contanti e in parte con i buoni pasto, anche alla luce delle precisazioni contenute nella Ris. n. 75/E/2020.
Nella risposta, in via del tutto preliminare, l’Amministrazione richiama la disciplina IVA applicabile ai rapporti giuridici, che si instaurano tra i diversi soggetti nella erogazione del servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto reso a favore dei lavoratori dipendenti del datore di lavoro, confermando il precedente orientamento di prassi. Di conseguenza, nel rapporto tra il datore di lavoro e la società emittente i buoni pasto, si configurerà una fornitura di servizio sostitutivo di mensa aziendale e mezzo buoni pasto e troverà applicazione l’aliquota del 4%, ai sensi dell’art. 75, comma 3, L. n. 413/91; diversamente, nel rapporto tra la società emittente i buoni pasto e la società che gestisce il servizio di mensa aziendale, che accetta i buoni, l’aliquota applicabile sarà del 10%, ai sensi dell’art. 121) della Tabella A, Parte III, DPR n. 633/72, trattandosi di una somministrazione di alimenti e bevande a soggetti legittimati a fronte della presentazione del buono pasto.
Relativamente al rapporto tra il lavoratore e la mensa aziendale, nel silenzio della prassi, l’Ufficio ha fornito alcune precisazioni. Ove il lavoratore paghi interamente in denaro o con altri mezzi di pagamento, troverà applicazione l’aliquota al 4% per la somministrazione di alimenti e bevande presso la mensa aziendale, in presenza dei presupposti di cui all’art. 37, Tabella A, parte II, DPR n. 633/72, essendo una somministrazione di alimenti e bevande effettuata presso la mensa aziendale, anche se eseguita sulla base di contratti di appalto o di convenzioni apposite.
Diversamente, nel caso in cui il lavoratore dipendente paghi l’intero pasto mediante buoni, non si realizzerà l’esigibilità dell’IVA al momento della somministrazione del pasto, poiché si tratta di una prestazione di servizi che la mensa aziendale rende nei confronti della società emittente i buoni. Sul punto, il momento impositivo coincide con il rimborso da parte della società emettitrice a favore della mensa aziendale o, se anteriore, il momento di emissione della fattura da parte della mensa aziendale a favore della società emettitrice.
Infine, con riguardo all’ipotesi in cui il lavoratore paga il pasto per parte in contanti e per parte in buoni pasto, sulla quota parte del prezzo pagato in contanti, per cui si realizza il momento impositivo, si applica aliquota del 4%. Sulla restante parte acquistata mediante il buono pasto, il cui momento impositivo coinciderà con il rimborso del corrispettivo da parte della società emittente o all’atto di fatturazione da parte della mensa, l’aliquota da applicare è quella del 10%.
6.2 Risposta ad interpello n. 207/2022: regime dell’editoria
Con la risposta ad interpello n. 207/2022, l’Amministrazione finanziaria ha fornito alcuni chiarimenti in tema di regime speciale monofase dell’editoria di cui all’articolo 74, comma 1, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 (c.d. Decreto IVA).
In base al predetto regime, per il commercio di prodotti editoriali, l’IVA viene assolta esclusivamente dall’editore, intendendosi per tale colui che intraprende l’iniziativa economica editoriale, ossia si assume il rischio dell’opera per lo sfruttamento economico della stessa; le successive cessioni, ovvero quelle poste in essere da distributori, edicolanti, librai, sono operazioni “escluse”, per cui viene meno il meccanismo della rivalsa e della detrazione.
In applicazione del regime speciale, l’imposta è dovuta sul prezzo di vendita al pubblico con due criteri alternativi:
- metodo delle copie vendute. Con questo sistema l’imposta è calcolata dall’editore sulla vendita effettiva al pubblico dei prodotti editoriali. La base imponibile, su cui calcolare l’IVA è data, quindi, dalla differenza tra tutte le copie spedite dall’editore e quelle a lui restituite perché invendute (si ricorda che in genere il commercio dei prodotti editoriali avviene con il contratto estimatorio);
- metodo delle copie consegnate o spedite diminuito della forfetizzazione della resa, che, dal 1° gennaio 2002, è pari all’80% per i giornali quotidiani e i periodici e al 70% per i libri.
Questo metodo è adottabile solo per i giornali quotidiani, i periodici e i libri, esclusi quelli pornografici e quelli ceduti unitamente a supporti integrativi o ad altri beni.
La somma su cui applicare la percentuale forfetizzata è determinata dal prezzo di copertina di tutte le copie consegnate o spedite, anche a titolo gratuito, in abbonamento o in esecuzione di contratti estimatori.
L’imposta a carico dell’editore, quindi si determina scorporandola dai corrispettivi diminuiti dalla percentuale di resa forfetaria.
Quindi, il primo regime è obbligatorio per le cessioni di:
- cataloghi (ivi compresi quelli di informazione libraria);
- giornali e periodici pornografici;
- giornali quotidiani, periodici, libri scolastici con o senza supporti integrativi e diversi da quelli scolastici con o senza altri beni.
Il secondo regime si applica limitatamente al commercio di libri diversi da quelli scolastici, giornali quotidiani e periodici (esclusi quelli ceduti unitamente a supporti integrativi o ad altri beni ed i giornali e periodici pornografici) per i quali costituisce il sistema base, salvo opzione per il regime delle copie effettivamente vendute.
Con l’intento di mitigare gli effetti della pandemia da Covid-19 che si sono registrati in capo al settore della commercializzazione di giornali e periodici, prima con il Decreto Rilancio, per l’anno 2020, poi con il Decreto Sostegni Bis, per l’anno 2021, la suddetta percentuale di forfetizzazione della resa è stata elevata dall’80% al 95%.
Il dubbio interpretativo sollevato è se il criterio di forfetizzazione della resa del 95 per cento per i giornali e periodici cartacei di cui all’art. 67, comma 7, del DL Sostegni Bis possa essere applicato per l’intero anno 2021 ovvero se debba essere applicato solo dal giorno di entrata in vigore della disposizione.
Analoga disposizione era stata introdotta per l’anno 2020 dal Decreto Rilancio. In relazione alla previsione del citato Decreto rilancio, nel Dossier della Relazione Tecnica della Camera, si legge chiaramente che la norma in esame, pur entrando in vigore a maggio del 2020, dispone che il nuovo coefficiente si applichi per l’anno 2020.
Per quanto concerne, invece, la successiva analoga disposizione introdotta dal Decreto Sostegni Bis per l’anno 2021, nella Relazione Tecnica si legge che la proposta normativa è orientata ad estendere al 2021 il regime straordinario di forfetizzazione delle rese dei giornali, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, innalzando la resa dall’attuale 80 al 95 per cento (regime che, limitatamente al 2020, l’art. 187 del DL n. 34 del 2020 ha introdotto alle medesime condizioni ivi proposte)”.
Stante il continuo riferimento all’anno 2021 da parte dei documenti che hanno accompagnato l’iter di formazione della norma in esame, alla luce della ratio della misura, che si è intesa porre nell’ottica della prosecuzione degli interventi a favore delle imprese adottati dal Governo nel corso del periodo di pandemia, l’agevolazione consistente nell’applicazione della forfetizzazione della resa al 95 per cento rispetto alla misura ordinaria dell’80 per cento sia applicabile per l’intero anno 2021.
6.3 Risp. ad interpello n. 221/2022: trattamento di esenzione IVA per prestazioni proprie di case di riposo e simili
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta a interpello n. 221 del 27 aprile 2022, in tema di esenzione IVA per prestazioni proprie di case di riposo e simili.
Ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 21) del DPR n. 633/1972 (c.d. Decreto IVA) sono esenti dall’imposta le prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili, comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie.
Come chiarito in diversi documenti di prassi, l’esenzione in argomento ha carattere oggettivo, essendo per la sua applicazione rilevante solo la riconducibilità dei servizi resi tra quelli ivi indicati e non anche la natura giuridica del soggetto prestatore.
In particolare, con la risoluzione 16 marzo 2004, n. 39/E, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di precisare che il presente regime:
- ha valenza oggettiva, nel senso che le prestazioni di servizi in essa elencate rientrano nell’esenzione dall’IVA a prescindere dalla natura giuridica del soggetto che le rende;
- sono oggettivamente esenti le prestazioni rese da terzi presso una casa di riposo, anche se distintamente specificate, sempre che le stesse, nella loro interezza e sostanzialmente, caratterizzino la gestione globale della RSA, la cui titolarità rimane in capo” al soggetto appaltante “il quale si limita ad una mera attività di controllo ed indirizzo a garanzia della qualità e dell’interesse collettivo”;
- le altre prestazioni rese distintamente dalla gestione globale della casa di riposo prestazioni infermieristiche e riabilitative saranno fatturate secondo il regime proprio delle stesse, e dunque in regime di esenzione da IVA ove rientrino in una delle fattispecie di cui all’articolo 10 del Decreto IVA.
La Risoluzione 25 novembre 2005, n. 164/E affronta il regime IVA applicabile alle prestazioni rese da una Residenza Sanitaria Assistenziale per Disabili (RSD) che: a) ospita soggetti portatori di handicap grave impossibilitati, temporaneamente o permanentemente, a rimanere nel proprio nucleo familiare; b) è una “struttura protetta” per la notte, che garantisce prestazioni sanitarie e riabilitative; c) è organizzata per sostenere psicologicamente i propri ospiti e per rendere agli stessi anche attività di socializzazione.
Poiché la stessa offre servizi assimilabili a quelli propri delle case di riposo per anziani, in tale sede, è stata riconosciuta l’esenzione IVA prevista dall’articolo 10, primo comma, n. 21, del Decreto IVA anche ai servizi resi da una RSD ai propri ospiti.
Quando, infatti, l’Amministrazione finanziaria è stata chiamata a pronunciarsi in merito a fattispecie diverse dalle case di riposo per anziani, tenuto conto della locuzione “e simili” contenuta nella norma, ha chiarito che l’elencazione contenuta non è da intendersi tassativa e che le prestazioni rese da organismi “simili” sono esenti quando con le stesse si assicura l’alloggio, eventualmente unito ad altre prestazioni considerate di fatto accessorie alla prestazione principale, a persone che per il loro status sono bisognose di protezione, assistenza e cura.
Le risposte n. 221 del 2019 e n. 240 del 2020 affermano altresì il principio della c.d. gestione globale – valevole per la predetta “assimilazione” anche per le RSD – secondo cui per applicare l’esenzione IVA in commento occorre che il servizio offerto consista nella gestione globale della casa di riposo (rectius, RSD).
Al riguardo, la Corte di Giustizia Europea, nella sentenza 21 gennaio 2016 (causa C-335/14), ha osservato che le case di riposo, al pari dei centri residenziali per anziani, forniscono alle persone un alloggio unitamente a diverse prestazioni di sostegno e di cura.
Da un lato, occorre riservare un medesimo trattamento riguardo all’IVA alla prestazione consistente nel mettere a disposizione degli alloggi, sia che tali alloggi siano forniti da una casa di riposo sia che essi siano forniti da un centro residenziale per anziani. Dall’altro, nella misura in cui dette prestazioni di sostegno e di cura che i centri residenziali per anziani sono tenuti a offrire, in applicazione della legislazione nazionale pertinente, corrispondono a quelle che le case di riposo devono fornire conformemente a detta legislazione, occorre riservare loro il medesimo trattamento riguardo all’IVA.
Pertanto, i giudici unionali hanno statuito che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta Direttiva deve essere interpretato nel senso che, tra le prestazioni fornite da un centro residenziale per anziani, il cui carattere sociale deve essere valutato dal giudice del rinvio, quelle consistenti nel mettere a disposizione alloggi adatti a persone anziane possono beneficiare dell’esenzione.
Anche le altre prestazioni fornite da tale centro residenziale per anziani possono beneficiare di tale esenzione, purché, in particolare, le prestazioni che i centri residenziali per anziani sono tenuti a offrire, in applicazione della legislazione nazionale pertinente, siano volte e a garantire sostegno e cura alle persone anziane e corrispondano a quelle che anche le case di risposo sono tenute a offrire conformemente alla legislazione nazionale.
Quindi, possono essere fatturate in esenzione da IVA le rette per i servizi di alloggio, per i servizi assimilabili a quelli di sostegno e cura della persona, nonché per le altre prestazioni accessorie a questi ultimi, resi agli ospiti portatori di handicap psichici dall’impresa sociale senza scopo di lucro la cui attività consiste nel fornire assistenza sociale non domiciliare in favore di soggetti con disturbi psichiatrici.
7 ALTRE NOVITA’
7.1 Obblighi dell’intermediario: conservazione con termine “esteso”
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 217/2022, chiarisce che non vi è obbligo, in capo all’intermediario, di sottoscrizione della dichiarazione trasmessa e che la conservazione delle dichiarazioni deve avvenire nel rispetto della normativa vigente, anche qualora si tratti di documenti informatici.
In particolare, detto obbligo riguarda pure tutti gli altri documenti che gli intermediari trasmettono all’ufficio o gestiscono per i contribuenti.
7.2 Partita Iva attiva fino a chiusura delle operazioni pendenti
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 218/2022, chiarisce che nel caso in cui non sia stata effettuata l’imputazione dei crediti esigibili e non ancora riscossi derivanti dall’esercizio della professione legale in Italia, il contribuente, che ha impropriamente chiuso la propria partita Iva prima che fossero concluse tutte le attività a essa connesse, dovrà procedere alla richiesta di riattivazione della propria posizione fiscale.
In particolare, al momento dell’effettivo incasso dei singoli crediti, il contribuente dovrà rendicontarli tramite l’emissione di una fattura per prestazione di lavoro autonomo e dichiararli come reddito professionale, utilizzando il modello Redditi Pf dell’anno di competenza.