Newsletter Studio e-IUS – Tax & Legal – “Le novità fiscali del mese” – 9 Marzo 2022

Con la presente siamo lieti di sottoporre alla Vostra attenzione le principali novità in materia fiscale del mese disponibili anche sul sito dello Studio www.e-ius.it.

ATTIVITÀ LEGISLATIVA

Decreto Legge 27 gennaio 2022, n. 4: Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico.

Nella Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.21 del 27-01-2022) è stato pubblicato il Decreto Legge n. 4 del 2022 (c.d. “decreto sostegni ter”).

Il provvedimento è entrato in vigore in data 27 gennaio 2022.

Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228: Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi

Nella Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.309 del 30-12-2021), è stato pubblicato il Decreto Legge n. 228 del 2021 (c.d. “decreto Milleproroghe”). Il provvedimento è entrato in vigore in data 31 dicembre 2021. Sulla Gazzetta Ufficiale n.  49 del 28 febbraio 2022, è pubblicata la Legge 25 febbraio 2022, n. 15: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.

Legge 30 dicembre 2021, n. 234: Legge di Bilancio

Nella Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.310 del 31-12-2021 – Suppl. Ordinario n. 49), è stata pubblicata la legge di Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024. (21G00256). Il provvedimento è entrato in vigore in data 1 gennaio 2022.

Decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146: Decreto Fiscale

Nella Gazzetta Ufficiale 20 dicembre 2021, n. 301 è stato pubblicato il Decreto Legge 21 ottobre 2021, n. 146, noto come Decreto Fiscale, coordinato con la legge di conversione 17 dicembre 2021, n. 215, recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”.

NOVITÀ IN MATERIA DI TERZO SETTORE

  1. Pubblicata dall’Agenzia delle Entrate la Risposta ad interpello n. 92 del 2022 sul regime IVA delle Organizzazioni di volontariato (ODV)

Nella risposta in esame, l’Agenzia delle Entrate specifica che in capo all’ODV non sussiste alcun obbligo di apertura della partita IVA e di emissione della fattura a condizione che l’attività prestata rientri tra quelle di interesse generale e sia riconosciuto il solo rimborso spese.

L’amministrazione finanziaria nella risposta ribadisce che, in attesa del vaglio Ue sui nuovi regimi fiscali previsti dal Codice del Terzo settore (Cts), le Odv possano ancora beneficiare dell’agevolazione fiscale, ai fini Iva, dettata dall’articolo 8, comma 2, della legge 266/1991. Una disposizione quest’ultima che prevede che le operazioni effettuate dalle Odv costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerino cessioni di beni o prestazioni di servizio ai fini Iva purché l’ente sia iscritto nei registri (regionali/provinciali) delle ODV o nel Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS), e che le somme ricevute costituiscano mero rimborso delle spese effettivamente sostenute nello svolgimento delle attività di interesse dirette al perseguimento delle proprie finalità (articolo 33 del CTS). Un’impostazione destinata a cambiare una volta ottenuto il placet dell’Ue in quanto il regime fiscale delle ODV verrà meno e lascerà posto a quello introdotto dal Cts.

A questo riguardo, ai fini Iva il legislatore della riforma non ha replicato l’agevolazione prevista per le ODVdalla legge 266/1991, ma ha introdotto un particolare regime forfettario (articolo 86 del CTS) che consente alle organizzazioni di volontariato con entrate non superiori a 130mila euro di poter beneficiare del regime di esclusione dal campo di applicazione Iva. Diversamente, per gli enti che non potranno applicare tale disposizione il regime delle prestazioni effettuate sarà quello ordinario previsto dal Dpr 633/1972.

NOVITÀ IN MATERIA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO

  1. Valenza probatoria del verbale sottoscritto dalle parti in sede di accertamento per adesione: Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 28 febbraio 2022, n. 6391

Il verbale redatto nell’ambito del procedimento di accertamento per adesione e sottoscritto sia dall’Amministrazione finanziaria, sia dal contribuente, costituisce un documento probatorio utilizzabile a fini probatori nel giudizio tributario anche in caso di mancato perfezionamento del procedimento.

Si precisa che tale circostanza non fa venir meno la valenza dell’atto quale documento e la sua riconducibilità, in assenza di contestazioni sul punto, alla volontà delle parti che lo hanno sottoscritto, ferma restando la libertà del giudice di valutarne la rilevanza e attendibilità delle circostanze ivi rappresentate.

  • Onere della prova nell’ambito dell’accertamento in rettifica: Cass. civ., Sez. VI, 28 febbraio 2022, n. 6489

In tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva.

Si considera legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.

  • Nullità della sentenza di appello motivata per relationem in sede di ricorso per Cassazione: Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 01 marzo 2022, n. 6626

In tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata per relationem alla pronuncia di primo grado, occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366, n. 6, c.p.c.

Tale specifica individuazione assolve alla funzione di evidenziare che il giudice di secondo grado, con la resa motivazione, abbia eluso i relativi doveri motivazionali.

Deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che il giudice d’appello sia pervenuto alla condivisione della decisione di prime cure attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello.

  • Valutazione degli elementi fattuali nei distinti gradi di giudizio: Cass. civ., Sez. VI, Ordinanza, 02 marzo 2022, n. 6799

Nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., secondo cui la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della relevatio ab onere probandi, spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte.

Pertanto, in tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c. e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità.

  • Onere della prova nell’ambito dell’accertamento sintetico. Caso di specie: contratto di mutuo: Cass. civ., Sez. VI, Ordinanza, 02 marzo 2022, n. 6839

In tema di accertamento sintetico, il contribuente è onerato di fornire la prova che la spesa effettuata derivi dalla percezione di ulteriori redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

Tale prova contraria alla presunzione di maggior reddito può essere assolta anche mediante la produzione di contratto di mutuo, astrattamente idoneo a dimostrare la provenienza non reddituale delle somme utilizzate per l’acquisto del bene e, tuttavia, detta prova contraria non può dirsi raggiunta se vi è accertamento che il mutuo ipotecario sia sopravvenuto in corso dell’anno di riferimento o che la somma mutuata sia stata, comprovatamente, utilizzata per finalità non considerate dall’accertamento.

NOVITÀ IN TEMA DI START-UP, INDUSTRIA 4.0, MARCHI E BREVETTI

  1. Audizioni sul PNRR

In audizione nelle Commissioni congiunte delle Attività produttive e Industria di Camera e Senato è intervenuto il Ministro del Mise riguardo lo stato di attuazione del PNRR.

In particolare, nel corso dell’audizione il Ministro ha trattato del modo in cui sono stati impiegati i fondi europei del PNRR destinati all’Italia.

In particolare, il MISE, nel primo semestre del 2022, intende destinare risorse pari a 24 miliardi di euro al sistema produttivo, alla transizione 4.0 e da ultimo al potenziamento degli accordi di innovazione.

In tale ottica, il Ministro ha sottolineato che il primo obiettivo individuato attraverso il Recovery Plan è costituito dalla necessità di non disperdere una opportunità qual è quella del PNRR, per provare a riportare i diversi interventi entro un quadro coerente ed organico di politica industriale, che ricollochi al centro il settore manifatturiero.

Da ultimo, si sottolinea che tra i prossimi interventi in programma del ministro vi sarà la predisposizione di un piano al fine di definire gli incentivi da riservare al settore delle automotive.

In particolare, il ministro ha sottolineato l’importanza di realizzare una filiera italiana di autobus ecologici per evitare che questi finanziamenti diventino un valore aggiunto per imprese straniere.

  •  Voucher per imprese

Si segnala che a partire da martedì 1° marzo, alle ore 12, le imprese potranno richiedere un contributo – da un minimo di 300 euro ad un massimo di 2.500 euro per servizi di connettività a banda ultralarga da 30 Mbit/s ad oltre 1 Gbit/s – direttamente agli operatori di telecomunicazioni che si saranno accreditati sul portale dedicato all’incentivo, attivato da Infratel Italia che gestisce la misura per conto del Ministero dello sviluppo economico.

In concreto, quindi, prende il via il Piano voucher per le imprese che punta a favorire la connettività a internet ultraveloce e la digitalizzazione del sistema produttivo su tutto il territorio nazionale.

Al fine di poter fruire dell’agevolazione in esame, i beneficiari dovranno utilizzare i consueti canali di vendita degli operatori.

Le risorse destinate alla misura, volta alla digitalizzazione delle imprese, sono pari complessivamente a 608.238.104,00 euro.

Si segnala che tale intervento costituisce un tassello all’interno dell’ambito della Strategia italiana per la banda ultralarga ed è anche tra le priorità indicate nel PNRR.

Il Piano Voucher per le imprese avrà durata fino a esaurimento delle risorse stanziate e, comunque, fino al 15 dicembre 2022. La durata della misura potrà essere prorogata per un ulteriore anno.

  • Progetto di digitalizzazione delle imprese cooperative

Prendendo parte al progetto Cooperazione Digitale” promosso dall’Alleanza delle cooperative italiane e Google.org. il Ministro del MISE ha spiegato con il ministero stesso abbia in programma un’iniziata volta a sostenere la digitalizzazione delle cooperative e non profit italiane, attraverso un contributo di 3,5 milioni di euro che si

aggiunge ad altri progetti che sono già stati avviati in questi anni a favore di progetti di inclusione sociale, crescita e sostegno professionale.

NOVITÀ IN MATERIA DI WELFARE E LAVORO DIPENDENTE

  1. Circolare INPS n. 33 del 2022: Precisazioni in merito al calcolo delle pensioni e all’assegno unico e universale per i figli a carico

Con la circolare n. 33 del 2022, l’INPS ha esposto le procedure che sono state aggiornate per il calcolo delle pensioni da erogare a partire dal mese di marzo di quest’anno, in osservanza delle novità in materia di tassazione e ANF introdotte dalla Legge di Bilancio 2022 e dalla disciplina che riguarda l’assegno unico universale. Sono inoltre state aggiornate le tabelle dei massimali in applicazione del coefficiente di perequazione aggiornato per il 2022.

In particolare, l’Istituto ha reso noti i criteri e le modalità applicative della rivalutazione delle pensioni e delle prestazioni assistenziali e l’impostazione dei relativi pagamenti, nonché le modalità gestionali delle prestazioni di accompagnamento a pensione per l’anno 2022. Alla luce delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2022, sulla rata di marzo di quest’anno delle pensioni, si è provveduto a mantenere il riconoscimento delle detrazioni per ciascun figlio di età pari o superiore a 21 anni; revocare le maggiorazioni delle detrazioni previste per i figli inabili; revocare le maggiorazioni delle detrazioni previste per i figli minori di 3 anni; revocare le maggiorazioni delle detrazioni previste per i nuclei con più di tre figli; revocare le ulteriori detrazioni pari a 1.200 euro, previste in presenza di almeno 4 figli a carico.

Inoltre, è istituto, a partire dal 1° marzo 2022, l’assegno unico e universale per i figli a carico, che costituisce un beneficio economico attribuito, su base mensile, per il periodo compreso tra marzo di ciascun anno e febbraio dell’anno successivo, ai nuclei familiari sulla base della condizione economica del nucleo, in relazione all’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), secondo quanto disciplinato dal citato decreto.

L’Istituto ha dunque provveduto a riconoscere le maggiorazioni degli ANF dovute per i mesi di gennaio e febbraio 2022; a disporre la cessazione, a far data dal 1° marzo 2022, dell’erogazione delle prestazioni di assegno per il nucleo familiare e di assegni familiari riferite ai nuclei familiari con figli e orfanili per i quali subentra la tutela del riconoscimento dell’Assegno unico e universale.

Continuano, invece, a essere riconosciute le prestazioni di assegno per il nucleo familiare e di assegni familiari riferite a nuclei familiari composti unicamente dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, dai fratelli, dalle sorelle e dai nipoti, di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero senza limiti di età, qualora si trovino, a causa di infermità o di difetto fisico o mentale, nell’assoluta permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro, nel caso in cui essi siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano conseguito il diritto a pensione ai superstiti.

  • Circolare INAIL n. 13 del 2022: Recepimento delle retribuzioni convenzionali aggiornate con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

L’INAIL, con la circolare n. 13 del 2 marzo 2022, esamina la disciplina assicurativa dei lavoratori operanti all’estero in Paesi extracomunitari con i quali non sono in vigore accordi di sicurezza sociale per cui è previsto il pagamento di un premio assicurativo calcolato sulla base di retribuzioni convenzionali fissate annualmente con apposito decreto. Si tratta dei lavoratori italiani e comunitari nonché extracomunitari che lavorano e sono assicurati in Italia in base alla legislazione nazionale e inviati dal proprio datore di lavoro in un Paese extracomunitario. Per l’anno 2022, un apposito decreto ministeriale ha aggiornato le retribuzioni convenzionali da prendere a base per il calcolo dei premi dovuti per l’assicurazione di detti lavoratori.

Le medesime retribuzioni convenzionali si applicano anche per il calcolo dei premi da corrispondere per le qualifiche dell’area dirigenziale. In caso di collaborazioni coordinate e continuative rese in un Paese extracomunitario non convenzionato, il premio assicurativo dovuto per i lavoratori impegnati in tali collaborazioni è calcolato sulla base dei compensi effettivamente percepiti dal collaboratore nel rispetto del minimale e massimale previsto per il pagamento delle rendite erogate dall’INAIL.

Le retribuzioni convenzionali mensili fissate dal citato decreto sono frazionabili in 26 giornate nei casi di assunzioni, risoluzioni del rapporto di lavoro, trasferimenti da o per l’estero, intervenuti nel corso del mese. Al di fuori di dette ipotesi, le retribuzioni convenzionali mensili non sono frazionabili. Per retribuzione nazionale si intende il trattamento economico mensile, cioè il trattamento previsto dal contratto collettivo nazionale della categoria diviso per 12, comprensivo degli emolumenti riconosciuti per accordo fra le parti, con esclusione dell’indennità estero. Detto importo deve essere raffrontato con le tabelle del settore corrispondente, al fine di identificare la fascia retributiva da prendere a riferimento che individua la retribuzione convenzionale da utilizzare per il calcolo del premio.

  • Circolare Agenzia delle Entrate n. 4 del 2022: Precisazioni in merito alle modifiche normative in materia di IRPEF e quelle legate all’introduzione dell’AUU.

Con la circolare n. 4 del 2022, L’Agenzia delle Entrate ha fornito precisazioni in merito alle novità previste dall’art. 1, commi da 2 a 8, della legge n. 234/2021. In particolare, nel provvedimento si afferma che i datori di lavoro hanno tempo fino al prossimo mese di aprile per applicare le modifiche normative in materia di IRPEF e quelle legate all’introduzione dell’assegno unico universale. Inoltre, viene indicato come applicare la maggiorazione della detrazione fiscale d’importo pari a 65 euro annui, se il reddito complessivo è superiore a 25.000 euro ma non a 35.000 euro, la spettanza del bonus 100 euro, nonché l’abrogazione delle detrazioni fiscali, previste dall’art. 12 del TUIR, per i figli di età inferiore a 21 anni.

Tale possibilità è stata concessa per venire incontro della necessità di adeguamento dei software per la lavorazione delle buste paga, nonché della circostanza che il 1° marzo 2022 entrano in vigore le modifiche dell’art. 12 del TUIR che consente ai sostituti d’imposta di applicare le modifiche normative entro il mese di aprile 2022, provvedendo ad effettuare un conguaglio per i primi tre mesi del 2022.

Le disposizioni in parola hanno previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2022, la rimodulazione degli scaglioni dell’imposta e la modifica delle aliquote dell’imposta; la modifica della misura e delle modalità di calcolo delle detrazioni di lavoro per i redditi di lavoro dipendente, per i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ed altri redditi, e per quelli di pensione; la modifica della disciplina del trattamento integrativo di 1200 euro (bonus 100 euro) spettante per i redditi di lavoro dipendente ed assimilato di cui all’art. 1 del D.L. n. 3/2020: il superamento dell’ulteriore detrazione fiscale per redditi di lavoro dipendente e assimilati prevista dall’art. 2 del D.L. n. 3/2020 in caso di reddito complessivo superiore a 28 mila euro e fino a 40 mila euro.

In merito alla maggiorazione della detrazione fiscale, essa è stabilita nella misura di 65 euro annui, introdotta col comma 1.1 dell’art. 13 del TUIR se il reddito complessivo è superiore a 25.000 euro ma non a 35.000 euro. Si tratta di un correttivo in aumento alle detrazioni precedentemente riproporzionate e deve essere corrisposto – in presenza dei requisiti reddituali suindicati – per intero nel corso dell’anno 2022, senza effettuare alcun ragguaglio al periodo di lavoro nell’anno.

I sostituti d’imposta dovranno dunque applicare l’ulteriore detrazione di 65 euro sin dal primo periodo di paga del 2022. Alla fine dell’anno, ovvero al momento della cessazione del rapporto di lavoro, occorrerà procedere al ricalcolo della detrazione effettivamente spettante in relazione all’ammontare della retribuzione complessivamente erogata nel periodo d’imposta.

Ai fini del calcolo della detrazione fiscale prevista dall’art. 13, comma 1, del TUIR, la misura va determinata tenendo conto del periodo di lavoro nell’anno. La circolare n. 4/E/2022 puntualizza che, ai fini del calcolo, non vanno computati i giorni di assenza ingiustificata per violazione dell’obbligo di possesso della certificazione verde Covid-19 (green pass), evidentemente per la mancata maturazione della retribuzione per tale periodo.

Sui criteri generale di maturazione della suddetta detrazione, e coerentemente peraltro con precedenti istruzioni di prassi fornite, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che tra i giorni in cui maturano le detrazioni vanno in ogni caso compresi le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi e vanno sottratti i giorni per i quali non spetta alcun reddito, neppure sotto forma di retribuzione differita (ad esempio, le assenze per aspettativa senza corresponsione di assegni).

Quanto al trattamento integrativo previsto dal D.L. n. 3/2020 (Bonus 100 euro) per i redditi compresi tra i 15.000 euro e i 28.000 euro, per verificare se le detrazioni fiscali superano l’imposta lorda e quindi determinare se e in che misura il bonus spetta (al massimo fino all’importo di 1200 euro), occorre considerare le regole ordinarie e non sui soli redditi da lavoro dipendente e assimilati di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del TUIR in quanto – secondo l’Agenzia delle Entrate – il riferimento a tali redditi è contenuto solo nel primo periodo del comma 1 dell’art. 1 del d.l. n. 3 del 2020 e non anche nel secondo e nel terzo periodo del medesimo comma.

Venendo agli adempimenti dei sostituti d’imposta, il bonus continuerà ad essere riconosciuto automaticamente senza attendere alcuna richiesta esplicita da parte dei sostituiti. A tal fine, per la verifica sia della “capienza”, cioè verificare se l’imposta lorda supera le detrazioni, nonché dell’ulteriore verifica della “incapienza” prevista per i redditi da 15.000 euro a 28.000 euro, il sostituto d’imposta dovrà tenere conto esclusivamente delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13, commi 1 e 1.1, del TUIR, in quanto a lui note.

Naturalmente, rimane fermo l’obbligo del sostituto d’imposta di effettuare il conguaglio di fine anno o, se precedente, alla data di cessazione del rapporto di lavoro. Se il recupero del trattamento integrativo non fosse invece possibile, ad esempio, per incapienza della retribuzione, si applica l’art. 23, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973, il sostituto dovrà comunicare all’interessato che deve provvedere al versamento entro il 15 gennaio dell’anno successivo. In ogni caso, il lavoratore dovrà autonomamente procedere alla restituzione dell’eventuale bonus corrispostogli ma non spettante, ovvero richiedere quanto spettante e non riconosciutogli nel corso del rapporto di lavoro in sede di dichiarazione dei redditi.

Infine, la circolare n. 4/E del 18 febbraio 2022 fornisce chiarimenti sull’impatto dell’introduzione dell’assegno unico e universale, previsto dal D.Lgs. n. 230/2021, per le detrazioni IRPEF relative ai figli a carico.

Infatti, l’art. 10, comma 4, del decreto sull’AUU ha abrogato le detrazioni fiscali previste dall’art. 12 del TUIR per i figli di età inferiore a 21 anni, nonché le maggiorazioni delle detrazioni per figli minori di tre anni e per figli con disabilità e la detrazione per famiglie numerose, cioè quelle con almeno quattro figli. Da marzo 2022, pertanto, i sostituti d’imposta terranno conto esclusivamente delle detrazioni fiscali per l’eventuale coniuge a carico, per figli di età pari o superiore a 21 anni e per gli altri familiari a carico. Naturalmente, in sede di conguaglio di fine anno o all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, le detrazioni per i figli a carico di età inferiore a 21 anni occorrerà tenere conto della spettanza per i primi due mesi dell’anno in quanto l’abrogazione decorre dal 1° marzo 2022 (cfr. art. 10 del D.Lgs. n. 230/2021).

Il citato art. 12 del TUIR è stato poi ulteriormente modificato dall’art. 19, comma 6, del D.L. n. 4/2022.

Una modifica ha riguardato il comma 1, lettera d) del citato art. 12 del TUIR, in cui è ora previsto che tra i familiari a carico non rientrano i figli di qualsiasi età, “ancorché per i medesimi non spetti la detrazione” prevista per i figli a carico, di cui alla precedente lettera c).

Inoltre, per preservare le previsioni di cui all’art. 51 comma 2 del TUIR in materia di welfare nonché per consentire a chi sostiene spese per familiari a carico che costituiscono oneri deducibili o spese detraibili fiscalmente, è stato inserito all’art. 12 il nuovo comma 4-ter. Tale comma specifica, a fini delle disposizioni fiscali che fanno riferimento alle persone indicate nel presente articolo, anche richiamando le condizioni ivi previste, i figli per i quali non spetta la detrazione ai sensi della lettera c) del comma 1 dell’art. 12 medesimo, sono considerati al pari dei figli per i quali spetta tale detrazione.

Di conseguenza, come conferma la circolare dell’Agenzia delle Entrate, per i figli di età inferiore ai 21 anni che rispettano i criteri reddituali per essere considerati a carico fiscalmente, anche se non spettano più le detrazioni per figli a carico, continuano a spettare le detrazioni e le deduzioni previste per oneri e spese sostenute nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico di cui all’art. 12 del TUIR.

Per i figli di età inferiore ai 21 anni, anche se non fiscalmente a carico, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 51, comma 2, del TUIR.

ALTRE NOVITA’

  1. Tax credit per il settore della cultura

Sono stati pubblicati sul sito della direzione generale Cinema e Audiovisivo del ministero della Cultura, otto decreti direttoriali dello scorso 28 febbraio riguardanti benefici a favore del settore cinematografico.

Tali decreti sono stati suddivisi in due pacchetti:

  • il primo contiene tre provvedimenti relativi all’ammissibilità di richieste connesse a tax credit;
  • secondo trovano spazio, rispettivamente, prenotazioni e attribuzioni definitive di crediti d’imposta, e tre riconoscimenti di eleggibilità culturale.

Nel dettaglio, nel primo caso, si tratta degli esiti delle istruttorie sull’ammissibilità:

  • delle rettifiche alle richieste del credito d’imposta concesso per il potenziamento dell’offerta cinematografica per gli anni 2021 e precedenti arrivate alla Dg fino al 30 settembre 2021;
  • delle richieste del tax credit per gli investimenti nelle sale cinematografiche pervenute nel 2021;
  • delle istanze riguardanti il credito d’imposta a favore delle industrie tecniche e di post-produzione.

Nel secondo pacchetto sono pubblicati gli esiti delle istruttorie effettuate sull’ammissibilità:

  • delle richieste preventive di credito d’imposta pervenute nel 2021 per la produzione cinematografica, per la produzione tv/web, per le opere di ricerca e formazione e per la produzione esecutiva di opere straniere;
  • delle richieste definitive di credito d’imposta per lo sviluppo, la produzione cinematografica, per la produzione tv/web e delle richieste pervenute nel 2021 per la distribuzione nazionale e per gli investitori esterni.

Gli altri tre decreti contengono il riconoscimento dell’eleggibilità cultura delle opere elencate nelle tabelle contenute nei provvedimenti stessi.

  • La cessione del preliminare sconta il registro in misura fissa

Il subentro in un contratto preliminare di compravendita tra società, a fronte di un corrispettivo, è un’operazione rilevante ai fini Iva, per cui, in base al principio dell’alternatività delle imposte per la sua registrazione la tassazione è applicata in misura fissa pari a 200 euro. La somma versata dal subentrante non può essere considerata parte della “caparra” originariamente versata.

È questo, in estrema sintesi, il chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 95 del 4 marzo 2022.

La società istante è subentrata, a titolo gratuito, in un contratto preliminare relativo alla compravendita di un immobile, sottoscritto da altre due società, nella qualità di acquirente.

In occasione del compromesso il compratore originario aveva versato una caparra confirmatoria di 70mila euro, con obbligo di versare il resto del prezzo pattuito al momento del rogito.

L’istante precisa che il suo subentro gli costerà solo il rimborso parziale, pari a 50mila euro, della caparra.

Il contribuente pone due quesiti in base a due diverse ipotesi di cessione del contratto preliminare. Chiede quale sia la corretta applicazione dell’imposta di registro:

i) per la registrazione della cessione del preliminare a titolo gratuito, in caso, quindi, del solo rimborso parziale della caparra;

ii) la corretta applicazione dell’imposta di registro al momento della registrazione della cessione del preliminare nel caso in cui l’operazione fosse avvenuta a titolo oneroso, cioè a un prezzo superiore alla restituzione della caparra.

L’Agenzia delle entrate fornisce gli elementi normativi necessari a inquadrare il caso. Specifica, tra l’altro, richiamando la risoluzione n. 197/2007, che il contratto preliminare produce tra le parti effetti obbligatori e non reali, non essendo idoneo a trasferire la proprietà del bene o a determinare l’obbligo di corrispondere il prezzo pattuito. L’atto deve essere registrato entro venti giorni dalla sua sottoscrizione ed è soggetto all’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro, come stabilisce l’articolo 10 della Tariffa, parte prima, allegata al Tur.

La Nota alla stessa disposizione dispone tuttavia che, in presenza di una caparra, deve essere applicata l’aliquota dello 0,50%, mentre nel caso di acconti di prezzo non soggetti a Iva si applica l’aliquota del 3 per cento.

In entrambe le ipotesi il tributo pagato è imputato all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo.

Definiti i criteri di tassazione del contratto preliminare il documento di prassi torna ad analizzare la vicenda dell’interpello e ricorda che l’istante, per subentrare, previo consenso del promittente cedente, ha pagato 50mila euro. Il compromesso di vendita che prevede la possibilità di sostituire una delle parti con un altro contraente avviene a titolo derivato e con effetto ex nunc. Di conseguenza, l’ipotesi comporta il frazionamento dell’operazione in due momenti giuridici diversi cui corrispondono differenti parti del contratto.

In sostanza, l’istante, per effetto della cessione, è subentrato nella promessa di acquisto anche per la parte riguardante la caparra confirmatoria, che resta dunque fissa nei confronti del venditore per entità (70mila euro) e funzione.

L’Agenzia, per essere più chiara, sottolinea che la caparra, diversamente, dall’acconto, non costituisce un anticipo del prezzo pattuito, ma ha natura risarcitoria in caso di inadempimento contrattuale di una delle parti.

La caparra diventa “acconto” del prezzo di vendita soltanto con la stipula del contratto definitivo.

Da tali elementi emerge che i 50mila euro versati dalla società non possono essere ricondotti alla caparra, non costituiscono, come sostenuto dall’istante, una restituzione parziale della “caparra confirmatoria” bensì, in presenza dei requisiti soggettivo, oggettivo e territoriale previsti per l’applicazione del tributo, sono un corrispettivo rilevante ai fini Iva.

La cessione di contratto, spiega ancora il documento di prassi a proposito del requisito oggettivo, è una prestazione di servizi rilevante ai fini Iva, come prevede lo stesso decreto Iva secondo cui il “Costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo: …. 5) le cessioni di contratto di ogni tipo e oggetto” (articolo 3, secondo comma). Le conclusioni del Fisco sono sostenute anche dalla Corte di cassazione (sentenza n. 19399/2005).

In definitiva, analizzato il quadro normativo, la corretta condotta fiscale prevede l’obbligo da parte della società che lascia il suo posto nel preliminare di vendita ad emettere fattura con addebito Iva nei confronti dell’istante. L’imposta dovuta per la registrazione della cessione del contratto dovrà essere applicata in misura fissa in virtù del principio di alternatività Iva/Registro disciplinato dall’articolo 40 del Tur.

Il secondo quesito, secondo l’Agenzia è inammissibile considerata la natura esemplificativa della questione non riconducibile a un caso concreto e personale.

  • La revoca della donazione indiretta sconta un Registro proporzionale

La Ctr Liguria, con la sentenza n. 1031 del 30 dicembre 2021, ha chiarito, che il trasferimento di un bene in seguito a sentenza di revoca della donazione sconta l’imposta di registro in misura proporzionale e non in misura fissa.

La revocazione costituisce, infatti, una causa di inefficacia sopravvenuta della donazione, dotata di effetto traslativo inverso rispetto a questa.

In relazione al fatto si precisa quanto segue.

Al centro della controversia, che vedeva contrapposti un contribuente genovese e la Dp Entrate di Genova, vi era un avviso di liquidazione, relativo all’imposta di registro per la registrazione di una sentenza emessa dal Tribunale di Genova.

Nel portare la vertenza all’attenzione della Ctp del capoluogo ligure, il contribuente lamentava la violazione degli articoli 801 cc e 8, lettere a) e b) dell’Allegato, Parte I, del Dpr n. 131/1986, in quanto la sentenza aveva dichiarato la revocazione della donazione indiretta effettuata dal marito della ricorrente in favore di quest’ultima e, quindi, a suo dire, non aveva operato alcun trasferimento immobiliare, dovendosi intendere quale sentenza di mero accertamento di un diritto di credito del donante e, come tale, soggetta all’imposta fissa.

Inoltre, sottolineava la contribuente, si doveva applicare analogicamente al caso in questione l’articolo 8, lettera e) Allegato, Parte I, de Tur, che sottopone a imposta fissa le sentenze che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni, o la risoluzione di un contratto.

Il giudice di primo grado, tuttavia, rigettava il ricorso, rilevando che la sentenza tassata aveva realizzato una retrocessione traslativa dell’immobile precedentemente donato. A tale decisione seguiva l’appello della contribuente, che proseguiva il processo davanti alla Ctr Liguria.

Il Collegio ligure, nel rigettare il ricorso, premette che, nel caso della revocazione della donazione, occorre tenere presente che non ci si trova di fronte a una sentenza dichiarativa di un vizio genetico del negozio a titolo gratuito – come per il caso della nullità o dell’annullamento (articolo 1445 cc) – la quale comporta il mero accertamento dell’invalidità dello stesso e della sua inidoneità ai trasferimenti patrimoniali pattuiti.

In tale ipotesi, in particolare, manca un effetto di retrocessione o di traslazione inversa rispetto al negozio nullo o annullabile (cfr Cassazione, n. 4882/1988).

Nemmeno, continua la Ctr, ci si trova di fronte a una risoluzione contrattuale che, per espressa previsione di legge, riveste effetto retroattivo (articolo 1458 cc).

La revocazione della donazione richiede, invece, una statuizione giudiziale, di carattere costitutivo, che, in seguito a un episodio della vita sopravvenuto, non prevedibile e del tutto estraneo al rapporto contrattuale (come l’ingiuria grave, la sopravvenienza o l’ignoranza dell’esistenza di figli eccetera), provoca un effetto traslativo di segno opposto rispetto a quello cagionato dalla donazione revocata.

Non vi è motivo alcuno per estendere gli effetti della dichiarazione di nullità, della pronuncia di annullamento o della risoluzione a un istituto, di carattere indubbiamente eccezionale, concepito per tutelare il patrimonio di quel donante colpito da comportamenti del donatario stridenti, anche eticamente, con la liberalità ricevuta e che non vi sarebbe motivo di permettergli di conservare ovvero per consentire al donante, che si era risolto alla sua liberalità in assenza di figli da accudire e sostentare, di adempiere a doveri genitoriali imprevisti al momento della donazione.

L’eccezionalità dell’istituto della revocazione della donazione – continuano i giudici liguri – emerge nella sua evidenza, allorché si rifletta sul principio generale secondo il quale non è possibile far venir meno, unilateralmente, un contratto che ha ormai sortito definitivamente i suoi effetti.

Parimenti, l’istituto in argomento non è paragonabile nemmeno alla risoluzione per verificarsi di una condizione risolutiva, la cui retroattività è espressamente prevista dalla legge (cfr articoli 1360 e 792 cc nel caso della donazione con patto di riversibilità).

Non è casuale, d’altronde, che gli articoli 807, comma 2, e 808, comma 1, cc facciano salvi gli acquisti dei terzi del bene donato, intervenuti prima della domanda di revocazione, a meno che questa non sia stata antecedentemente trascritta. Essi, infatti, hanno acquistato a domino (dal proprietario), perchè tale era il loro dante causa e donatario, al momento della vendita. Mentre, al contrario, la risoluzione della donazione, per il verificarsi della condizione risolutiva, travolge anche gli acquisti dei terzi (articolo 792, comma 1, cc).

In sostanza, la revocazione di cui all’articolo 800 cc costituisce una causa di inefficacia sopravvenuta della donazione, con effetto traslativo inverso rispetto a questa e conseguente correttezza della misura proporzionale della tassazione.

In questo senso, per concludere, si può osservare come la restituzione dei frutti, disposta dall’articolo 808, comma 1, cc, si spiega con il carattere meramente obbligatorio della retroattività della revocazione della donazione.

  • Lettera di incarico per accesso ai locali non promiscui

In caso di verifica fiscale, se i locali aziendali in cui avviene l’accesso e quelli privati del contribuente sono collegati solo esternamente senza che vi sia una agevole possibilità di comunicazione interna, ai fini della legittimità delle operazioni di controllo è sufficiente la sola lettera d’incarico del capo dell’ufficio che ha disposto la verifica. In tal caso, non ravvisandosi promiscuità tra i locali utilizzati per le esigenze connesse all’attività svolta e quelli per fini abitativi i verificatori dell’Amministrazione finanziaria non hanno necessità di ottenere l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica. Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1698 del 20 gennaio 2022.

La vicenda processuale giunta sino in Cassazione ha origine dal ricorso proposto da una società avverso un avviso di accertamento per Iva e imposte dirette scaturito dalle risultanze di una verifica fiscale condotta dai verificatori dell’Agenzia delle entrate.

Il ricorso era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale e in sede di appello i giudici avevano confermato la sentenza, avverso cui ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle entrate. Secondo i giudici della Ctr l’avviso di accertamento era da ritenersi illegittimo per vizi procedurali legati alle operazioni di verifica in quanto l’accesso era stato condotto presso locali utilizzati ad uso promiscuo della legale rappresentante della società accertata, senza che fosse stata rilasciata l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica territorialmente competente.

L’ufficio finanziario ha impugnato la decisione della Ctr lamentando, per quanto di interesse, violazione dell’articolo 52, commi 1 e 2, Dpr n. 633/1972, nella parte in cui i giudici di merito hanno affermato la “necessità invalidante” dell’autorizzazione del Pm all’accesso nei locali dove si è svolta la verifica fiscale, perché locali ad uso promiscuo, aziendale e famigliare della sua legale rappresentante.

La Corte di cassazione ha definito fondata la doglianza dell’Amministrazione finanziaria e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

Il tema centrale ruota attorno al corretto svolgimento delle modalità di accesso da parte degli organi ispettivi dell’Amministrazione finanziaria in caso di attività di controllo svolta presso i locali del contribuente, che sono differenti a seconda che gli stessi siano (i) adibiti esclusivamente all’esercizio dell’attività d’impresa, (ii) utilizzati promiscuamente per le esigenze connesse all’attività svolta e a fini abitativi oppure (iii) essere prevalentemente identificabili con l’abitazione privata del contribuente.

Se nel primo caso il controllo richiede esclusivamente la lettera d’incarico rilasciata dal capo dell’ufficio che dispone la verifica, negli altri due è necessaria l’autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica. Inoltre, nel caso in cui l’attività si svolga nei locali privati del contribuente, l’autorizzazione è concessa solo in presenza di gravi indizi di violazione delle norme tributarie, al fine di tutelare maggiormente il diritto soggettivo fondamentale dell’inviolabilità del domicilio.

L’articolo 52 del Dpr n. 633/1972 sancisce infatti che “per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione è necessaria anche l’autorizzazione del procuratore della Repubblica”, specificando che l’accesso in locali diversi da quelli ad uso promiscuo “può essere eseguito, previa autorizzazione del procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazioni delle norme del presente decreto, allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture ed altre prove delle violazioni.”

È di tutta evidenza l’importanza di definire i criteri per cui un locale è da ritenersi utilizzato ad uso promiscuo perché da tale qualificazione dipende poi la necessità o meno dell’autorizzazione della Procura. Infatti l’accesso eseguito senza la necessaria autorizzazione inficerebbe la successiva azione amministrativa, con il rischio di nullità del conseguente avviso di accertamento o di inutilizzabilità delle parti dello stesso che sono legate all’atto istruttorio da un nesso di consequenzialità.

La destinazione ad uso promiscuo dei locali ricorre certamente nell’ipotesi in cui i medesimi ambienti siano contestualmente utilizzati per la vita familiare e per l’attività professionale.

Secondo l’interpretazione dei giudici di legittimità la promiscuità dei locali è ravvisabile anche quando i locali aziendali e privati siano distinti, qualora vi sia una agevole e obiettiva possibilità di comunicazione interna tra gli ambienti. In altre parole, tutte le volte in cui l’agevole possibilità di comunicazione interna consenta il trasferimento di documenti propri dell’attività commerciale nei locali abitativi, tali luoghi devono essere qualificati come promiscui e per l’accesso ispettivo è necessaria l’autorizzazione della Procura della Repubblica.

Di conseguenza, se nei locali aziendali in cui è effettuato l’accesso manca siffatta “agevole possibilità” di comunicazione interna con i locali privati del contribuente, perché ad esempio si tratta di immobili collegati solo esternamente, verrebbe meno la loro connotazione di promiscuità e sarebbe sufficiente esclusivamente la lettera d’incarico rilasciata dal capo dell’ufficio che dispone la verifica senza necessità di ottenere l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica.

Nel caso di specie si è verificata proprio tale ultima circostanza, trattandosi di locali non collegati internamente ma solo esternamente, con il conseguente venir meno della ratio di maggior tutela connessa alla promiscuità, prevista nel comma 1 dell’articolo 52, del Dpr n. 633/1972.