New economy: i cambiamenti profondi nel tessuto economico sociale

Con l’espressione “New economy o digital economy”, si riferimento alla commistione tra fenomeni economici, sociali e culturali e lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni. In particolare, l’introduzione e la diffusione di queste nuove tecnologie hanno determinato profondi cambiamenti a livello economico e sociale, con una conseguente accelerazione della crescita della ricchezza, della produttività, dello sviluppo sociale, associata a una trasformazione degli stessi modi di vita.

Lo sviluppo della New economy

Alla fine del XX secolo, si è assistito ad un forte sviluppo delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni, avviatosi dapprima negli Stati Uniti e successivamente nel resto del mondo industrializzato; tale sviluppo ha portato cambiamenti radicali per le imprese, poiché tutti i processi di produzione e di scambio delle merci si sono informatizzati e, dunque, sono diventati più efficienti e veloci.

Dal canto loro, le imprese hanno iniziato a puntare su forza lavoro altamente qualificata e sulla ricerca; si sono, così, sviluppate aziende legate al commercio elettronico e all’utilizzo di piattaforme digitali, capaci di rivolgersi a un pubblico mondiale.

Questo processo di innovazione tecnologica ha raggiunto una dimensione globale, dando origine al concetto di new economy. Le conseguenze di tale fenomeno sono evidenti.

A livello sociale, si è avuta a digitalizzazione di ogni aspetto della quotidianità, con la conseguenza di annullare le distanze fisiche, liberalizzare gli scambi e dematerializzare l’accesso degli utenti alla maggior parte dei servizi.

A livello economico, i soggetti economici appartenenti ai settori produttivi coinvolti dal fenomeno della digitalizzazione si sono caratterizzati per ritmi di crescita sostenuti e hanno dato vita a un mercato estremamente ampio e dinamico. I tradizionali schemi legati alle logiche competitive di mercato sono stati sovvertiti proprio dall’economia digitale, la quale ha contribuito, altresì, a modificare i modelli di consumo, favorendo il processo di digitalizzazione nei confronti di imprese, individui e Pubblica Amministrazione.

Cerchiamo di approfondire l’impatto della New economy negli aspetti più importanti della quotidianità degli utenti.

La transizione dalla old alla new economy

Molti cambiamenti si possono registrare nel modo di fare impresa. La new economy si differenzia dalla old economy, ossia dall’economia industriale tradizionale, per la capacità delle aziende che vi operano di rivolgersi a un mercato globale e per l’assenza della necessità di avere una sede fisica. Sfruttando la rete, la dimensione dell’impresa non è più fisica, bensì virtuale.

La new economy, chiamata anche web economy o economia digitale, ricomprende, difatti, tutte quelle attività legate alla tecnologia dell’informazione, alla comunicazione, al marketing, che offrono servizi alle altre imprese del settore produttivo e che insieme danno origine a un nuovo settore economico, definito terziario avanzato o quaternario. Quest’ultimo si differenzia dal settore terziario tradizionale, che invece ricomprende tutte le attività commerciali, turistiche e di fornitura di servizi alle persone, contraddistinte però da un basso livello tecnologico. Il terziario avanzato è a oggi considerato il settore economico trainante ed è caratterizzato da alti livelli di crescita occupazionale, di produttività e capacità d’innovazione.

La New economy nel mondo dell’impresa e del lavoro

La new economy ha impresso un’importante accelerazione alla digitalizzazione aziendale; questa ha permeato tutti i settori e tutti i processi interni delle aziende, da quello contabile, a quello produttivo, al marketing e alla comunicazione. La new economy sta, dunque, costringendo l’economia tradizionale a importanti trasformazioni, finalizzate a specifici obiettivi: riduzione dei costi, e conquista di nuovi clienti e di nuovi mercati.

Le imprese hanno dovuto imparare a puntare su investimenti che mirassero a velocizzare i loro processi produttivi. È ormai diffusa la consapevolezza che la competitività nel mercato si costruisce con le conoscenze e con la velocità del loro utilizzo, e, quindi, per tutte le imprese, in qualunque settore esse operino, diventano cruciali gli investimenti in sistemi informativi e di comunicazione. È, di conseguenza, facile assistere alla continua nascita e al progressivo sviluppo di un gran numero d’imprese nei settori dello sfruttamento delle potenzialità di Internet e delle telecomunicazioni.

Sono numerosi i vantaggi di questo nuovo concetto di fare impresa. La digitalizzazione di alcune aree dei processi produttivi aziendali ha permesso a tante imprese un risparmio dei costi. La riduzione dei costi si ottiene attraverso un risparmio di personale e di tempo, soprattutto nella gestione della burocrazia e di tutte quelle mansioni che prevedevano l’invio e la distribuzione di materiale cartaceo. I nuovi sistemi digitali diminuiscono, oltre alla mole di ingombri documentali, anche i tempi di lavorazione delle pratiche.

Le nuove tecnologie consentono, inoltre, una radicale riorganizzazione degli uffici in ogni tipo di impresa: è, in tal senso, agevolata la comunicazione tra i reparti, velocizzata la ricerca e l’elaborazione di ogni genere di dati, accedendo a un sistema di coordinamento del comparto amministrativo dell’impresa che in precedenza era affidato a numerose persone. Si riducono enormemente i tempi necessari per l’esecuzione di ogni tipo di lavoro e diminuisce ovunque la necessità di personale.

Senza dimenticare che la new economy offre numerosi vantaggi anche al consumatore. Anzitutto, il risparmio, in quanto il commercio in rete riduce i costi del venditore e comporta la diminuzione anche dei prezzi di vendita; questi ultimi sono ridotti, peraltro, dalla concorrenza, estesa ai venditori di tutto il mondo. L’acquirente può, inoltre, valutare le diverse offerte dei produttori senza doversi muovere da casa e può confrontare con calma le alternative.

Quale sistema di tassazione per la new economy?

L’avvento della new economy e l’affermazione di un sistema digitalizzato di fare impresa hanno, dunque, permesso alle imprese di aggiudicarsi grandi fette di mercato senza la necessità di collocarvi una sede fissa di affari. L’impiego di strumenti digitali ha, quindi, fortemente abbattuto le barriere all’entrata dei mercati.

Il repentino cambiamento dei modelli di business e la digitalizzazione degli schemi produttivi delle imprese hanno reso necessario ripensare i meccanismi di tassazione e rimodularli secondo una logica di superamento delle mere sedi fisiche delle imprese. Ciò al fine di garantire la corretta concorrenza tra imprese e favorire processi d’innovazione nel quadro di un’equa imposizione fiscale.

In un’ottica ridistributiva, il legislatore tributario sta, difatti, cercando di attuare delle misure idonee ad ampliare l’area impositiva nei confronti di entità – attualmente non tassate o poco tassate – che, pur essendo non reddituali e non patrimoniali, esprimono tuttavia situazioni di vantaggio economicamente valutabili e meritevoli di tassazione, nell’ottica, appunto, dell’equo riparto.

Un esempio è rappresentato dalla web tax (o imposta sui servizi digitali), una tassa che dovrebbe colpire i cosiddetti “giganti del web” e i loro affari connessi al commercio elettronico di beni e servizi, allo sviluppo di servizi pubblicitari e alla gestione e valorizzazione ai fini commerciali, dei dati degli utenti privati.

Le ragioni sottese a tale tributo molteplici. La più evidente e importante, per i risvolti di natura etica e sociale (equità e giustizia), è quella di assoggettare a tassazione il fatturato prodotto da imprese che, operando in rete attraverso prestazioni di servizi immateriali, producono ricavi senza pagare imposte sui relativi redditi, essendo privi di stabile organizzazione ed essendo, dunque, difficile individuare il soggetto titolare della potestà impositiva. La new economy, infatti, non avendo frontiere, genera fatturato senza la presenza fisica in un determinato Stato e questo distorce gli equilibri, sia fiscali che concorrenziali, rispetto all’industria tradizionale.

Una seconda ragione sottesa a questo modello impositivo è prevenire effetti distorsivi della concorrenza. L’applicazione dei tradizionali presupposti impositivi alle nuove imprese ad alto tasso di digitalizzazione condurrebbe, difatti, ad una loro tassazione estremamente ridotta; ciò avrebbe risvolti negativi in termini di alterata concorrenza non solo tra le imprese della new economy e quelle della old economy, ma anche tra le multinazionali e le imprese nazionali che operano sul web senza avere la possibilità di realizzare un articolato sistema di relazioni intersocietarie che permette di adottare pratiche di pianificazione fiscale aggressiva. Questa distorsione non può essere compatibile con uno sviluppo equilibrato del sistema, a maggior ragione così eccessivamente globalizzato.

Inoltre, i nuovi paradigmi cui sono improntati gli scambi dei player della new economy conducono a modellare sugli stessi i presupposti impositivi dell’Imposta su valore aggiunto, al momento che le transnazionali sono effettuate mediante l’utilizzo di mezzi elettronici. L’Unione europea ha, a questo proposito, introdotto nel 2021 un pacchetto di misure finalizzate essenzialmente a contrastare l’evasione e a rendere più efficace la riscossione dell’IVA sul commercio “a distanza” transfrontaliero, cresciuto enormemente grazie alle piattaforme elettroniche operanti su internet. Tra le principali novità, è possibile evidenziare il coinvolgimento dei marketplace nella riscossione dell’IVA, Si tratta di piattaforme che facilitano le vendite a distanza, come Amazon, che possono assumere il ruolo di “fornitore presunto” e avere, quindi, i diritti e gli obblighi del fornitore ai fini dell’IVA.

Sotto un altro aspetto, l’evoluzione dell’economia digitale ha indubbiamente favorito la genesi di un diverso fenomeno epocale, rappresentato dalla cd. Industria 4.0, altrimenti definita come “Quarta rivoluzione industriale”. L’espressione, coniata da tre studiosi tedeschi in seno alla Fiera di Hannover del 2011, si riferisce ad un nuovo paradigma di produzione industriale, basato sull’automatizzazione dei processi produttivi grazie all’uso sempre più pervasivo delle nuove tecnologie, prima tra tutte l’intelligenza artificiale.

L’obiettivo è quello di migliorare l’efficienza produttiva mediante una sempre maggiore interazione tra uomo e macchina, tema oggetto di forte dibattito tra gli studiosi, giacché impone una cruciale riflessione sulla concezione di lavoro. In un ipotetico futuro in cui i robot avranno il sopravvento in determinate mansioni, ad esempio, il sistema tributario dovrebbe necessariamente interrogarsi su una nuova definizione di contribuente.

Esempio chiaro di legislazione finalizzata a favorire questo processo di cambiamento, è rappresentato dal pacchetto di misure fiscali legate al Piano Industria 4.0, poi Impresa 4.0 ed ora Transizione 4.0 (es. Formazione 4.0, Patent box, beni strumentali nuovi, R&S etc.), incentivi fiscali finalizzati a favorire l’incremento del tasso di digitalizzazione delle imprese e incrementare, contestualmente, le competenze dei dipendenti, così da diffondere e confermare un rinnovato processo di organizzazione aziendale.

Il focus team dello studio e-IUS

e-IUS studio tributario è da sempre attento al processo con cui la new economy ha scardinato i tradizionali modelli di consumo, favorendo il processo di digitalizzazione nei confronti di imprese, individui e PA: sono state annullate le distanze fisiche, si sono liberalizzati gli scambi ed è stato dematerializzando il concetto di “accesso fisico al cliente”.

Con un focus team dedicato, i professionisti di e-IUS approfondiscono quotidianamente le norme degli ordinamenti tributari domestici e sovranazionali che, dinanzi alle nuove modalità di sfruttamento del commercio online, cercano di scongiurare il fenomeno dell’erosione della base imponibile.

L’attuale panorama legislativo in tema di imposte dirette ed indirette nel comparto della new economy è oggetto di costanti aggiornamenti. Per questo, i professionisti di e-IUS affiancano gli operatori economici affinché possano districarsi nell’alveo di una normativa fiscale in continua evoluzione e predisporre ponderati investimenti nel campo del digitale; ciò per consentire ai propri clienti di conseguire un apprezzabile grado di competitività nell’ambito di una nuova economia dal taglio non tradizionale e, di conseguenza, una considerevole crescita economica.

Pertanto, attraverso la conoscenza puntuale delle norme civilistiche, fiscali, amministrative, contabili, e-IUS Studio interviene in modo puntuale in questo settore, fornendo al cliente un’assistenza in merito al corretto accesso ai benefici fiscali e contribuendo all’attuale dibattito sulla Web Tax e tassazione del settore digitale.