Con la presente siamo lieti di sottoporre alla Vostra attenzione le principali novità in materia fiscale del mese disponibili anche sul sito dello Studio www.e-ius.it.
1 ATTIVITÀ LEGISLATIVA …………………………………………………………………………………………………………………………….2
2 NOVITÀ IN MATERIA DI TERZO SETTORE ……………………………………………………………………………………….3
3 NOVITÀ IN MATERIA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO ……………………………………………………………….4
4 NOVITÀ IN TEMA DI START-UP, INDUSTRIA 4.0, MARCHI E BREVETTI ………………………………..5
5 NOVITÀ IN MATERIA DI WELFARE E LAVORO DIPENDENTE……………………………………………………6
6 ALTRE NOVITA’ ……………………………………………………………………………………………………………………………………………15
1 ATTIVITÀ LEGISLATIVA
1.1 Decreto Legge 27 gennaio 2022, n. 4: Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico.
Nella Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.21 del 27-01-2022) è stato pubblicato il Decreto Legge n. 4 del 2022 (c.d. “decreto sostegni ter”).
Il provvedimento è entrato in vigore in data 27 gennaio 2022.
1.2 Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228: Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi
Nella Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.309 del 30-12-2021), è stato pubblicato il Decreto Legge n. 228 del 2021 (c.d. “decreto Milleproroghe”). Il provvedimento è entrato in vigore in data 31 dicembre 2021. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 2022, è pubblicata la Legge 25 febbraio 2022, n. 15: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.
1.3 Legge 30 dicembre 2021, n. 234: Legge di Bilancio
Nella Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.310 del 31-12-2021 – Suppl. Ordinario n. 49), è stata pubblicata la legge di Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024. (21G00256). Il provvedimento è entrato in vigore in data 1 gennaio 2022.
1.4 Decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146: Decreto Fiscale
Nella Gazzetta Ufficiale 20 dicembre 2021, n. 301 è stato pubblicato il Decreto Legge 21 ottobre 2021, n. 146, noto come Decreto Fiscale, coordinato con la legge di conversione 17 dicembre 2021, n. 215, recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”.
2 NOVITÀ IN MATERIA DI TERZO SETTORE
2.1 Incompatibilità tra volontario e lavoratore: le novità introdotte con la nota N. 34/4011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Con la nota N. 34/4011 pubblicata lo scorso 10 marzo 2022, il ministero ha voluto fornire chiarimenti circa l’incompatibilità tra il ruolo di volontario e quello di lavoratore retribuito prevista dall’art.17 del D.lgs. 117/2017.
Il comma 5 dell’articolo citato afferma infatti il principio generale della incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria.
Tale previsione è legata alla volontà del legislatore di garantire che l’attività del volontario sia in ogni momento svolta in assenza di qualunque vincolo di natura obbligatoria in modo da consentire la libera scelta da parte del volontario in merito all’attività volontaria prestata.
Quanto al documento di prassi qui in commento, il ministero ha precisato che il rapporto di lavoro (retribuito) intercorrente tra un soggetto ed un Comitato Regionale è compatibile con l’attività che il medesimo soggetto eventualmente svolga in qualità di volontario presso un ente di base o un Comitato Regionale di diversa Regione appartenente alla medesima rete nazionale.
Tale orientamento si basa alla circostanza che il datore di lavoro e l’ente presso cui il soggetto presta la propria attività di volontariato siano soggetti del tutto distinti e separati. Ciò consentirebbe, infatti, di garantire quegli elementi di libertà ed indipendenza che devono in ogni momento caratterizzare l’attività di volontariato ai sensi del suddetto art.17 del D.lgs. 117/2017.
3 NOVITÀ IN MATERIA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO
3.1 Obbligo di motivazione nell’avviso di accertamento: Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 7 marzo 2022, n. 7278
L’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente nelle condizioni di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l’an ed il quantum debeatur. Lo stesso è, pertanto, correttamente motivato quando fa riferimento ad un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza regolarmente notificato o consegnato all’intimato, senza che l’Amministrazione sia tenuta ad includervi notizia delle prove poste a fondamento della verifica di taluni fatti o a riportarne, sia pur sinteticamente, il contenuto.
Infatti, ai fini della legittimità della motivazione dell’avviso di accertamento ex art. 7 della L. n. 212 del 2000, devono essere allegati i documenti cui lo stesso avviso fa riferimento, non anche quelli cui fa riferimento il processo verbale di constatazione, i quali devono eventualmente essere prodotti in giudizio al fine di provare la legittimità della pretesa.
L’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di allegare all’avviso di accertamento gli atti indicati nello stesso deve essere inteso in relazione alla finalità integrativa delle ragioni che giustificano l’emanazione dell’atto impositivo, sicché detto obbligo riguarda i soli atti che assolvano ad una funzione di esplicitazione della pretesa erariale e non siano stati già trascritti nella loro parte essenziale nell’avviso stesso.
3.2 Istanza di autotutela ai fini del ritiro di un avviso di accertamento: Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 7 marzo 2022, n. 7318
Il contribuente che richieda all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo non può limitarsi ad eccepire eventuali vizi dell’atto medesimo, essendo la deduzione di tali vizi definitivamente preclusa, ma dovrà prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto.
Ne consegue che, contro il diniego dell’Amministrazione di procedere all’esercizio del potere di autotutela, può essere proposta impugnazione soltanto per allegare eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria.
3.3 Raddoppio dei termini di notifica dell’accertamento tributario per effetto della ricorrenza di indizi di commissione di un reato: Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 08 marzo 2022, n. 7463
In materia di raddoppio dei termini di notifica dell’accertamento tributario, per effetto della ricorrenza di indizi di commissione di uno dei reati di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000, va affermato che il sistema processuale tributario consente il controllo giudiziario della legittimità di tale apprezzamento.
Il giudice tributario deve controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo al riguardo una valutazione ora per allora – cosiddetta “prognosi postuma” – circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia fatto un uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento.
In ogni caso, in base al combinato disposto dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 con l’art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000, il raddoppio dei termini di notifica dell’avviso di accertamento non opera in materia di Irap poiché le violazioni delle relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali.
4 NOVITÀ IN TEMA DI START-UP, INDUSTRIA 4.0, MARCHI E BREVETTI
4.1 Bando per progetti innovativi 5G audiovisivo
Il bando pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico mette a disposizione 5 milioni di euro per la trasformazione digitale dell’industria creativa e culturale del Paese.
In particolare, saranno selezionati dei progetti pilota, della durata di un anno, che stimolino e valorizzino la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di soluzioni innovative attraverso l’utilizzo di tecnologie emergenti.
L’obiettivo è di promuovere l’avvio di nuovi progetti di ricerca basati su tecnologie 5G nel settore della produzione e distribuzione di contenuti audiovisivi.
Le domande potranno essere presentate da imprese del settore, anche in forma aggregata, entro il 22 aprile 2022.
4.2 Bonus beni strumentali nuovi: decisiva la consegna del bene
Una società che ha effettuato la fornitura di un impianto, comprensiva di cessione del macchinario, montaggio, collaudo e assistenza, e che intende avvalersi del bonus “investimenti in beni strumentali nuovi”, per verificare se applicare la
misura introdotta con la legge di Bilancio 2020 o quella, rafforzata, relativa alla legge di Bilancio del 2021, deve considerare il momento di effettuazione dell’investimento e cioè, nel caso rappresentato, la consegna del bene. Essendo la fornitura avvenuta dopo giugno 2021 l’istante dovrà applicare la disposizione della legge di Bilancio 2021 (articolo 1, comma 1056).
Ciò è quanto chiarito dall’Agenzia con la risposta n. 107/2022.
4.3 Rivalutazione marchio d’impresa
L’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello 14.3.2022 n. 105 precisato quanto segue.
Se una società rivaluta un marchio ai sensi dell’art. 110 del DL 104/2020 e adotta successivamente i principi contabili internazionali:
· in sede di transizione agli IAS/IFRS il marchio, benché eliminato dall’attivo patrimoniale, mantiene il medesimo valore fiscale (comprensivo della rivalutazione), e viene quindi ammortizzato extracontabilmente;
· pur se anche la riserva di rivalutazione viene annullata, non si verifica un fenomeno di distribuzione (per cui la società non viene tassata), ma la società stessa è tenuta a ricostituire il vincolo di sospensione d’imposta su un’altra riserva di patrimonio netto.
5 NOVITÀ IN MATERIA DI WELFARE E LAVORO DIPENDENTE
5.1 Nota del Ministero del Lavoro n. 34/4011 del 10 marzo 2022: regime di incompatibilità tra volontario e rapporto di lavoro
Con nota n. 34/4011 del 10 marzo 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornisce chiarimenti in merito al regime di incompatibilità tra volontario e rapporto di lavoro.
In particolare, è stato chiesto al Ministero se il rapporto di lavoro intercorrente tra un determinato soggetto e un Comitato Regionale sia o meno compatibile con l’attività che il medesimo soggetto svolga in qualità di volontario presso un ente di base o un Comitato Regionale di diversa Regione appartenente alla medesima rete nazionale, considerata la distinzione esistente tra il datore di lavoro e l’ente presso il quale il volontario opera e la reciproca autonomia.
Il Ministero richiama innanzi tutto la disposizione di cui all’art. 17, comma 5, D.Lgs. n. 117/2017 (Codice del Terzo settore), che sancisce il principio della incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro
subordinato e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria, prevedendo altresì una deroga limitata alla legislazione delle province autonome di Trento e Bolzano.
La previsione ha quindi portata ampia e generalizzata, facendo riferimento a “qualsiasi rapporto di lavoro” e ricomprende anche le entità tramite le quali il socio o associato svolge la propria attività di volontario. Essa va coerentemente
rapportata al più ampio inquadramento fornito dai commi 2 e 3 dello stesso articolo 17, secondo cui nel definire il volontario viene evidenziato quale requisito caratterizzante quello della libera scelta, della personalità, spontaneità, gratuità e dell’assenza di finalità di lucro, neanche indirette; in secondo luogo, si prescrive che l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo, vietando altresì rimborsi spese di tipo forfetario.
Il volontario deve potersi sentire sempre libero di recedere dalla propria scelta, revocando in qualsiasi momento la disponibilità dimostrata, senza condizioni o penali, poiché la sua attività risponde esclusivamente ad un vincolo morale. Al contempo, infine, il citato art. 17, comma 5, CTS intende assicurare una tutela del lavoratore da possibili abusi legati ad attività che non rispondono alle caratteristiche sopra delineate della volontarietà.
Le disposizioni sopra richiamate devono essere poste in relazione con la profilazione organizzativa in cui ciascuna delle entità componenti di una struttura complessa come una rete associativa o un analogo ente associativo di secondo livello sono caratterizzati, anche sotto il profilo statutario, da autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale e operativa.
Quanto sopra considerato, sotto il profilo formale non appare ravvisabile una situazione di contrarietà della situazione prospettata nel quesito rispetto al dettato dell’art. 17, comma 5, CTS, considerato che l’ente datore di lavoro e l’ente che si avvale dell’operato volontario, con riferimento alla medesima persona, risultano a tutti gli effetti soggetti distinti e separati.
5.2 Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione – IV trimestre 2021
L’Istat, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Inps, l’Inail e l’Anpal hanno pubblicato, nella data del 22 marzo, sui rispettivi siti web, la Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione nel quarto trimestre 2021.
Nel quarto trimestre del 2021, le attivazioni dei contratti di lavoro, calcolate al netto delle trasformazioni a Tempo Indeterminato, sono risultate pari a 2 milioni e
889 mila, in aumento del 23,5% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (pari a +550 mila contratti), e hanno riguardato 2 milioni e 143 mila lavoratori, con un aumento tendenziale di +19,6% (pari a oltre 351 mila individui).
Considerando anche le trasformazioni a Tempo Indeterminato, pari a poco più di 243 mila, il numero complessivo di attivazioni di contratti di lavoro raggiunge 3 milioni 132 mila, in crescita del 22,9%, pari a 583 mila attivazioni in più rispetto al corrispondente periodo del 2020. L’aumento delle attivazioni ha coinvolto in misura maggiore il Nord (+29,8%) rispetto al Centro (+19,5%) e al Mezzogiorno (+16,7%).
Le attivazioni dei contratti a Tempo Indeterminato, comprensive di 243 mila trasformazioni (di cui circa 201 mila da Tempo Determinato e circa 42 mila da Apprendistato), determinano un complessivo flusso in ingresso verso il Tempo Indeterminato pari a 689 mila, in aumento tendenziale di 85 mila attivazioni (+14,1%), che risulta superiore rispetto alle 629 mila cessazioni a Tempo Indeterminato.
La dinamica delle trasformazioni contribuisce al positivo andamento del flusso in ingresso verso il Tempo Indeterminato, spiegato per il 38,8% dall’incremento delle trasformazioni a Tempo Indeterminato (pari a +33 mila).
Le attivazioni dei rapporti a tempo Determinato, pari a un milione 921 mila, mostrano un incremento del 19,5% (+313 mila rapporti di lavoro) e con tassi nettamente superiopri crescono anche quelle relative ai contratti di Apprendistato (+58,8%) e quelle appartenenti alla tipologia contrattuale. Altro, costituita per lo più da contratti di lavoro intermittenti (+84,0%). I contratti di Collaborazione diminuiscono, invece, dell’3,6% rispetto alllo stesso trimestre del 2020.
L’aumento dei lavoratori attivati viene determinato per effetto di un maggiore aumento negli uomini (+22,6%) rispetto a quello delle donne (+16,4%). La crescita registrata è maggiormente evidente per gli individui con età fino a 24 anni (+56,3% per le donne e +47,0% per gli uomini). Il numero di attivazioni pro-capite passa da 1,31 nel quarto trimestre del 2020 a 1,35 nel quarto trimestre del 2021.
Nel trimestre in esame si registrano 3 milioni 497 mila cessazioni di contratti di lavoro, con un incremento pari al 18,7% (+551 mila unità) rispetto allo stesso trimestre del 2020. Al numero di cessazioni osservate nel trimestre si associano 2 milioni 663 mila lavoratori, con un incremento di 335 mila individui (pari a +14,4%).
La crescita tendenziale delle cessazioni (+18,7%) risulta inferiore rispetto a quella osservata per le attivazioni (+23,5%), così come l’aumento tendenziale dei lavoratori cessati (+14,4%) è minore di quello dei lavoratori attivati (+19,6%).
I rapporti di lavoro cessati registrano un incremento che interessa in misura superiore la componente femminile (+19,4%) nei confronti di quella maschile (+18,2%) ed è esteso a tutte le ripartizioni geografiche, mostrando un tasso di
variazione superiore nel Nord (+23,9%, pari a +275 mila), rispetto al Centro (+19,9%, pari a +132 mila) e al Mezzogiorno (+12,8%, pari a +144 mila).
Le dinamiche tendenziali delle cessazioni registrano una variazione di segno positivo estesa a tutte le tipologie contrattuali, con l’eccezione dei Contratti di collaborazione: l’incremento maggiore si registra per l’Apprendistato (+62%), che rappresenta una quota poco elevata (2,1%) rispetto al totale delle cessazioni, a fronte di una variazione pari a +31,7% per i rapporti di lavoro a Tempo Indeterminato e +13,6% per i Contratti a tempo Determinato, che rappresentano la quota maggiore (66,8%) rispetto al totale dei contratti. Una percentuale di crescita superiore si rileva nella tipologia contrattuale Altro (+37,2%), mentre i Contratti di Collaborazione decrescono del 3,3%. Il confronto con il quarto trimestre 2020 mostra un incremento in tutte le classi di durata in particolare nei rapporti di durata più breve, quelli pari ad un giorno (+56,5%) e quelli pari a 2-3 giorni (+59,0%).
Tra le cause di cessazione le variazioni tendenziali maggiormente significative si registrano nelle Dimissioni, con un incremento del 42,3%, pari a +166 mila rapporti cessati e nei Licenziamenti, che crescono del 45,8% (+62 mila). Decrescono invece i rapporti cessati causa pensionamento (-1,5%), così come quelli per Cessazione di attività (-5,0%) e per Altre cause (-2,8%).
Relativamente ai contratti di lavoro in somministrazione, nel quarto trimestre del 2021 si registrano 370 mila attivazioni e 416 mila cessazioni, in crescita rispettivamente del 27,3% e del 35,5% rispetto allo stesso trimestre del 2020. La media trimestrale delle attivazioni rilevata nel 2021 risulta pari a 334 mila, in aumento del 27,9% rispetto a quella osservata nel 2020 (pari a 261 mila), mentre per le cessazioni la media del 2021 si attesta a 329 mila, con un incremento del 29,2% rispetto al 2020.
Nel quarto trimestre del 2021, le attivazioni dei tirocini extracurriculari sono risultate pari a circa 92 mila, in aumento rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (+32,7%, pari a +23 mila tirocini) soprattutto per la componente femminile (+37,4% contro +28,2% per la componente maschile).
Nelle regioni del Nord si osserva il più elevato numero di tirocini attivati, pari nel quarto trimestre del 2021 a circa 48 mila, corrispondente al 52,1% del totale nazionale (a fronte del 18,3% del Centro e del 29,5% del Mezzogiorno). Il 76,5% del totale delle attivazioni di tirocini extracurriculari risulta concentrato nel settore dei Servizi, che mostra un aumento pari a +35,7% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. L’Industria, con una crescita meno intensa, pari a +25,1%, rappresenta il 22,5% dei tirocini avviati nel complesso delle attività economiche. Il settore
dell’Agricoltura, che assorbe appena l’1,0% del totale, fa registrare un aumento pari a +4,4%.
I principali promotori di tirocini extracurriculari sono rappresentati dai Soggetti autorizzati alla intermediazione dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (29,3%) e dai Servizi per l’impiego (28,0%) mentre la maggior parte dei tirocini è stata avviata a favore di soggetti disoccupati o inoccupati (76,8%). I tirocini promossi a favore di persone fragili costituiscono il 14,3% del totale, con una prevalenza per quelli svolti da persone prese in carico dai servizi sociali e/o sanitari (8,1%) e soggetti svantaggiati (4,1%) rispetto ai tirocini promossi a favore di disabili (2,1%).
Le cessazioni, nel quarto trimestre 2021, hanno interessato circa 85 mila tirocini, la maggior parte dei quali (74,7%) ha avuto una durata compresa tra 91 e 365 giorni.
5.3 Circolare INPS n. 38 del 2022: precisazioni in merito al canale di pensionamento Quota 102
Nella circolare n. 38 del 2022, l’INPS interviene a recepimento della disposizione dettata dalla legge di Bilancio 2022 riguardo quota 102, ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione anticipata al raggiungimento, entro il 31 dicembre 2022, di un’età anagrafica di almeno 64 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni. In particolare, nella circolare si specifica la decorrenza del trattamento pensionistico, i criteri di maturazione del requisito contributivo a seguito di riscatto, nonché le indicazioni sulla possibilità di accesso alla pensione anticipata da parte dei titolari di assegno ordinario di invalidità.
Gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive della medesima gestite dall’INPS, nonché alla Gestione separata, maturano il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento, entro il 31 dicembre 2022, di un’età anagrafica di almeno 64 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni. Il diritto alla pensione anticipata, maturato entro il 31 dicembre 2022, può essere fatto valere anche successivamente a tale data, ai fini del conseguimento della pensione, fermo restando il decorso del tempo previsto per l’apertura della c.d. finestra, senza adeguamento agli incrementi alla speranza di vita. A tal fine è possibile cumulare, tutti e per intero, i periodi assicurativi versati o accreditati presso due o più forme di assicurazione obbligatoria, gestite dall’INPS; è vietato cumulare con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli da lavoro autonomo occasionale nel limite dei 5.000 euro lordi annui.
Il trattamento pensionistico decorre trascorsi i seguenti termini: 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro diversi dalle pubbliche Amministrazioni e i lavoratori autonomi. Pertanto, la decorrenza della pensione non può essere anteriore al 1° maggio 2022, ove il trattamento pensionistico sia liquidato a carico di una Gestione diversa da quella esclusiva dell’AGO, ovvero, al 2 aprile 2022, ove il trattamento pensionistico sia liquidato a carico della Gestione esclusiva dell’AGO; 6 mesi dalla maturazione dei requisiti, per i lavoratori dipendenti delle pubbliche Amministrazioni, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Pertanto, la decorrenza della pensione non può essere anteriore al 2 luglio 2022, ove il trattamento pensionistico sia liquidato a carico della Gestione esclusiva dell’AGO, ovvero al 1° agosto 2022, ove il trattamento pensionistico sia liquidato a carico di una Gestione diversa da quella esclusiva dell’AGO. Infine, si precisa che l’assegno ordinario di invalidità non può essere trasformato in pensione di anzianità.
5.4 Risposta ad interpello n. 85 del 2022: accesso al regime di favore degli impatriati con riferimento ai lavoratori rientranti in Italia dopo un periodo di distacco all’estero
Con la risposta a interpello n. 85 del 2022, l’Amministrazione finanziaria si è nuovamente pronunciata sulla possibilità di accesso al regime di favore degli impatriati con riferimento ai lavoratori che rientrano in Italia dopo un periodo di distacco all’estero.
Nel caso esaminato dall’Amministrazione, l’istante, dipendente di una società italiana, veniva distaccato nel 2016, presso una società estera dello stesso gruppo, appartenente allo stesso gruppo; in quell’occasione, l’listante medesimo ha provveduto a iscriversi all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero. Successivamente, l’istante è stata assunto per rivestire la qualifica di Dirigente dalla società italiana – suo originario datore di lavoro – con contratto di lavoro a tempo indeterminato con decorrenza 1° gennaio 2022, il quale non si pone in continuità né con quello estero, né con quello presso la società italiana prima dell’espatrio.
Volendo rientrare in Italia, l’istante ha chiesto di conoscere se potrà fruire del regime speciale per lavoratori impatriati di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015, dal periodo d’imposta 2022 e per i quattro successivi.
Per fruire del regime menzionato, è necessario che il lavoratore (i) trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 2 TUIR, (ii) non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni e (iii) svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
In base al successivo comma 2, sono destinatari del beneficio fiscale i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che (i) sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero (ii) abbiano svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Ai sensi dell’art. 16, comma 3, D.Lgs n. 147 del 2015, a tale regime i contribuenti possono accedere per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.
Le modifiche normative intervenute nel 2019 hanno ridisegnato, a partire dal periodo di imposta 2019, il perimetro di applicazione del regime agevolativo di cui all’art. 16 D.Lgs. n. 147 del 2015, con particolare riferimento ai requisiti soggettivi ed oggettivi, ai presupposti per accedere all’ulteriore quinquennio agevolabile, all’ambito temporale di applicazione dell’art. 16, alle modifiche normative concernenti il requisito dell’iscrizione all’anagrafe degli Italiani residenti all’estero (c.d. AIRE). Su tali aspetti, l’Amministrazione richiama i chiarimenti forniti con circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020. Viene ricordato, in particolare, che l’art. 16 D.Lgs n. 147 del 2015, come modificato dall’art. 5, comma 1, D.L. n. 34 del 2019, non richiede che l’attività del lavoratore sia svolta per un datore di lavoro operante sul territorio dello Stato e che, pertanto, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti).
L’Amministrazione richiama, poi, i principi espressi nella Circ. n. 33/E/2020, secondo i quali l’accesso a tale particolare regime (i) non spetta nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro, ma (ii) spetta nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dall’impatriato costituisca una “nuova” attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, con la conseguenza che l’impatriato assume un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario.
Sempre in base a quanto affermato dalla citata Circolare, l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto, pur in presenza di un “nuovo” contratto per l’assunzione di un “nuovo” ruolo aziendale al momento dell’impatrio, rientri in una situazione di “continuità” con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio
dello Stato prima dell’espatrio. A titolo meramente esemplificativo, secondo l’Agenzia delle Entrate, costituiscono indice di una situazione di continuità sostanziale il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale; il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione; l’assenza del periodo di prova; clausole volte a non liquidare i ratei delle mensilità aggiuntive maturati, nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo; clausole in cui si prevede che alla fine del distacco il lavoratore sarà reinserito nell’organizzazione dell’azienda distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro in vigore prima del distacco.
Diversamente, l’accesso è consentito laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove e autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, situazione che pare verificata nel caso di specie.
5.5 Sentenza della Corte Costituzionale 11 marzo 2022, n. 67: parità di trattamento dei cittadini italiani e dei cittadini non europei, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro con riferimento all’accesso al beneficio dell’ANF
Con la sentenza n. 67 dell’11 marzo 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato che i cittadini non europei, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro non possono essere trattati in modo diverso dai cittadini italiani nell’accedere al beneficio dell’assegno per il nucleo familiare (ANF), anche se alcuni componenti della famiglia risiedono temporaneamente nel paese di origine. La parità di trattamento fra i destinatari di questa provvidenza, che ha natura sia previdenziale sia di sostegno a situazioni di bisogno, è garantita dai giudici, tenuti ad applicare il diritto europeo.
La Corte di Cassazione (sezione lavoro) ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 6-bis, del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, recante “Norme in materia previdenziale, per il miglioramento delle gestioni degli enti portuali ed altre disposizioni urgenti”, convertito, con modificazioni, nella legge 13 maggio 1988, n. 153. La disposizione censurata, collocata all’interno della disciplina dell’assegno per il nucleo familiare, prevede che «non fanno parte del nucleo familiare di cui al comma 6 il coniuge, i figli ed equiparati di cittadino straniero che non abbiano la residenza nel territorio della
Repubblica, salvo che lo Stato di cui lo straniero è cittadino riservi un trattamento di reciprocità nei confronti dei cittadini italiani ovvero sia stata stipulata convenzione internazionale in materia di trattamenti di famiglia».
La Corte Costituzionale, con la sentenza in commento, rileva, innanzitutto, che, ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno familiare, il requisito della residenza nel territorio italiano non è richiesto per i familiari del cittadino italiano, mentre lo è per i familiari del cittadino straniero, salvo che sussista un regime di reciprocità o sia in vigore una convenzione internazionale con il paese d’origine di quest’ultimo.
Inoltre, richiama le seguenti direttive UE:
· (i) la direttiva 2003/109/CE che, all’art. 11, paragrafo 1, lettera d), prevede che «il soggiornante di lungo periodo» gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale;
· (ii) la direttiva 2011/98/UE che all’art. 12, paragrafo 1, lettera e), prevede che «i lavoratori dei paesi terzi di cui all’art. 3, paragrafo 1, lettere b) e c)» beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883 del 2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
È evidente che l’obbligo di non differenziare il trattamento dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti è imposto dalle direttive in modo chiaro, preciso e incondizionato, come tale dotato di effetto diretto.
Il Giudice delle leggi ritiene, dunque, che i cittadini non europei, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro, non possono essere trattati in modo diverso dai cittadini italiani nell’accedere al beneficio dell’assegno per il nucleo familiare (ANF), anche se alcuni componenti della famiglia risiedono temporaneamente nel paese di origine. La parità di trattamento fra i destinatari di questa provvidenza, che ha natura sia previdenziale sia di sostegno a situazioni di bisogno, è garantita dai giudici, tenuti ad applicare il diritto europeo.
Inoltre, viene osservato che la procedura pregiudiziale, oltre a rappresentare un canale di raccordo fra i giudici nazionali e la Corte di Lussemburgo per risolvere eventuali incertezze interpretative, concorre ad assicurare e rafforzare il primato del diritto dell’Unione, alla cui attuazione i giudici comuni partecipano secondo il meccanismo del controllo diffuso, «disapplicando all’occorrenza» qualsiasi
disposizione del diritto nazionale contrastante con il diritto dell’Unione, in forza dell’art. 267 TFUE.
6 ALTRE NOVITA’
6.1 L’inerzia ingiustificata del creditore preclude la variazione in diminuzione
L’istante, infatti, secondo l’Agenzia si sarebbe dovuto attivare, nelle more dello svolgimento della procedura di concordato preventivo, per evitare la prescrizione del credito.
L’istante ha maturato un credito per fornitura di energia elettrica erogate dal 2009 nei confronti di una società, per il quale nel 2014 era stato proposto dalla ditta debitrice, tramite concordato preventivo, il pagamento pari al 41,50%. Successivamente, nel 2021 la stessa ditta debitrice è stata dichiarata fallita previo rigetto del concordato preventivo. L’istante il 9 luglio 2021 fa domanda di insinuazione al passivo del credito che tuttavia viene rigettata per intervenuta prescrizione del credito, in quanto era anteriore al quinquennio precedente (9 luglio 2016).
L’istante chiede quindi se ci sono i presupposti per operare la variazione Iva in diminuzione, in applicazione della misura antecedente il 26 maggio 2021 secondo cui era possibile tale variazione “per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose”, nonostante la circolare n. 77/2000 abbia precisato che l’infruttuosità della procedura sussiste giuridicamente solo quanto viene meno il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio per accertata insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo, e tale indicazione comporta la necessaria partecipazione del creditore al concorso previa ammissione al passivo della procedura.
L’Agenzia, con la risposta n. 102 del 10 marzo 2022, chiarisce che sulla base di quanto descritto dall’istante non sussistono le condizioni per operare la variazione Iva in diminuzione, che deve essere esclusa, infatti, nel caso di prescrizione del credito dovuta all’inerzia dell’istante.
L’Amministrazione, in primo luogo, ricorda la disposizione della nota di variazione Iva in diminuzione: “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure
esecutive individuali rimaste infruttuose […], il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25” (articolo 26, comma 2, del decreto Iva, nella versione vigente ante 26 maggio 2021).
Come precisato dalla prassi (risoluzione n. 195/2008) e dalla giurisprudenza (Cassazione, sentenze n. 1541/2014, n. 27136/2011) per il legislatore il mancato pagamento ha rilievo solo quando le procedure concorsuali o esecutive sono rimaste infruttuose. In sintesi, il creditore deve aver esperito tutte le azioni per recuperare il proprio credito senza essere soddisfatto. Ciò significa che il creditore, come il caso in esame, non può invocare il “mancato pagamento” per intervenuta prescrizione del credito che gli ha precluso l’ammissione al passivo, avendo rilevanza giuridica solo l’accertata incapienza.
L’Agenzia, quindi, analizza lo stesso articolo 26, comma 2 del decreto Iva nella parte in cui ammetta la variazione in diminuzione anche per cause “simili” a quelle elencate (nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione, procedure concorsuali o esecutive), per verificare se l’istante può avere una chance di effettuare tale operazione Iva sulla base della sola prescrizione del credito. Ebbene la prescrizione, sostiene l’Agenzia, non può essere ricondotta tra le figure “simili” a quelle citate dalla norma, in quanto, pur determinando l’estinzione del diritto a percepire il corrispettivo è, tuttavia, determinata dall’inerzia ingiustificata del creditore.
Tale principio è stato ribadito anche dalla Corte Ue (causa C-146/2019) che non ammette l’inerzia ingiustificata del creditore e postula la disapplicazione del presupposto della normativa interna che lega la riduzione Iva all’insinuazione del credito nella procedura fallimentare, solo in caso di una condotta attiva o se viene dimostrato che nonostante il creditore “avesse insinuato il credito in questione, questo non sarebbe stato riscosso”.
In conclusione, l’Agenzia non condivide la soluzione prospettata dall’istante che riteneva certa l’infruttuosità della procedura fallimentare della società debitrice per avvenuta prescrizione. L’istante, infatti, nelle more della procedura del concordato preventivo avrebbe potuto attivarsi ed evitare la prescrizione del credito.
6.2 Regime di adempimento collaborativo, potenziate le modalità operative
L’istituto fa spazio a nuovi contribuenti e, di conseguenza, vengono adeguate strutture e competenze per rendere efficace la procedura di cooperazione con l’amministrazione finanziaria.
Con il provvedimento del 9 marzo 2022, siglato dal direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, sono state definite le disposizioni per l’attuazione della seconda fase del regime di adempimento collaborativo introdotto con lo scopo di promuovere forme di comunicazione e di cooperazione rafforzata tra l’amministrazione finanziaria e i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale. In particolare, il provvedimento odierno stabilisce le competenze per l’esercizio dei poteri istruttori, lo svolgimento delle attività connesse al regime e le regole operative.
L’istituto è stato introdotto dall’articolo 3 del Dlgs n. 128/2015 ed è finalizzato a instaurare un rapporto di fiducia tra Amministrazione finanziaria e contribuente che miri ad un aumento del livello di certezza sulle questioni fiscali rilevanti. Tale obiettivo è perseguito tramite l’interlocuzione e la cooperazione costante e preventiva con il contribuente su elementi di fatto, inclusa l’anticipazione del controllo, finalizzata ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali. Il regime comporta l’assunzione di impegni sia per l’Agenzia delle entrate sia per i contribuenti ammessi al regime e risponde a esigenze di certezza e di stabilità nell’applicazione della norma tributaria e di riduzione del contenzioso.
Come previsto dalla norma di riferimento, il decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze del 30 dicembre 2016 ha fissato al 31 dicembre 2019 il termine finale della fase di prima applicazione dell’istituto, mentre il Dm del 31 gennaio 2022, sempre del Mef, ha individuato gli ulteriori contribuenti ammissibili al regime dell’Adempimento collaborativo, per gli anni
2022, 2023 e 2024, ampliando la possibilità di accesso ai soggetti con volume di affari e ricavi non inferiore a un miliardo di euro (vedi articolo “Adempimento collaborativo, scende la soglia di accesso”).
Con il provvedimento odierno, quindi, l’Agenzia delle entrate ha aggiornato quanto stabilito in materia di competenze nella fase di prima applicazione con il provvedimento del 26 maggio 2017, confermando le scelte organizzative e potenziando le attività di gestione dell’istituto in vista di una progressiva estensione del regime.
In particolare, acquista forza il ruolo di ascolto e interlocuzione attiva degli uffici Grandi contribuenti delle direzioni regionali, che hanno competenza su contribuenti di rilevanti dimensioni – con volume d’affari, ricavi e compensi di importo non inferiore a 100 milioni di euro – e presenti nelle Dr di Lombardia, Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto, che divengono partecipi del processo di risk analysis dei contribuenti e di controllo sulle relative dichiarazioni presentate, supportando l’azione dell’ufficio Adempimento collaborativo della
direzione centrale Grandi contribuenti e internazionale. A quest’ultimo ufficio sono affidati compiti di indirizzo attraverso cui orientare e valorizzare il contributo delle nove strutture regionali coinvolte.